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 2022  dicembre 24 Sabato calendario

I migranti minorenni triplicati dal 2020

Condè adesso è a Salerno. Non l’aveva mai neanche sentita nominare prima che, due settimane fa, la Geo Barents di Medici senza frontiere lo sbarcasse lì, lo sguardo impaurito, il sollievo per il viaggio questa volta andato a buon fine, il terrore di non rivedere più nessuno della sua famiglia. Dieci anni appena, viaggiava da solo Condè, partito dalla Guinea un anno prima insieme al fratello diciassettenne: il Niger, l’Algeria, le terribili settimane nel deserto libico passato di mano in mano da gruppi di trafficanti, poi il primo viaggio in mare. Andato male. Quando una motovedetta della guardia costiera libica ha intercettato il gommone su cui viaggiava, Condè non sapeva ancora che lo avrebbero condotto in una prigione, di nuovo in mano ai trafficanti. Il ricatto ai genitori, ancora soldi per liberare i figli e infine la doccia gelata: quelli che la famiglia è riuscita a mettere insieme bastavano per far partire solo uno dei due fratelli. Hanno deciso che era giusto provare a mettere in salvo il più piccolo. E così Condè è salito di nuovo su un gommone lasciando in Libia il fratello.Di ragazzini come lui, “minori stranieri non accompagnati” vengono definiti con il lessico burocratico che avvolge le drammatiche storie di queste vite in cerca di futuro lontano da casa, quest’anno ne sono arrivati 12.500 in Italia, il 20 per cento in più dello scorso anno quando furono poco più di 10.000, il triplo del 2020. Un trend in costante crescita che rispecchia quello dei flussi sulla rotta mediterranea.
Sono per lo più maschi, tra i 10 e i 17 anni, moltissimi egiziani, tunisini ma ( soprattutto i più piccoli) in tanti arrivano dall’Africa centrale, affrontando il deserto prima del mare. Per mettere in salvo i figli o per provare a regalare loro un futuro, i genitori vendono tutto quello che hanno nei villaggi in cui vivono e pagano i trafficanti, alla partenza e poi di nuovo quando arrivano in Libia, per tirarli fuori dal centri di detenzione e per pagare loro il passaggio su un gommone. Quasi tutti portano addosso i segni delle torture e della schiavitù, merce pregiata per chi li vende al mercato e li obbliga a lavori pesantissimi o a diventare scafisti: un telefono satellitare, il gps, messi al timone di barche e gommoni, gettati in pasto agli inquirenti italiani che innumerevoli volte hanno individuato come scafisti ragazzini che ovviamente nulla hanno a che fare con le organizzazioni di trafficanti costretti a fare da specchietto per le allodole. In netto calo negli ultimi anni, invece, la tratta di giovanissime nigeriane, raccolte nei villaggi, costrette a riti voodoo, mandate in Europa per essere immesse nel mercato della prostituzione.
La loro gestione non è facile: sono affidati ai Comuni e a una splendida squadra di tutor volontari, ma la rete Sai di accoglienza e integrazione in piccole comunità o appartamenti è satura da tempo. Anche perché i ragazzi vi restano a lungo quando non decidono di scappare per provare a raggiungere amici o familiari in altri Paesi.