La Stampa, 30 dicembre 2022
Intervista ad Alice
Si chiamava ancora Carla Bissi quando incise il primo singolo: Il mio cuore se ne va, era il 1972. Eliminata da quel Festival di Sanremo che 9 anni dopo, nel 1981, l’avrebbe incoronata, quando già per lei si era aperta una nuova stagione. Ormai si chiamava solo Alice e il pezzo con cui vinse, Per Elisa, era una perla scritta da Franco Battiato. La loro collaborazione era nata da poco, ma già da mettere nell’elenco delle cose più belle degli Anni 80: la loro sintonia artistica è una di quelle sublimi alchimie che evolvono naturalmente nell’amicizia, come racconta Francesco Messina, compagno di vita ma anche produttore di Alice: «Dal 1980 Carla e Franco Battiato hanno stretto un’amicizia che solo la morte ha potuto spezzare. Nel 2012 lei gli chiese se potesse scrivere un pezzo e dopo qualche giorno Franco disse che, forse, “aveva trovato qualcosa”. Franco era così e questo nuovo disco è dedicato a lui, al suo essere unico». Il disco è Eri con me, con cui Alice torna a dare voce alla musica del Maestro che per lei ha firmato alcuni dei suoi pezzi più amati, da Il vento caldo dell’estate a I Treni di Tozeur.
Alice, per lei quest’anno sono 50 anni di discografia. Cosa pensa dell’Italia del 2022?
«Diciamo che mi sento a disagio, profondamente preoccupata perché le nuove generazioni non hanno la luce negli occhi che avevamo noi. Quella gioia di vivere che precedeva la creazione di qualcosa. Quello che accade in Ucraina, in Iran lo respiriamo anche se non ne siamo consapevoli e ne paghiamo le conseguenze come società civile. I giovani sono i primi a patirne. Il far muovere tutto sulla “rete”, una parola che mi spaventa, aiuta moltissimo ma allo stesso tempo imprigiona dentro gabbie pericolosissime».
Per questo è allergica ai social?
«Mi rifiuto di avere una pagina Instagram e ho giusto Facebook perché non ho potuto evitarlo. È un mondo che non riesco a condividere e seppur sia possibile utilizzare questi strumenti consapevolmente, manca una coscienza comune. Quelle poche volte che me ne parlano sento emergere il peggio dell’essere umano».
Facciamo molti passi indietro: ci racconta il primo incontro con Franco?
«Fu nel 1979 nell’ufficio di Angelo Carrara a Roma (scopritore di talenti da Dalla sino a Ligabue, ndr) ed ebbi un’impressione molto forte, soprattutto perché era di poche parole e avevo appena cominciato a scrivere canzoni; ma avevo bisogno di avere un consulto e gli lasciai la mia cassettina. Lui la ascoltò e disse: “Ci vediamo tra un anno e facciamo il disco insieme”. Fu così».
Nacque così «Capo Nord».
«Uscimmo con il singolo Il vento caldo dell’estate e l’album Capo Nord. Con Gioielli rubati del 1985, per la prima volta interpretai canzoni di Battiato che non erano state scritte per me».
Tornando a oggi: a parte la sua esibizione a Sanremo nel 2018 quando Ron la invitò come ospite a cantare l’inedito di Lucio Dalla, per parecchio tempo di lei non si è saputo nulla.
«Ho avuto vicissitudini personali molto importanti e discussioni tese con le mie case discografiche. Erano tantissime le divergenze sulla realizzazione dei brani. Parliamo poi della vita che ti chiama a viverla in un modo diverso da quello che pianifichi ed essendo una che va controcorrente tutto è più difficile».
Ha mai deciso di smettere?
«Ho rischiato di smettere all’inizio del 1984 e grazie a Francesco Messina ho potuto continuare e realizzare quello che mi stava a cuore. Lui è stato molto importante per tutta la mia produzione artistica a partire da Park Hotel in avanti. Ora, in realtà, se devo fare i conti col tempo ho appeso la penna e gli strumenti al chiodo non una ma ben due volte. Il fatto è che non so stare senza fare questo mestiere». —