La Stampa, 29 dicembre 2022
Intervista a Luigi Berlinguer
Luigi Berlinguer è inorridito di fronte al Qatar-gate. Per chi, come lui, è cresciuto nel Pci non si può «rinunciare all’aspirazione ad essere in qualche modo “diversi”».
Una volta si parlava della «diversità comunista». Da ex europarlamentare ed ex dirigente del Pci cosa ha provato quando ha visto le foto di borse piene di soldi trovati in casa di esponenti di sinistra?
«Orrore! Ma oggi non è più così. Esiste ancora, è vero la questione della diversità. Che pure ha avuto un senso, importante. Certo, vedere esponenti di sinistra coinvolti in episodi di quel genere mi ha riempito di rabbia e di amarezza. Ma bisogna reagire e continuare a marciare, intraprendere la linea giusta. Di correttezza personale, innanzitutto».
Nadia Urbinati contesta l’accostamento alla «questione morale» denunciata da Enrico Berlinguer nella famosa intervista: quella, dice, era il prodotto di un sistema dei partiti pervasivo; questa, una «questione criminale» che riguarda individui che hanno approfittato della debolezza dei partiti. Condivide?
«Non completamente, perché sono certo che la degenerazione partitica tipica del nostro Paese contenga anche un profilo morale. Ma è insieme questione politica. La nostra, ripeto, è una prospettiva di cambiamento. C’è un profilo morale nella battaglia sociale. Sono ancora affezionato agli “anticorpi della sinistra” come un elemento caratterizzante della nostra battaglia politica. Occorre una radicalità riformatrice, non una spruzzatina di riformismo su una società ingiusta».
C’è anche il caso Soumahoro, eletto da Verdi-Sinistra. La fine delle ideologie ha abbassato anche gli anticorpi della sinistra?
«Noi non possiamo rinunciare all’aspirazione a essere in qualche modo “diversi” perché la nostra prospettiva di lotta è il cambiamento della situazione sociale attuale. E non si può neanche rinunciare all’aspirazione netta a essere migliori. Intanto occorre essere più seri e più coerenti. Noi vogliamo il cambiamento. Questo vorremmo che generasse gli “anticorpi” negli esponenti di sinistra. E cioè una caratterizzazione etico-politica netta».
Qualcuno ha criticato la scelta di sospendere Cozzolino per le indiscrezioni uscite sui giornali. Lei è stato presidente della commissione di garanzia del Pd, cosa ne pensa?
«Anch’io ho molti dubbi sul fatto di adottare misure di sospensione dal partito dei nostri militanti senza un accertamento vero sulle responsabilità di questi compagni. Poi, nel caso, si procede fino alla sospensione e, magari, all’espulsione. Ma questo si deve basare su provvedimenti certi, formalmente validi».
Tutto questo accade proprio nel momento più difficile del Pd. Quel progetto del 2007 è ancora valido?
«Il progetto che ha portato alla fondazione del Pd resta valido. La strada è quella di ritrovare un’identità chiara e definita. Apprezzo i candidati alla segreteria, con Cuperlo ho qualche decennio di feconda frequentazione. Ma dall’alto dei miei 90 anni compiuti credo che questa volta ci sia per il Pd una straordinaria opportunità: quella di una segretaria donna capace di radicalità riformatrice. Saperi, lavoro, cura delle persone e del pianeta, questione morale come grande questione politica sono le nostre bandiere. Per recuperare e tirare a bordo chi è fuggito, chi si nasconde, chi ha paura. In altre parole essere con tutti coloro che vogliono trasformare questa società orrendamente ingiusta. Perché, come ricorda Papa Francesco, nessuno si salva da solo, nemmeno il Pd. Ma nemmeno senza il Pd».