Il Messaggero, 22 dicembre 2022
Biografia di Charlotte Brontë
«L’ho sposato, lettore mio!». Con questa frase si apre l’ultimo capitolo di Jane Eyre. Ovvero l’intelligente, volitiva e ironica eroina della scrittrice Charlotte Brontë, che si firma con lo pseudonimo di Currer Bell. Scritto in prima persona – il titolo è Jane Eyre: an Autobiography – e uscito nel 1847, Jane Eyre è la storia di una piccola orfana cresciuta da una zia che assomiglia alle peggiori matrigne delle favole. Il solo che le volesse bene, lo zio, è morto lasciandola in mano ai parenti, che la chiudono in una casa di carità non appena si ribella. Il terribile periodo trascorso a Lowood School riecheggia un’esperienza vissuta da Charlotte Brontë: quella degli anni alla Clergy Daughter’s School (Scuola per le figlie degli ecclesiastici) di Cowan Bridge, dove muoiono le due sorelle maggiori, Maria ed Elizabeth, e dove lei e la sorella minore, Emily, contraggono malattie che ne minano la salute. All’epoca, narrata anche da Dickens e da altri, i bambini e i ragazzi, specie se orfani, poveri o senza protezione – basti pensare a David Copperfield – sono sottoposti a una disciplina durissima, che spesso scivola nella crudeltà e nel sadismo. E non va certo meglio a quelli che lavorano nelle fabbriche o nelle miniere.
NOBILI
Jane Eyre tiene duro, mentre intorno a lei muoiono le compagne. Terminati gli studi, diviene istitutrice e approda nella magione dei nobili Rochester, Thornfield Hall. Deve occuparsi di Adele, figlia illegittima del tenebroso e sarcastico Mr. Rochester. Fra lui e Jane scoppia l’amore, anzi la passione. La ragazza, però, non ha alcuna intenzione di cadere in un cliché troppo noto. Benché sia, come si dice, sola al mondo e senza mezzi, è forte e dignitosa, e ha fatto del proprio lavoro uno strumento di autonomia e indipendenza. Non accetta compromessi né soluzioni di comodo. Dichiara con fierezza all’amato: «Io non sono un uccello e nessuna rete mi tiene in trappola; sono un essere umano libero e dotato di una volontà indipendente». Quasi un manifesto femminista ante litteram, ben più ammirevole dato che all’epoca non c’era protezione legale per le donne, e soprattutto per le donne sole.
I due alla fine stanno per sposarsi, quando Jane scopre che Rochester ha una moglie, Bertha Mason, completamente folle e rinchiusa ai piani alti. La risoluta Miss Eyre allora scappa via. Trova ospitalità nella casa di un ecclesiastico – St. John Rivers – poi si impiega come maestra di scuola. A quel punto, sembra che la sorte finalmente le arrida: riceve un’eredità nonché una proposta di matrimonio dallo stesso ecclesiastico, a cui oppone un cortese diniego. Torna dal primo amore, per scoprire che Bertha è morta in un incendio da lei stessa appiccato, la casa è distrutta e Rochester è cieco e mutilato. Ora che le posizioni si sono invertite, Jane sposa Rochester e gli dà anche un figlio.
Benché lui finirà per riacquistare la vista, non è esattamente una storia da e vissero felici e contenti. Si tratta, invece, di un romanzo ancora molto attuale, capace di introspezione psicologica e di acuta lettura di un’epoca, quella vittoriana, dalle stridenti contraddizioni. Non a caso diviene subito un best-seller, anche se molti lo considerano scandaloso e privo di morale. La sua autrice, Charlotte, è nata il 21 aprile 1816 nello Yorkshire. Suo padre, Patrick, è un pastore protestante, sua madre, Maria, appartiene a una famiglia un tempo ricca. La coppia mette al mondo 6 figli – Charlotte è la terza, l’unico maschio è Patrick Branwell. Sfinita dalle gravidanze, Maria scompare nel 1821: sono una zia e una tata ad occuparsi della nidiata, che cresce fra i selvaggi rigori della brughiera.
Arrivano poi gli anni nella scuola degli orrori. Dopodiché le ragazzine Brontë – Charlotte, Emily e Anne – insieme al fratello, iniziano gli esperimenti letterari redigendo vere saghe. Charlotte viene quindi mandata in un’altra scuola, per poi divenire istitutrice. Un mestiere verso cui l’ha indirizzata il padre, e che non le piace affatto. Nel ’42, lei e Emily vanno a Bruxelles per praticare il francese: è lì che Charlotte si innamora del suo professore, Constantin Héger, purtroppo sposato. Tornate in Inghilterra, le ragazze Brontë cominciano a scrivere sul serio. A loro si unisce la terza sorella.