il Fatto Quotidiano, 24 dicembre 2022
Panzeri condannato dalla Ue già nel 2017
È il 18 maggio 2017 quando la Corte di Giustizia Ue lo condanna in primo grado a risarcire il Parlamento europeo. Pier Antonio Panzeri, l’ex eurodeputato accusato di corruzione dalla Procura federale belga, era finito nel mirino dell’Olaf, l’Ufficio europeo per la lotta antifrode già 13 anni fa. Il 23 novembre 2009, l’Olaf avvia un’istruttoria che riguarda i contratti per l’assistenza parlamentare stipulati da Panzeri fin dai primi giorni in cui mette piede a Bruxelles. Il contratto in questione è quello con l’associazione “Milano Più Europa”, firmato una prima volta il 12 novembre e una seconda il 6 dicembre 2004. Il 23 novembre di 5 anni dopo, l’Olaf passa al setaccio i servizi forniti dall’associazione e rinviene delle irregolarità. L’11 gennaio avverte il presidente del Parlamento dell’apertura dell’indagine – Panzeri nei suoi ricorsi la definirà “illegale” –, a fine anno l’istruttoria viene chiusa e trasmessa, a inizio 2012, al segretario generale dell’Eurocamera.
Letti gli atti, quest’ultima informa Panzeri che ha violato le norme per un importo di 127 mila euro che “risulta indebitamente versato”. Nel 2016 il Parlamento chiede il rimborso, però, di soli 83 mila euro. A giudicare da un passaggio della sentenza in quel periodo l’associazione non era ancora stata formalmente costituita: “Nell’ambito dell’istruttoria è stata prodotta una dichiarazione del commercialista dell’associazione, datata 23 novembre 2010, che dettagliava le modalità di fatturazione degli importi relativi all’anno 2004, nonché un parere legale del 26 gennaio 2011 attestante che, secondo l’ordinamento italiano, un’associazione può esistere giuridicamente senza essere stata ancora formalmente costituita”. Analizzando gli atti, il Parlamento ritiene che Panzeri debba restituire 12 mila euro per il 2014 “a causa dell’assenza di documenti attestanti l’assunzione di collaboratori o l’esistenza di altre attività rimborsabili” e altri 72 mila euro per il periodo 2005-2009.
Ma di cosa doveva occuparsi “Milano Più Europa”? Analizzando le fatture, l’Olaf – che in questi giorni sta facendo verifiche anche sull’ex vicepresidente dell’Eurocamera, Eva Kaili (S&D) e sull’europarlamentare Maria Spyraki (Ppe) – ha verificato che nel 2004 svolgeva “servizi di stenodattilografia, lavoro informatico, servizi di segreteria telefonica, una rassegna stampa quotidiana locale, nazionale ed europea, servizi di relazione con la stampa, ricerca sul ‘falso lavoro autonomo’, preparazione fascicoli, servizi di traduzione e archiviazione dati e atti parlamentari”. Per una parte di queste prestazioni, però, Panzeri “non aveva fornito la prova” che fossero state “effettivamente fornite”. Per l’Olaf “nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2005 e il 31 luglio 2009” il “costo fatturato per i costi del personale” era di 110 mila euro ma sono “state accertate solo spese per 38 mila euro” e quindi “una somma di 72 mila euro era stata indebitamente versata”. “Il Parlamento – recita la sentenza di primo grado – ha ritenuto” che Panzeri non abbia “fornito alcun documento o prova tale da inficiare la conclusione dell’Olaf secondo cui l’associazione aveva fatturato indebitamente la somma di 72mila euro”. E ancora: “Per essere ammissibile al rimborso occorre dimostrare che la spesa sia stata effettivamente sostenuta per l’assistenza parlamentare” mentre Panzeri obiettava che “l’unica documentazione che doveva essere controllata dal Parlamento consisteva nei contratti di prestazione di servizi stipulati” con l’associazione e “le fatture emesse”. Al Fatto che ha consultato molteplici fonti, ma non ha potuto contattare Panzeri per via della custodia cautelare, non risulta sia stato presentato appello alla sentenza.
Intanto il gip di Bergamo ha sequestrato 6 conti intestati a Panzeri, alla figlia Silvia, all’ex assistente Francesco Giorgi e all’ex segretario generale dell’Ituc Luca Visentini: 200 mila euro sono stati bloccati su un conto di Silvia Panzeri, 40 mila su uno del padre.