il Fatto Quotidiano, 29 dicembre 2022
Il male oscuro del Rock, da Cornell a Cobain
“Questo libro è dedicato a tutte le persone che soffrono di depressione”, si legge nell’introduzione del nuovo lavoro di Paolo Vites, Rock’n’roll suicide – Il lato oscuro del rock (Caissa Italia), titolo ispirato a una canzone di David Bowie. Un libro che scava nelle vite di una ventina di musicisti, quasi tutti accomunati dal “male oscuro”, che Nick Drake chiamò Black Eyed Dog, “cane dagli occhi neri”. Vite di artisti morti prematuramente, spesso suicidi, segnati da solitudine e dolore; spiriti fragili, sensibili, tormentati, ma dalla creatività vulcanica, che cerca di esorcizzare i demoni interiori attraverso l’arte. Ecco una carrellata di nomi di prima grandezza del firmamento musicale, da Luigi Tenco a Kurt Cobain, da Ian Curtis a Whitney Houston, da Dolores O’Riordan a Chris Cornell, deceduti perché non sono riusciti a reggere il peso di una vita frenetica, puntellata da ansia e depressione: da qui il consumo di sostanze stupefacenti, psicofarmaci, antidolorifici e alcol come temporanei anestetici contro il dolore.
Il saggio trae spunto da un episodio che ha toccato personalmente l’autore, il suicidio di Neal Casal, un cantautore americano con cui aveva intessuto una profonda amicizia: una persona apparentemente solare e ottimista, che all’improvviso si è tolta la vita. Con un’analisi lucida e accurata Vites mostra che non sempre è possibile appurare se la morte sia frutto di un atto volontario, di un incidente domestico o dell’abuso di farmaci, droghe e/o alcol. È ormai accertato che quelli di Cobain e Cornell siano stati suicidi: il primo si è tolto la vita con un colpo di fucile alla testa, il secondo impiccandosi. Cobain raccontò di essere finito nel tunnel dell’eroina per lenire un incurabile mal di stomaco causato dalla separazione dei genitori. Cornell cominciò a usare droghe e a soffrire di disturbi d’ansia e depressione. L’autore azzarda un’ipotesi anche su Tenco: il suo suicidio con un proiettile alla testa, il 27 gennaio 1967, fu dovuto alla delusione di essere stato escluso dalla finale di Sanremo. Chiaro il suo biglietto: “Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro), ma come atto di protesta”.
Incidenti domestici sono stati invece quelli della Houston e della O’Riordan, entrambe ritrovate in una vasca da bagno, dopo aver assunto un potente mix di farmaci e alcol. Entrambe erano vittime di abusi sessuali. In un capitolo a parte, vengono poi esaminate le morti anomale di personaggi come Elvis Presley, Michael Jackson, Prince e Tom Petty, tutti vittime di abusi di farmaci, prescritti con colpevole superficialità dai loro medici personali. Fatta eccezione per Cobain, viene volutamente tralasciata la lista del cosiddetto Club 27, la maledizione del rock che ha colpito molti musicisti a 27 anni (Brian Jones, Jimi Hendrix, Janis Joplin, Jim Morrison, Amy Winehouse). C’è spazio infine anche per Taylor Hawkins, il batterista dei Foo Fighters, apparentemente lontano dallo stereotipo del maledetto. Eppure, anche il suo cuore non ha retto a un cocktail di sostanze. Forse è vero che il rock’n’roll non morirà mai, ma molti dei suoi protagonisti non sono riusciti a sopravvivere senza concludere in modo tragico la propria vita.