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 2022  dicembre 29 Giovedì calendario

Le librerie chiudono

Durante il lockdown c’era stata una riscossa, con i librai che si erano inventati le consegne a domicilio per fronteggiare la richiesta crescente di storie, unica possibilità di evasione. Ma come stanno nel post pandemia le librerie indipendenti? Schiacciate dalla shopping online e dalle grandi catene, alle prese con l’inflazione e l’aumento dei costi di gestione, costrette a contendersi una platea di lettori che non cresce come dovrebbe. L’ultima è Odradek, libreria romana al civico 57 di via dei Banchi Vecchi, che il 6 gennaio chiuderà dopo 25 anni di attività. Una resa raccontata sui social dai proprietari Davide Vender e Katia Sardo, che hanno denunciato l’impossibilità di andare avanti con incassi giornalieri sotto i 300 euro. Ma la lista dei librai che negli ultimi mesi hanno gettato la spugna in giro per l’Italia, è lunga: dalla Deleo ad Agrigento alla Bancarella di Parma, dalla Pickwick di Bologna alla Cappelli di Bolzano, dalla Goldoni di Treviso alla Libreria dello Sport di Milano dove a inizio anno aveva tirato giù le saracinesche pure Il libro di via Ozanam. Chi resiste, crea comunità: dalle presentazioni ai festival.
Secondo i dati dell’Osservatorio dell’Ali, Associazione librai italiani di Confcommercio, dal 2012 al 2020 hanno chiuso 261 punti vendita. Ne restano 3640. Il presidente Paolo Ambrosini guarda con preoccupazione al 2023: «L’inflazione avrà ripercussioni su un settore con prezzi fissi e costi mobili – continua – tax credit, fondo biblioteche, carta docente e App18 vanno mantenuti, ma serve soprattutto un patto di promozione della lettura a partire dalle famiglie. La scuola da sola non basta».
A Gonnesa, nella costa Sud della Sardegna, Eleonora Sirigu ha chiuso Storytelling, l’unica libreria del paese: «Dopo sei anni mi sono arresa – racconta – prima la pandemia che ha interrotto le presentazioni e i laboratori, poi l’ultima crisi. Non ho resistito nella battaglia con i colossi online». Secondo l’Aie (associazione italiana editori), 13 milioni di italiani vivono in comuni senza librerie.
Cristian Carosella, 30 anni, a marzo ha chiuso Don Chisciotte, che aveva aperto nel 2016 ad Angri, in provincia di Salerno: «Ci ho creduto. Sono sbarcato sui social che mi hanno aiutato, ma da soli non sono sufficienti. Il problema principale resta la carenza di lettori, la percezione che il libro sia una spesa superflua».
Stando all’ultimo report Istat, solo quattro italiani su dieci di più di 6 anni hanno letto almeno un libro in un anno. «La guerra ha generato un’incertezza che frena i consumi – dice Cristina Giussani, presidente di Sil, Sindacato italiano librai di Confesercenti – Le misure di sostegno servono: col decreto Franceschini, che ha stanziato 30 milioni per l’acquisto di testi dalle librerie fisiche da parte delle biblioteche, abbiamo lavorato bene. Ma lanciamo un appello ai lettori: investite nella cultura». E abbiate pazienza: «Ci sono disfunzioni nella distribuzione e se ordini un volume in libreria, sei costretto ad aspettare qualche giorno più rispetto ai tempi delle piattaforme online: ma privilegi una filiera sana», dice Maddalena Fossombroni di Todo Modo a Firenze.
Resistere non è facile. A Roma hanno chiuso negozi di quartiere, come La tana del libro di Garbatella, ma anche di catena, come la Feltrinelli della Galleria Alberto Sordi. Ma sono i librai indipendenti a soffrire di più. A Firenze, Vincenzo Noce, 52 anni, combatte la sua battaglia solitaria, con la prospettiva di chiudere Marabuk, nata dalla volontà di sei ex dipendenti della Edison di piazza della Repubblica, nel 2023: «Abbiamo investito il nostro Tfr per riaprire, nel 2015, in via Maragliano – racconta Noce – oggi sono rimasto da solo». Noce si è inventato le tessere della spesa da ricaricare e sfruttare entro la fine dell’anno: «Grazie ai clienti ho raccolto 15mila euro in un mese. Ma non basta».
A Trapani Teresa Stefanetti fa i conti con un mercato sempre più stagionale. «I margini di guadagno per noi piccoli sono bassissimi – dice la proprietaria di Libreria del corso, due dipendenti part-time – L’inverno, senza turisti, è duro». Turisti e studenti aiutano le realtà che funzionano, come racconta Claudio Moretti di Marco Polo a Venezia: «Lavorare solo con i residenti sarebbe più difficile».
Per sostenere gli indipendenti, servono però anche scelte politiche. «Per esempio una legge sul modello francese che tuteli le piccole realtà – dice Barbara Leda Kenny, una delle sei socie di Tuba, la libreria delle donne al Pigneto di Roma che ha aperto un bar al suo interno – da libraia indipendente acquisto un titolo al 70-72 per cento del prezzo di copertina, molto di più di un negozio di catena».
I tempi sono duri: nei primi undici mesi del 2022, secondo i dati Aie, si sono vendute 2,6 milioni di copie in meno rispetto allo stesso periodo del 2021. Chiudere, quindi. O reinventarsi. Modusvivendi, a Palermo dal 1997, da febbraio scorso ha aderito alla catena Ubik: «Una strategia di resistenza che ci ha permesso di conservare la nostra identità», dice il libraio Fabrizio Piazza. A volta la sopravvivenza nasce dal gioco di squadra. A Napoli è nata L.I.Re., librerie indipendenti in relazione. «Abbiamo creato un catalogo e un sito comune e inventato un festival, Lib(b)ra – racconta Fabiano Mari di Tamu, una delle quattro librerie di L.I.Re. insieme con Dante & Descartes, Perditempo e Librido – Nelle grandi città facciamo i conti con la desertificazione dei centri storici». A Milano c’è Lim, librerie indipendenti Milano, che riunisce 34 attività. «Tre nostri associati hanno chiuso – dice il presidente Luca Santini – Fare rete è importante».
A Torino Comunardi, attiva da 46 anni, sfrattata dalla storica sede nonostante la mobilitazione dei lettori, si è reinventata in un terzo dello spazio. «Quello che ci tiene in piedi è la storia d’amore con i nostri clienti – dice Paolo Bardi – bisogna creare identità, essere selettivi nella proposta ma tenendo d’occhio il mercato». C’è chi prova a sfruttare l’onda lunga di #booktok: alcunii librai su TikTok danno consigli di lettura. Ma la strada è ancora lunga.
Da quando Odradek ha annunciato la chiusura, in via dei Banchi Vecchi c’è la coda. Una mobilitazione che non salverà la libreria. Ma che fa sperare nell’unica vera forza di resistenza: i lettori.