il Fatto Quotidiano, 24 dicembre 2022
Biografia di Violante Placido raccontata da lei stessa
Tra un set chiuso e uno da chiudere; tra un riflettore e una nota di chitarra; tra una quotidianità da mamma attenta e una fama da attrice brava e fatale, Violante Placido mantiene un perenne tono di voce da chi ha la batteria della vita sul full: “Lo so, sono iperattiva, ma non mi nego l’ozio casalingo tra chitarra e libri”.
Magari un giorno sarà giudice a X-Factor…
Non ci ho mai pensato.
Sa dare giudizi?
Non mi piace troppo quella veste, a volte c’è troppa violenza, anche un po’ di sadismo.
Con lei come sono stati i giudici della vita?
Non sempre troppo clementi; (sorride) la questione è una: spesso sono io a giudicarmi, e in maniera dura, quindi gli attacchi degli altri mi scalfiscono meno.
Fare l’attore è un modo per esplorare e crescere o per restare bambini?
Entrambi; (cambia tono) la storia dei “bambini” funziona soprattutto con il teatro: sul palco capisci il motivo per cui gli attori non vogliono smettere neanche a novant’anni.
Perché?
Primo: è una vita incredibile, la tournée è come una perenne gita liceale; secondo: si è a contatto con generazioni differenti che si nutrono reciprocamente; terzo: il cervello è allenato, così come l’adrenalina.
Teme il pubblico?
(Un po’ di suspense, poi…) Sì! Per il mio primo spettacolo stavo malissimo, ogni sera mi sentivo Maria Antonietta alla ghigliottina, e temevo di venir sovrastata dall’emozione; con gli anni ho imparato a utilizzare quella paura.
È mai andata in analisi per togliersi di dosso un personaggio?
No, solo per capire me stessa.
Il novanta per cento degli artisti va in analisi…
Ho iniziato prima di questo lavoro.
Lei nasce artista.
Piuttosto sono nata in una famiglia di artisti; (ci ripensa) lavorare con le emozioni non è semplice, ti espone molto, ti rende fragile, e a volte diventa un boomerang o un enorme privilegio.
Potrebbe mai farne a meno dei riflettori?
Non lo so, non parlo per assoluti.
Trent’anni dal debutto.
Ero totalmente inconsapevole, nonostante i miei genitori; (cambia tono) da piccola il mio obiettivo era diventare attrice, mentre da adolescente l’avevo rimosso, e quando è arrivata la possibilità di un film mi sono sentita impreparata, spiazzata. Mi sono buttata.
Beata incoscienza.
Sul set di Jack Frusciante ho fatto impazzire tutti, compresa la segretaria di produzione; non conoscevo i termini base…
Tipo?
Ricordo quando uno della troupe mi ha detto: ‘Occhio, così impalli’. E io: ‘Che vuol dire?’; però ho riguardato il film e in alcune scene non sono male, nonostante la mia voce lasciasse trasparire una forte timidezza; (pausa) non ho mai frequentato un’accademia.
Però da ragazza ha studiato a Los Angeles.
Giusto tre mesi; (sorride) da piccola, a 11 anni, mamma mi ha portato negli Stati Uniti e mi ha iscritto alla Lee Strasberg dove i bambini venivano introdotti alla recitazione. Una volta dovevamo portare una scena, punto su Marilyn Monroe (la interpreta alla perfezione). Io soddisfatta. Eppure alla fine è arrivata la gelata: ‘Non va bene, questa è un’imitazione’.
Lezione di vita.
Mi è rimasta dentro.
Sua madre, Simonetta Stefanelli, ha lasciato presto il set.
Peccato, era intensa e bellissima. Il suo ruolo nel secondo Padrino è osannato.
I provini li fa?
Certo, e mi piace, perché ti permettono di dare un’idea di come uno vede il personaggio, altrimenti si arriva nudi sul set.
A proposito di “nudo”, la imbarazzano le scene di sesso?
(Immediata) Sì. E devo lavorare molto su me stessa per girarle; spesso, quelle scene, sulla sceneggiatura sono descritte in appena due righe e all’interno di quelle due righe può succedere la qualunque.
Soluzione?
Trovare la giusta affinità con il regista. È lui che deve proteggerti.
È sullo schermo con Improvvisamente Natale.
Una bella esperienza.
Il più simpatico.
Con Lodo Guenzi ho scoperto una bellissima alchimia.
Non è proprio un attore.
È un pregiudizio: ha frequentato una scuola di recitazione, ha studiato più di me, poi la musica lo ha portato altrove.
Siete fratelli di “note”.
Un po’; inoltre l’ho visto in uno spettacolo teatrale, un monologo di un’ora e mezzo di un’intensità rara; (pausa) è uno degli attori con il quale mi sono trovata meglio.
Se fossimo un giornale di gossip il titolo sarebbe “Violante Placido e il debole per Lodo Guenzi”.
(Ride) Ci sono attori molto egocentrati, non generosi, perennemente in competizione. Lodo no; (pausa) stessa cosa con il regista (Patierno).
Pensa mai di diventare regista?
Lo spazio che mi ritaglio preferisco dedicarlo alla musica.
Sarebbe in grado?
Non credo. Quella del regista è una professione complicata, specialmente oggi, vista la crisi.
Lei chi è?
No, la prego.