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 2022  dicembre 26 Lunedì calendario

L'ASSE MELONI-GIORGETTI - È STATA GIORGIA A VOLERLO MINISTRO ALL'ECONOMIA, SFIDANDO IL VETO DI SALVINI. MA L'INIZIO È STATO DURO DOPO LA NOMINA DI UN VICE MINISTRO (MAURIZIO LEO), VISSUTA COME UN COMMISSARIAMENTO - PER VERIFICARE LA BONTÀ DELL'INTESA BISOGNERÀ PERÒ ATTENDERLI ALLA PROVA PIÙ DIFFICILE: IL VALZER DELLE NOMINE. NEL 2023 VANNO IN SCADENZA 67 SOCIETÀ PARTECIPATE DELLO STATO, TRA LE QUALI ENI, ENEL, FERROVIE, LEONARDO, POSTE. PER OGNI INCARICO SERVIRÀ LA FIRMA DI GIORGETTI E IL PLACET DELLA DUCETTA. A QUEL PUNTO SI VEDRÀ SE DURANTE LA DANZA RIUSCIRANNO A NON PESTARSI I PIEDI… -

Scagli la prima manovra chi è senza peccato, chi non ha sbagliato una tabella, una norma, un maxi emendamento. Anche stavolta l'iter della Finanziaria è stato lastricato di buone intenzioni, di errori e di «cazz...» come riconosce un autorevole ministro battendosi il petto. 

Così anche Meloni ha dovuto sorbirsi le proteste che dall'opposizione rivolgeva ai suoi avversari, oggi pronti a farle la morale dopo essersi trovati nelle sue stesse condizioni. Ai tempi dell'ultimo governo Conte, per esempio, la legge di Bilancio fu approvata in extremis il 30 dicembre 2020. Ma a causa di una parte scritta male l'esecutivo dovette riunirsi poche ore dopo per scrivere un decreto e correggere la svista.

Il caos che sta accompagnando il varo della manovra ha trascinato sul banco degli imputati la premier e il suo ministro dell'Economia, finendo però per oscurare l'intesa politica che si è creata tra i due. È vero, il rapporto è datato: Meloni andò a trovare riservatamente Giorgetti per complimentarsi con lui quando venne chiamato nella squadra di Draghi. 

Ed è stata Meloni a volerlo al governo, sfidando il veto di Salvini. Ma l'inizio è stato velato dal sospetto che il titolare di via XX Settembre ha nutrito dopo la nomina di un vice ministro all'Economia (Maurizio Leo, ndr): decisione vissuta come un commissariamento.

La questione pare sia stata superata dopo un colloquio in cui si sono detti le cose in modo molto franco, e adesso - assicura chi li frequenta dentro e fuori il Consiglio - «si fidano reciprocamente l'uno dell'altra». E l'uno dice ciò che l'altra pensa. Sulla Finanziaria hanno eretto un muro davanti alle richieste della maggioranza, perché come ha spiegato Giorgetti «non possiamo pensare di fare la voce grossa. Se sfasciamo i conti ci mandano a casa. Eppoi a marzo dovremo pensare a una nuova manovra». Così hanno fatto finta di dare quanto possibile, ma in realtà hanno deciso insieme di tenere da parte un piccolo gruzzoletto: un paio di miliardi. Poi si vedrà.

Raccontano persino che avrebbero evitato la norma sul Pos che ha scatenato le polemiche in Italia e i rimbrotti in Europa. Ma già avevano detto tanti no al leader della Lega e dunque si sono dovuti intestare l'ingloriosa retromarcia. Quanto al Mes, Giorgetti non ha trovato grandi resistenze nella premier: dopo Berlino, anche Roma darà il via libera. 

Per Meloni sarà come ingoiare un rospo e si sta studiando il modo per renderlo meno indigesto: magari con una mozione parlamentare di maggioranza che impegnerà il governo a ratificare lo strumento finanziario ma a non usarlo. Poi, per non dare troppo nell'occhio, Palazzo Chigi userà il treno di un provvedimento omnibus per inserire anche quel vagone. 

Insomma per ora il draghiano e la (ex?) sovranista vanno che è un incanto. Per verificare la bontà dell'intesa bisognerà però attenderli alla prova più difficile: il valzer delle nomine, appuntamento previsto nei primi mesi del prossimo anno. Dal 31 dicembre vanno infatti in scadenza 67 società partecipate dello Stato di primo e secondo livello, tra le quali colossi come Eni, Enel, Ferrovie, Leonardo, Poste. E il resto mancia. 

Sarà il gran gala del potere, al quale chi vuole partecipare si sta già preparando. Per ogni incarico servirà la firma del ministro dell'Economia e il placet della presidente del Consiglio e quel punto si vedrà se durante la danza riusciranno a non pestarsi i piedi. Intanto stanno «esercitandosi nelle prove», ce n'è il riscontro da fonti del governo. «Ma non potranno ballare da soli», avvisa un dirigente della maggioranza. 

E tanto basta per capire che gli alleati sono all'erta e intenzionati a ricavarsi - ognuno con la propria quota parte - spazi per le loro indicazioni nelle nomine: «Perché questa è una partita che coinvolge le forze del centrodestra e che passa pure dal crocevia del Quirinale». Per Meloni sarà un'altra prima volta. E chissà se l'altro ieri, parlando dei poteri con cui deve confrontarsi, si riferiva anche al tourbillon di nomi che iniziano ad affollare le caselle dei Cda da rinnovare. 

Sarà il momento in cui verrà saggiata la bontà del suo mantra: «Per me contano le competenze, non le provenienze». Stavolta non saranno consentiti errori, come sulla Finanziaria. Anche perché stavolta c'è più tempo.