La Stampa, 28 dicembre 2022
A Roma e a Milano un cittadino su due vive da solo
Quella di vivere soli è una condizione innaturale, che ci riporta ai primordi del genere umano ovvero a quella che si definisce «la solitudine di Adamo» che Dio stesso riconobbe: «Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile» (Gen2,18) gli creò così una compagna. Oggi, per scelta o per necessità contingenti, la singolarità cresce sembrando inarrestabile. Secondo l’Istat infatti, in Italia un cittadino su due è single e vive in solitudine, ciò si può trasformare in una malattia psico-fisica. Le feste natalizie acuiscono il senso della solitudine, con grande nocumento sull’umore, che arriva a forme depressive, capaci di sfociare talvolta in gesti inconsulti. Due grandi metropoli, Roma e Milano, si contendono il primato dei cuori solitari. Stiamo assistendo ad una dissoluzione numerica della famiglia, intesa come nucleo familiare che si costituisce a partire da due soggetti e oltre, per una nuova realtà: quella unipersonale. E ciò trasversalmente in tutte le fasce di età.
Secondo l’Istat nel nostro Paese le famiglie unipersonali sono pari a 9.073.852 nel 2019 e cioè, il 35,1% del totale contro il 12,9% del 1971. In altri termini, vive da solo circa il 15% di noi. Nella Capitale i single sono passati dal 28%, registrato nel 2001, al 47,5%, mentre a Milano la percentuale è addirittura del 52,8%, con i single (379 mila) che superano del doppio le coppie (quasi 164 mila). Quanti uomini vivono da soli in Italia? Negli ultimi dieci anni, è cresciuto del 39% il numero degli italiani sopra i 15 anni che per scelta o per necessità vivono da soli. Sono quasi 7 milioni in totale e rappresentano poco meno del 14% dell’intera popolazione. Le diverse cause possono includere: la vedovanza, la crisi economica unitamente alla difficoltà di reperire appartamenti economici adatti a coppie e men che meno a famiglie, oppure la scelta consapevole o indotta di vivere in solitaria.
Nel 2020-2021 vive da solo il 21,6 per cento della popolazione dei 65-74enni e il 39,7 per cento di chi è nella classe 75 e più. In quest’ultima fascia di età si tratta di più di una donna su due, contro poco più di un coetaneo su 5. Negli ultimi dieci anni è stata, tuttavia, più accentuata la crescita di quanti vivono da soli tra le persone al di sotto dei 65 anni. Nei segmenti di età che vanno dai 25-34 e 35-44 anni, l’incremento si è concentrato nel primo decennio degli anni Duemila subendo una battuta d’arresto nei 10 anni successivi, attestandosi rispettivamente a 10,0 e 11,7 per cento nel 2021, probabilmente in conseguenza degli effetti della recessione che ha aumentato la permanenza dei giovani nella famiglia di origine.
Quasi 8 milioni di persone in Italia sono single e la metà non sono mai state sposate. Un esercito di solitari che porta le famiglie unipersonali a essere oltre il 30% delle famiglie italiane, ed erano solo il 13% nel 1971. In Italia il 70% dei single ha più di 40 anni e nel nostro Paese una famiglia su tre è composta da una sola persona. Che cosa comporta questa condizione dal punto di vista alimentare? Chi vive da solo tende a seguire un’alimentazione piuttosto monotona e poco bilanciata dettata spesso da pigrizia o mancanza di tempo o semplicemente perché mancano gli stimoli per preparare pasti sani e completi, stimoli che offre, senza dubbio, una famiglia composta da più persone. Resta il fatto che la maggior parte dei single preferisce comprare pasti già pronti e veloci. I giovani, per cenare in compagnia ed evitare l’onere di fare la spesa e cucinare, scelgono spesso pasti veloci fuori casa come aperitivi con buffet oppure panini, pizze, tramezzini ecc. Anche il cibo d’asporto è un’opportunità, compreso quello proveniente da ristoranti etnici. Gli anziani, che in genere trascorrono più tempo tra le mura domestiche, spesso evitano di cucinare solo per sé in modo fantasioso e si abituano a mangiare pasti monotoni e incompleti dal punto di vista nutritivo: una tazza di latte con biscotti per cena o una porzione abbondante di frutta a pranzo oppure pane e formaggio. Uno stile alimentare che può causare carenze e conseguenti patologie.
Essendo i single una realtà numerosa, il mercato si è presto adeguato, infatti, oggi fare la spesa “solo per uno” non è più sinonimo di spreco ma un adeguamento di servizio. Oramai, esistono in commercio molti alimenti che si vendono in confezioni adeguate ai single, come monoporzioni di formaggi di circa 100 gr e di salumi, per circa 60-80 gr. Molti pacchetti di biscotti, crackers e grissini sono porzionati all’interno, ciò mantiene la fragranza dell’alimento anche dopo l’apertura del pacchetto. Gli yogurt si vendono singolarmente e a coppie, mentre le uova si trovano anche in porzioni da due. Per il latte, alle dosi classiche di litro e mezzo litro si è aggiunta quella da 250 ml. I cibi freschi, come il pesce, le carni, la frutta e le verdure, generalmente non rappresentano un grosso problema perché possono essere acquistati nelle quantità desiderate direttamente al banco dal cliente. Ma nelle confezioni del già pulito e pronto da cucinare, si trovano porzioni più ridotte adatte a un single.
Il congelatore è un valido aiuto antispreco per chi non avesse tempo di approvvigionarsi quotidianamente. Gran parte delle derrate possono essere surgelate in porzioni idonee per un consumo distanziato nel tempo. È importante però non cadere nell’errore della monotonia, occorre variare, se non quotidianamente almeno settimanalmente e non lasciarsi mancare i giusti nutrienti. Tutto ciò si può trasformare in uno stato di salute ottimale o per il single pigro, costituire la base per qualche patologia. —