la Repubblica, 28 dicembre 2022
I cinepanettoni non ci sono più
I cinepanettoni non ci sono più. Perché la ragione di esistenza era senz’altro commerciale – incassavano cifre esorbitanti, la curiosità era se “Natale a …” di quell’anno avrebbe battuto i record degli anni precedenti o no. Ogni anno erano un po’ diversi (si svolgevano in vari luoghi dell’Italia e del mondo) e un po’ uguali, perché i meccanismi era necessario ripeterli sia per le caratteristiche dei protagonisti sia perché bisognava rispondere in modo rassicurante agli spettatori.
La ragione per cui non ci sono più ha a che fare con il rito collettivo che si consumava dai giorni precedenti al Natale fino a tutte le feste, con un picco tradizionale nel giorno di Santo Stefano, quando i cinema di tutta Italia si riempivano fino all’ultimo posto disponibile di famiglie, gruppi di amici e migliaia e migliaia di persone che non chiedevano altro che farsi due risate. Erano trame e situazioni elementari, ma efficaci. E assistere in quei giorni a una proiezione era davvero un’esperienza unica. Il cinema, in alcuni momenti, quelli deputati allo scoppio delle risate – grazie a equivoci spesso improbabili ma spesso efficaci – aveva una specie di scossa di terremoto, con un fragore di risate, le poltrone che si muovevano all’unisono come se stessero per sradicarsi da terra, il pavimento che sobbalzava. Era l’effetto di una reazione all’unisono, una risata diciamo pure sguaiata, liberatoriae liberata. Poi, al cinema la gente ha cominciato ad andarci di meno, e la ragione dei cinepanettoni è venuta a mancare. Se si prova a vedere uno di quei film a casa, da soli, o in due o tre, si capisce che perde tutto. Il film di Natale (lo chiamavamo anche così) era completamente avvinghiato alla sala cinematografica, ne esprimeva il senso più compiuto; certo, quando si dice che certi film spettacolari si possono vedere solo in sala, è assolutamente vero; ma solo in sala si possono vivere i riti collettivi. E quindi quei film erano tarati sul rito collettivo, sulle sale strapiene, in cui le risate si contagiavano; e non sono finiti soltanto perché hanno cominciato a incassare poco, ma proprio perché con le sale semivuote il rito perdeva la sua energia contaminante. E quindi ci si è rassegnati ad abbandonarli.
Eppure sono durati molti anni. La data di inizio ufficiale è quella del 1983, con Vacanze di Natale dei fratelli Vanzina. Poi è cominciato il sodalizio della coppia Boldi-De Sica fino alle regie di Neri Parenti, quando negli anni Duemila ci fu il periodo d’oro. La caratteristica produttiva era semplice ed efficace: si giravano a ridosso, si montavano in pochissimo tempo, e subito dopo uscivano in sala invadendo ogni angolo del Paese. I protagonisti principali erano attorniati da comici, o attrici, o personaggi molto in auge in quell’anno; i temi, le canzoni, gli oggetti erano proprio di quel momento: se c’era un ballo che andava dimoda in quel momento, se c’era un oggetto di culto, una pettinatura o chissà cos’altro, finiva immediatamente nel cinepanettone. Questo consentiva al pubblico di ritrovarsi in un presente assoluto, in un racconto in sintonia con il quotidiano di quell’anno, anzi di quelle settimane. E infatti restano uno dei segni del costume più efficaci. Se si vuol ricostruire un anno specifico, un cinepanettone regala una enorme quantità di reperti storici. Fatela prova: mettetevi a vedere un cinepanettone di qualsiasi anno e, a prescindere dal racconto, passerete il tempo a dire: ah, sì, mi ricordo! Ti ricordi quel telefono, quella macchina, quei vestiti? Ti ricordi di quell’attrice di quell’anno, di quel comico? Ti ricordi quella canzone? Sono dei trattati di sociologia brutale, superficiale ma evidente. Poi, le trame e soprattutto la grande quantità di equivoci su cui erano costruiti, erano e restano la parte meno significativa. Erano un pretesto per giungere a delle gag dei beniamini del pubblico – e Boldi e De Sica hanno ricevuto amore dalla stragrande maggioranza degli italiani, ricambiando con una dedizione e una spudoratezza che adesso, da qui, sono addirittura commoventi.
Perché bisogna dire che l’Italia era divisa in due: chi amava i cinepanettoni incondizionatamente; chi li ignorava e li trattava come immondizia. Li si accusava di qualunquismo, di essere beceri, di abituare il pubblico a un gusto discutibile. O li si difendeva come un baluardo contro i noiosi seriosi colti snob. Come al solito, sbagliavano entrambi. Non erano dei capolavori comici, e non erano trascurabili – come del resto non può essere trascurabile qualsiasi fenomeno di costume. Si confondeva la causa e l’effetto. Si diceva che il pubblico rispondeva a una richiesta di spensieratezza superficiale. In realtà erano i cinepanettoni che erano una risposta alla richiesta degli italiani. Un risposta giusta? Sbagliata? Ormai non importa più.