la Repubblica, 27 dicembre 2022
Intervista a Farah Diba
All’inizio dell’anno 1979, lo Scià di Persia Muhammad Reza Pahlavi e la consorte Farah Diba lasciavano l’Iran. Non avrebbero mai più fatto ritorno nel loro Paese. Tramontava una monarchia che aveva regnato per 2.500 anni e trionfava una rivoluzione che avrebbe posto le basi di un ordine sociale e politico fondato sulla Legge di Dio. Oggi Farah Diba trascorre a Parigi il lungo esilio e dalla sua residenza risponde alle domande di Repubblica.Che idea si è fatta di quello che sta avvenendo in Iran?Possiamo definirla una Rivoluzione?«I nostri giovani hanno dimostrato un coraggio incredibile in questi tre mesi.Hanno sacrificato molto, direi tutto per riprendersi il loro Paese. Non chiamare tutto questo rivoluzione sarebbe un insulto al loro coraggio e al loro sacrificio. Saranno proprio questi giovani a determinare il futuro della nostra nazione e ho fiducia che ci riusciranno. Non tollerano più questo regime.Vogliono un Iran libero, democratico, prospero e unito e sono certa che lo otterranno».Non per la prima volta, il regime iraniano è minacciato da grandi proteste. C’è qualcosa di particolare in quelle scatenate dalla morte di Mahsa Amini rispetto alle precedenti?«Come è ovvio, è notevole il ruolo delle donne in prima linea in queste proteste. Ricordo che tra le prime vittime dei terribili eventi della rivoluzione islamica del 1979 nel mio Paese vi furono le donne. Immediatamente messe da parte e soggiogate, si videro sottrarre l’uguaglianza e i diritti che Sua Maestà, poi scomparso, aveva concesso loro.Ma le donne iraniane sono forti e resistenti e, al fianco dei loro fratelli, sono in prima linea in questa rivoluzione per la liberazione dell’Iran. Il loro ruolo preminente nelle vicende di questi mesi appare evidente a me e a tutto il mondo.Naturalmente questa non è una novità per noi: abbiamo una lunga storia di donne che hanno plasmato e costruito la nostra nazione e queste giovani ne hanno preso l’eredità».Cosa sente di dire ai familiari dei ragazzi condannati a morte per aver manifestato per la libertà?«Il mio cuore sanguina per voi.Vorrei poter essere fisicamente con voi per confortarvi. I vostri figli saranno ricordati come eroi nelle memorie della storia iraniana. Fino ad allora, tutto ciò che posso dire è che la luce vincerà queste tenebre, che l’Iran risorgerà dalle sue ceneri e i vostri sacrifici per il nostroPaese non saranno mai dimenticati».Le ragazze e i ragazzi iraniani che manifestano nelle strade del Paese hanno detto di non avere leader. La ritiene una scelta giusta?«Il movimento di oggi è effettivamente decentralizzato,ma è unito. E questa è anche la visione che mio figlio, il principe ereditario Reza Pahlavi, esprime da quattro decenni ai compatrioti: un Iran unito, laico e democratico, non basato su alcune individualità, bensì su un sistema politico e sulle istituzioni, punto di arrivo di evoluzioni pacifiche e non violente».Auspica qualche decisione particolare da parte della comunità internazionale nei confronti dell’Iran?Aumento delle sanzioni, i Pasdaran nella lista delle organizzazioni terroristiche, allontanamento degli ambasciatori? Cosa potrebbe essere più efficace?«Quello che vorrei, prima di tutto, è che la comunità internazionale ascolti i miei connazionali. Le loro istanze, gridate al mondo, sono estremamente chiare, ed è ora che il mondo le ascolti».Che cosa le manca soprattutto della Persia in questo momento?«Mi mancano i miei compatrioti.Quando ero in Iran, ho viaggiato per i quattro angoli del Paese incontrando la mia gente.Questo mi manca, così come le nostre montagne, le foreste e il deserto».Tornando al passato e pensando al regno dello Scià Reza Pahlavi, che bilancio ne trae? Dove avete sbagliato, quali sono stati i vostri successi?«Il popolo iraniano stesso ha espresso il giudizio definitivo su questa questione storica.Quando cantano Reza Shah, sia benedetta la tua anima e Oh Shah dell’Iran, torna in Iran… è chiaro come considerino quel periodo. Non le dico che siamo stati perfetti, ma ciò che deve essere giudicato sono le intenzioni: mio marito aveva la visione di una grande civiltà per la nostra nazione e credo che il nostro popolo oggi lo capisca».Quale futuro sogna per l’Iran? Una monarchia costituzionale, una repubblica parlamentare, una repubblica federale?«Naturalmente, ritengo la monarchia costituzionale nella tradizione della cultura e della civiltà iraniane. Tuttavia, penso spetti al popolo decidere, attraverso elezioni libere ed eque. Ciò che conta è la volontà della nazione iraniana».