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 2022  dicembre 29 Giovedì calendario

Intervista a Gianluca Grignani

Alti, anzi altissimi, e bassi, alle volte bassissimi. Ecco, la carriera di Gianluca Grignani potrebbe, in pochissime parole, essere raccontata così. Ma non renderebbe giustizia non solo alle sue doti di cantante e autore, ma anche alla sua capacità di disperdere quelle doti in una vita a tratti caotica (problemi con alcol e sostanze, attacchi di panico, un processo per resistenza a pubblico ufficiale). Perché gli alti sono talmente tanto alti e i bassi talmente tanto speculari, che i suoi primi due album Destinazione Paradiso del 1995 eLa fabbrica di plastica del 1996, contengono già tutto, il genio e la sregolatezza, la capacità di scrivere classici che tutti oggi ancora cantano, e di sperimentare suoni e visioni che altri non sono in grado di mettere in scena nemmeno oggi. Però, diciamolo, il suo a Sanremo 2023 somiglia a un ritorno da un lungo viaggio in un mondo che sembrerebbe molto diverso da quello che lui ha artisticamente abitato, e che invece, a sentir lui, non è mai stato così adatto alla sua musica e alle sue canzoni. Ma perché Sanremo adesso? «Il perché credo che sia il karma», ci dice, «da un po’ di tempo non programmo niente, lascio che le cose accadano come devono accadere, se proprio devo fare programmi sono lunghissimi, in modo di non poter morire mai. La canzone che porto a Sanremo, Quando ti manca il fiato,avevo già pensato di proporla al Festival quale anno fa, poi avevo cambiato idea, non mi sentivo protetto da me stesso per poterla fare. Il dubbio non era se andare a Sanremo, la cosa più difficile sarà cantare questo pezzo».
Quindi, insistiamo, perché oggi è il momento giusto?
«In realtà perché credo che questa canzone mi abbia chiamato. Ho fatto delle scelte negli ultimi anni che si sono solidificate, palesate, che non sono soltanto musicali ma esistenziali. La principale è che vivo di musica, invece di fare altre cose, anzi ho smesso di fare altre cose.
Nella mia casa, quella in cui sono rimasto dopo la separazione, c’è uno studio di registrazione, con musicisti che vanno e vengono, e con me suonano. Non so nemmeno se sia buona musica, ma so che ci sono immerso. Quindi oggi, sono un Grignani allenato alla musica. Se dovessi scommettere non sulle classifiche ma su un artista che sisbatte per la musica, quello sono io. E non lo faccio apposta, è più forte di me. Mi alzo e vado in studio, dormo e sono ancora in studio. In questo clima la canzone è venuta a galla, ha preso spazio. Era statascritta di getto, in cinque minuti, in montagna quale anno fa. Accadde una cosa e io mi sono ritrovato a scrivere, ma musicalmente era ingenua, un giro alla Bob Dylan…poi però è diventata piùimportante e completa».
Ha citato Dylan. Il rock è ancora il suo universo di riferimento?
«Il rock rimane il mio universo. Ma intendiamoci, il rock non è una chitarra distorta e io di certo nonsono una rockstar, non mi è mai interessato esserlo. Oggi molti pensano di esserlo, e la cosa mi diverte, perché il rock o ce l’hai o non ce l’hai, e non so spiegare esattamente cosa sia».
Non pensa mai che l’hanno chiamata a Sanremo perché sperano che lei sia ‘incontrollabile’ e la sua performance diventi un caso?
«Non ci hanno pensato, ne sono sicuro. E poi mi conoscono bene.
Quando nella mia vita è successo casino non è mai stato spettacolo. A me diventare “un caso” non interessa, io la fama la rifuggo. Sono una barca a vela, è vero, ma il vento mi porta nella direzione giusta e la canzone va nella direzione giusta, sento il bisogno di farla e la farò».
Rimpianti?
«No, mai avuti, magari ce li hanno alcune persone che hanno vissuto attorno a me. Io no, mi sento figlio del tempo in cui vivo, e so di essere molto fortunato. Non ho mai cercato il plauso veloce, non mi interessa fare cose che vanno via in un lampo. La rivoluzione non si fa in due minuti, ci nasci dentro, se c’è la fai, se non c’è sei solo un idealista, e questo è un periodo in cui nell’arte c’è bisogno di rivoluzionari sereni, che siano in grado di dare emozioni. Io cerco di accendere fari dove altri lasciano il buio, cerco di far vedere cose che sfuggono alla vista, questo fanno gli artisti. Non sono né meglio né peggio di altri, ma provo a essere all’altezza del compito».
Quindi il momento giusto per Grignani è ora?
«Sono più figlio di questo mondo che di quello di tanti anni fa. Anzi, non ero figlio del mondo venti anni fa, oggi sono quasi a tempo. Sono fortunato perché la generazione dei musicisti di oggi sente la mia stessa esigenza musicale, sono in sintonia con un sacco di giovani interessanti, come Blanco, Rkomi, Irama, Lazza, siamo fratelli, lavoriamo con passione. La maniera più intelligente di spiegare quello che sto facendo è: ascolta e vedrai».
Cosa accadrà allora dopo Sanremo?
«Ci sarà qualcosa che pian piano si dipanerà. Per poter dire quello che ho tenuto dentro tanti anni mi si è aperto il cervello e le idee fioriscono. Ho pronta tanta musica da poter riempire tre album, e non vedo l’ora di farla uscire. Faccio tutti di getto, perché se rifaccio troppo le cose mi annoio e non sono per niente bravo a tenere ferme le canzoni».