Corriere della Sera, 30 dicembre 2022
Cos’ha detto Giorgia Meloni
La prima conferenza stampa di fine anno di Giorgia Meloni è ancora in corso quando la manovra della destra ottiene il via libera al Senato. L’esercizio provvisorio è scongiurato e la premier si intesta il risultato: «È stata approvata con un giorno di anticipo rispetto ai governi precedenti». E le tensioni, i dietrofront, gli scontri nella maggioranza? «Ricordo dibattiti molto più accesi. Al di là delle divergenze, la nostra volontà è lavorare bene e mantenere gli impegni». Cosa che Meloni ritiene di aver iniziato a fare, convinta che il suo governo non sia «le sette piaghe d’Egitto».
La maggioranza
La prima donna italiana a Palazzo Chigi conferma come «prioritaria» la riforma costituzionale per il semipresidenzialismo francese e rivendica tutte le scelte «di destra» dei primi 70 giorni, anche le più controverse: tregua fiscale, stretta su Ong e migranti, flat tax, rateizzazione per le società di calcio, contrasto dei rave party, smantellamento del reddito. Ce la farà, con una maggioranza litigiosa? «Mi fido dei miei alleati al governo – smentisce problemi con Salvini e Berlusconi —. Al di là di un dibattito naturale, c’è una visione comune. Abbiamo approvato la legge di Bilancio e non era facile. Il clima è positivo, non posso lamentarmi». Tra le priorità del 2023 c’è la legge sulla giustizia invocata da Berlusconi e qui Meloni apprezza l’ordine del giorno per chiedere il ritorno della prescrizione a com’era prima della riforma Bonafede e rivendica la scelta dell’«ottimo» Guardasigilli, Nordio: «La giustizia ha bisogno di un tagliando. Serve un governo coraggioso e a noi il coraggio non difetta». Il coraggio, ad esempio, di difendere il presidente Ignazio La Russa, del quale le opposizioni chiedono le dimissioni per un post che celebrava i 76 anni dell’Msi. «Un partito che ha avuto un ruolo molto importante nella storia di questa nazione e che è sempre stato chiaro sulla lotta all’antisemitismo – rivendica il legame Meloni —. Perché ora deve diventare impresentabile? Non mi piace questo gioco al rilancio per cui si deve sempre cancellare di più». E lei presidente, sarà alle celebrazioni del 25 Aprile? «La risposta è sì».
Il rapporto con Draghi
Gli chiedono del predecessore e Meloni non si sottrae. Ride, poi ammette di «sentire chiaramente il peso» del confronto e la cosa la affascina: «A me non è mai piaciuto vincere facile, mi stimolano le persone capaci e autorevoli e Draghi lo è. Non direi mai che si può fare meglio, ma si può fare bene». Ad esempio, spendendosi «in prima persona» per la conquista di Expo 2030: «Ce la mettiamo tutta. È una grande occasione per Roma e per l’Italia e non ci daremo per vinti». E una grande occasione per la destra, sembra dire Meloni, sono le Regionali di febbraio in Lombardia e Lazio: «Elezioni importanti. Sono un test politico e la migliore campagna elettorale è mettercela tutta al governo».
Il Covid
Dalla Cina il Covid è tornato a terrorizzare il mondo. Meloni boccia lockdown e green pass, assicura che il governo si è «mosso immediatamente» e rilancia la necessità di una decisione europea sui tamponi in aeroporto: «Il ministro Schillaci ha dato messaggi tranquillizzanti, dal sequenziamento dei primi 15 casi si tratta di varianti Omicron già presenti in Italia». Come proteggerete gli italiani? «Sono utili i controlli, i tamponi e le mascherine» e nascerà un osservatorio sul Covid. «Ma il modello di privazione delle libertà non mi è parso così efficace, la Cina lo dimostra». Dei vaccini non parla finché non le viene chiesto: «Abbiamo fatto una campagna che invita alla vaccinazione anziani e fragili». E per gli altri? «Direi di chiedere al medico e a chi ne sa più di me».
Il Reddito e i fondi Ue
Quando si arriva al Reddito, Meloni promette che si chiarirà meglio il tema della congruità: «Se non vuoi un lavoro sottopagato che ti sfrutta, sono d’accordo. Se invece non accetti un lavoro dignitoso e pagato adeguatamente non puoi farlo restando a casa, mantenuto da chi paga le tasse». Sul Pnrr, è contenta che l’Italia abbia raggiunto in tempo i 55 obiettivi e se bacchetta il governo precedente per averne conseguiti solo 25, dà atto a Draghi che «la staffetta ha funzionato». Ora però viene la parte difficile, aprire i cantieri e «portare avanti velocemente le opere pubbliche». Salvini ha voluto il nuovo codice degli appalti e la premier lo loda: «Riforma fondamentale». E quando si arriva a Crosetto, che al Messaggero ha annunciato uno spoils system «col machete», conferma la linea dura: «Nel passaggio di consegne, qualcuno prima di andarsene ha lavorato per occupare posizioni. Serve una revisione della legge Bassanini».
La tregua fiscale
Sul cuneo fiscale «si farà molto di più», fino a 5 punti di taglio e il secondo grande obiettivo è «una tassazione che tenga conto dei figli a carico». La natalità? «Priorità assoluta». La casa? «Bene sacro e non pignorabile, da questo governo non partirà mai una tassazione». Distesa e sorridente, la premier si adombra quando si parla dei tanti condoni della manovra: «Non ce ne sono, abbiamo fatto una norma che chiede a tutti di pagare il dovuto consentendo una rateizzazione e le uniche cartelle stralciate sono quelle vecchie sotto i mille euro». Assicura che il governo sta facendo «cose di buon senso, che tutto fanno meno che andare incontro a chi vuole favorire l’evasione fiscale». E si dice dispiaciuta che sia passata sotto silenzio l’assunzione di 3.900 funzionari all’Agenzia delle entrate.
Attacchi all’opposizione
Alle minoranze non fa sconti. E difendendo le scelte del ministro Nordio sulle intercettazioni («Strumento straordinario, ma gli abusi vanno corretti») va giù pesante soprattutto con Conte: «Ho sentito molte accuse dalle opposizioni, ma io la morale da chi al governo ha liberato boss al 41 bis con la scusa del Covid, ha comprato i banchi a rotelle destinati al macero e ha approvato il condono di Ischia non me la faccio fare». Finché, quando arriva la domanda su Antonio Panzeri e l’inchiesta Qatargate, Meloni attacca: «Mi ha molto innervosito che molti colleghi internazionali definiscano questi fatti italian job, mentre le responsabilità sono trasversali, tra le nazioni. Le cose vanno chiamate col loro nome, socialist job e lo dico per difendere l’orgoglio nazionale».
La politica estera
Meloni condanna come «inaccettabili» le repressioni in Iran: «Se non dovessero cessare, l’atteggiamento dell’Italia cambierà». Confessa di «non aver approfondito» il Trattato di Roma con la Francia: «I contorni non mi sono chiarissimi». Poi, sull’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito di Putin, bolla come «inaccettabile» il principio che un Paese militarmente più forte possa invadere il vicino: «Spero che il governo russo si renda conto dell’enorme errore e decida di fermare questa incomprensibile guerra di aggressione». L’Italia è pronta a «farsi garante di un eventuale accordo di pace» e la premier andrà a Kiev prima del 24 febbraio. E il Mes? Roma non prenderà quei soldi. Meloni propone un incontro con il direttore del Fondo salva-Stati («A che serve tenere bloccati decine di miliardi che nessuno utilizza?») e conferma che, sulla ratifica, «il governo si confronterà con il Parlamento».