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 2022  dicembre 31 Sabato calendario

Intervista a Sabino Cassese

L’Italia ha bisogno di governi stabili e dunque ben venga il rilancio di Giorgia Meloni sul presidenzialismo. Sabino Cassese, giurista, ex ministro ed ex giudice costituzionale, apprezza le parole della presidente del Consiglio, anche se a suo giudizio andrebbero declinate in una formula che conservi un ruolo di garanzia per il presidente della Repubblica, puntando magari sul rafforzamento della figura del presidente del Consiglio e inserendo una «durata costituzionalmente garantita» per l’esecutivo. Ma, sottolinea, «è indispensabile assicurare continuità all’azione di governo».
Professore, come a ogni legislatura, ricomincia il dibattito sulle riforme. La presidente del Consiglio vuole il presidenzialismo. È favorevole?
«Chi potrebbe non essere d’accordo? Meloni ha fissato tre punti: assicurare stabilità ai governi; scegliere il modello di stabilizzazione più condiviso; arrivare alla riforma con un metodo condiviso. Una posizione scientificamente assennata, diplomaticamente giudiziosa e politicamente avveduta».
Ma è la forma di governo la causa dell’instabilità del nostro sistema politico? La Germania, che ha avuto grande stabilità di governo, non è un sistema presidenziale.
«Sessantotto governi in 75 anni di storia repubblicana. Un forte squilibrio tra governi regionali, di impianto presidenziale, e governo nazionale, di impianto parlamentare. Sono due problemi che possono essere superati solo assicurando una durata al governo. La Costituzione assicura una durata di cinque anni al Parlamento, di sette al Presidente della Repubblica, di nove ai membri della Corte costituzionale. Perché non bisognerebbe assicurare una durata ai governi?».
Introdurre il presidenzialismo comporterebbe una revisione complessiva di tutto il sistema di pesi e contrappesi previsto dalla Costituzione?
«Non se si adotta un sistema di stabilizzazione del governo che non modifichi il ruolo di garanzia del Presidente della Repubblica».
La sinistra, storicamente, ha sempre diffidato dei sistemi presidenziali per il timore dell’ “uomo forte”. È una preoccupazione fondata?
«Per evitarlo c’è il sistema dei pesi e contrappesi, checks and balances: Parlamento, Corte costituzionale, sistema giudiziario indipendente, una burocrazia senza sistema delle spoglie (il madornale errore del centrosinistra)».
Meloni propone di partire dal semi-presidenzialismo francese, che però è accompagnato da un parlamento eletto con un maggioritario a doppio turno che la destra storicamente rifiuta…
«Le combinazioni possibili sono molte, purché si dia continuità all’azione di governo. Ricordo che in una delle commissioni dell’Assemblea costituente fu approvata nel settembre 1946 una mozione che prevedeva l’introduzione di “dispositivi costituzionali idonei a tutelare l’esigenza di stabilità dell’azione di governo”. Lo volevano i costituenti. Non lo fecero, e Calamandrei osservò all’Assemblea costituente, in sede di approvazione della Costituzione, che questo, che era un elemento fondamentale assente nella Costituzione. Ora l’esigenza di stabilità è resa ancora più urgente dalla necessità di far parlare il capo dell’esecutivo a nome degli italiani, in modo che il Paese si possa esprimere con una sola voce, con continuità. L’idea che è stata affacciata da ultimo dal professor Andrea Manzella, di una elezione parlamentare del solo capo del governo, da parte del Parlamento in seduta comune, a cui aggiungerei anche con una durata costituzionalmente garantita, e con la necessità della sfiducia costruttiva, farebbe assomigliare il nostro sistema a quello tedesco, assicurando la finalità di stabilizzazione dell’esecutivo, che è indispensabile».
Dopo la bocciatura della riforma di Renzi non si è più parlato di superare il bicameralismo perfetto, ma è stato ridotto il numero dei parlamentari, peraltro senza ridurre i costi del funzionamento delle Camere. Ma solo in Italia ci sono due assemblee che fanno le stesse cose. Non è il caso di affrontare anche questo tema, per dare maggiore efficienza alle istituzioni?
«Se ne è discusso molto. Le soluzioni sono semplici. Una è di sopprimere una delle due Camere. L’altra è assegnare al Parlamento in seduta comune gli atti più importanti, quali le votazioni sulla fiducia e l’approvazione del bilancio, lasciando per il resto sopravvivere un sistema bicamerale».
Stiamo parlando di una revisione profonda della Costituzione, si può fare con una iniziativa del governo come ha detto la premier?
«Non è tanto rilevante da chi proviene l’iniziativa, quanto il rispetto della norma costituzionale, che prevede espressamente la possibilità di riforma della Costituzione». —