la Repubblica, 27 dicembre 2022
Intervista a Silvio Berlusconi
Il Natale del patriarca è festa di nipoti e figli, famiglia e compagna, affetti. Lo si capisce dal sottofondo di Villa San Martino. Insomma è stato Natale anche, anzi, soprattutto a casa di Silvio Berlusconi. Il senatore Berlusconi. Chiamato a fine anno a un bilancio ancor più sentito, forse perché cade sotto la stella degli 86 anni già compiuti. Il dolore per la perdita dell’ex ministro Franco Frattini ha venato di tristezza il clima di questi giorni. «È stato qualcosa di più di un collaboratore, è stato un amico. Un vero amico racconta – conservo gelosamente il ricordo di tante giornate di lavoro insieme, ma soprattutto voglio ricordare la sua grande capacità di affrontare anche le situazioni più difficili con il sorriso e con assoluta professionalità e determinazione.
Franco è stato un vero servitore dello Stato, un grande italiano. Ci mancherà molto».
Presidente Berlusconi, per il resto come ha trascorso questo Natale?
«Molto bene, grazie. Circondato dalle persone a me più care, Marta, i miei figli, i miei nipoti che, grazie al Cielo, sono tutti belli, simpatici e intelligenti. È bellissimo passare il Natale con tanti bambini, con tanti ragazzi, perché è prima di tutto la loro festa, la festa della vita che nasce. La sacralità della vita è un tema che unisce credenti e non credenti».
Qualche bilancio si può già fare.
Sono trascorsi tre mesi dal suo ritorno in Parlamento. Che sensazioni ha provato? È un ritorno fortemente voluto, lo considera una sorta di “risarcimento” dovuto dopo la decadenza?
«L’ho detto tante volte: le istituzioni non sono un risarcimento, sono un luogo nel quale lavorare per l’Italia.
Ciò che mi ha risarcito è stato l’affetto e il consenso che gli italiani, nonostante tutto, non hanno mai mancato di farmi sentire. Con questa premessa, non posso negare che riprendere la parola in Senato dopo tanti anni mi ha anche profondamente commosso».
La prima manovra dell’era Meloni è di fatto al capolinea.
Come la valuta nel suo complesso?
«Considero questa manovra la migliore possibile nelle condizioni date. La gravissima crisi legata ai costi dell’energia e delle materie prime richiedeva una risposta urgente e ci ha costretto a dedicare gran parte delle risorse disponibili per limitare gli effetti dei rincari.
Questo per evitare una nuova fase recessiva, di inflazione e di disoccupazione, alla quale molte famiglie e molte imprese non avrebbero potuto resistere».
Pensa che si potesse fare di più?
E cosa?
«Nel merito non credo. Le questioni che abbiamo sollevato hanno trovato una risposta. Forse va messo a punto il metodo, dobbiamo abituarci a lavorare meglio insieme, evitando il rischio di scaricare sul Parlamento nodi irrisolti. Ma oggettivamente il tempo era molto poco e i problemi molto grandi».
Forza Italia ha condotto una battaglia per le misure in favore dei giovani e sulle pensioni minime per gli anziani. Soddisfatto dell’esito?
«È un primo passo. Entro la legislatura rimane l’impegno di portare le pensioni minime a mille euro per tutti e alla totale defiscalizzazione e decontribuzione dei nuovi contratti a tempo indeterminato per i giovani. Se ad un’azienda che versa a uncollaboratore 1200 euro al mese quello stipendio costasse davvero 1200 euro, e non 2600 come avviene ora, molti imprenditori avrebbero la possibilità e la convenienza ad assumere giovani. Allo Stato una misura simile non soltanto non costerebbe praticamente nulla perché sono posti di lavoro che altrimenti non nascerebbero mai ma converrebbe, perché aumentando gli occupati crescerebbero i consumi e quindi il gettito dell’Iva. Oltre a questo, nei prossimi mesi dovremo occuparci di altri temi fondamentali sui quali abbiamo chiesto il voto agli italiani».
Le riforme, tanto per cominciare.
«Penso alla riforma della giustizia, sulla quale il ministro Nordio ha dato indicazioni basate su una solida cultura garantista che è anche la nostra. Penso anche alla riforma burocratica, con l’abolizione del regime delle autorizzazioni preventive, per l’edilizia e per l’avvio delle attività di impresa. Una riforma a costo zero che favorirà gli investimenti e quindi la crescita e la creazione di posti di lavoro. Secondo l’Associazione dei costruttori italiani addirittura un milione in un anno».
Vi è stata intestata la battaglia per lo scudo fiscale, poi accantonato. Rivendica quella misura?
«In verità non me ne sono affatto occupato. Quella che rivendico invece è la necessità di una pace fiscale per sanare il passato nelle more di una grande riforma del fisco che abbassi le aliquote per tutti con l’introduzione della flat tax. È un altro dei nostri obiettivi di legislatura».
Qualche giorno fa lei ha detto che avrebbe gradito un maggiore coinvolgimento politico-istituzionale, anche allaluce della sua esperienza. Ci può spiegare meglio? Soprattutto, cosa vorrebbe e ritiene di poter ancora fare?
«Non ho mai detto questo. Ho detto semplicemente che sono a disposizione. Del resto, ho avuto per 10 anni il privilegio di guidare il mio Paese e di rappresentarlo nel mondo e sono l’unico leader politico al mondo ad aver presieduto il G7, il G8 e il G20. Come potrei avere ancora delle ambizioni personali? A prescindere da questo, voglio ricordare che sto già lavorando per la nazione come senatore e come leader di Forza Italia. È quello che ho fatto del resto in tutti questi anni, utilizzando i miei rapporti internazionali. Per fare un esempio con il Partito popolare europeo, che noi orgogliosamente rappresentiamo in Italia, ho favorito un trattamento generoso verso il nostro Paese quando l’Europa varò il Recovery Fund, che per noi è il piano Marshall del XXI secolo, per uscire dall’emergenza della pandemia».
Non siamo ancora ai fatidici cento giorni della premiership e del governo Meloni. Come giudica la nuova presidente del Consiglio?
«Come già la conoscevo, capace e determinata».
D’accordo, ma in cosa funziona e cosa dovrà fare meglio, secondo lei?
«Il presidente del Consiglio ha abbastanza esperienza politica e senso critico da cogliere da sola le eventuali criticità e i possibili miglioramenti. Proprio questo è uno dei suoi punti di forza».
Vi sentite di frequente con lei?
Le chiede qualche consiglio?
«Ci sentiamo tutte le volte che è necessario. E parliamo di tante cose, nell’interesse del Paese».
Forza Italia ha ancora un futuro?
Lei di recente ha auspicato lanascita di un grande partito conservatore, sul modello dei Repubblicani Usa. Ritiene esportabile quel modello nell’Italia della democrazia parlamentare?
«Non è un’idea recente, ci penso e ne parlo da molti anni. Sarebbe un passo ulteriore verso il consolidamento del bipolarismo, quel bipolarismo che è nato in Italia con la nostra discesa in campo nel 1994 e che ha consentito l’alternanza di governo nel nostro Paese.
Naturalmente, come il Partito repubblicano negli Stati Uniti, si tratterebbe di un contenitore nel quale devono trovare spazio storie e correnti di pensiero diverse, tutte essenziali. Nel nostro caso un ruolo fondamentale dovrà averlo la cultura politica liberale, cristiana, garantista, europeista e atlantica, davvero essenziale per un centrodestra di governo. Quella cultura che Forza Italia rappresenta e che in ogni caso è destinata ad essere protagonista del futuro».
Ha sentito per Natale il suo amico Vladimir Putin, col quale ha dichiarato apertamente di mantenere un dialogo?
«Non lo sento da tempo. Del resto la Russia non adotta il calendario Gregoriano. Il Natale ortodosso cade il 7 gennaio, quindi per i russi non è ancora Natale».
Forza Italia concorda sull’invio del sesto stock di armi a Kiev.
Convinto dell’opportunità?
«È la posizione che abbiamo assunto in molte occasioni, in Parlamento e in tutte le sedi ufficiali, da quando è scoppiata la crisi ucraina. D’altra parte lei crede che Forza Italia si esprimerebbe in Parlamento in modo diverso da quello che penso io? “Repubblica” ci ha definito per anni un partito padronale, un partito-azienda, addirittura un partito-caserma… Avete finalmente cambiato idea?».
Più che altro è solo un partito più piccolo, oggi. Qualche giorno fa la visita di Zelensky a Washington.
Biden lo ha incoraggiato ad andare avanti e a resistere. Lei che valutazione fa della situazione? Ci sono margini per avviare un percorso di pace per l’Ucraina?
«Difendere le ragioni dell’Ucraina e lavorare per la pace non sono strade incompatibili. Anzi io credo che ogni persona sensata dovrebbe fare entrambe le cose. Sono convinto che anche l’amministrazione Usa ne sia ben consapevole. E forse qualche spiraglio esiste. Lavoriamoci sopra».
Sarà un 2023 ancora di guerra, di crisi economica ed energetica. È preoccupato per i destini del Paese?
«Preoccupato, ma non pessimista. Il pessimismo è un atteggiamento che mi è sempre stato estraneo. In economia e nelle scienze sociali costituisce la tipica profezia che si autoavvera. Il miracolo economico del dopoguerra è stato reso possibile dalla grande qualità degli statisti che guidavano il Paese – De Gasperi, Einaudi, La Malfa, Saragat – ma anche dalla fede nel futuro con la quale tutti gli italiani, lavoratori e imprenditori, si impegnarono in un grande sforzo solidale per ricostruire la nazione devastata dalla guerra. Del resto gli italiani hanno dimostrato tante volte, da ultimo proprio in occasione della pandemia, di essere un grande popolo, capace di cose eccezionali.
Meritano di poter guardare all’avvenire con fiducia, o almeno con serenità. Noi faremo di tutto, metteremo in campo tutte le nostre energie perché il 2023 sia l’anno della ripresa».