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 2022  dicembre 21 Mercoledì calendario

"I DUE A MALAPENA SI SOPPORTANO, CON L'AGGRAVANTE DI DOVER NASCONDERE IN PUBBLICO LA RECIPROCA AVVERSIONE" - LA CONVIVENZA IMPOSSIBILE TRA BOSSI E SALVINI RACCONTATA DA FILIPPO CECCARELLI – "QUANDO LO SCORSO ANNO IL SENATUR COMPÌ 80 ANNI, SALVINI SI GUARDÒ BENE DAL PARTECIPARE ALLE CERIMONIE E GLI FECE FRETTOLOSI AUGURI SOCIAL, DALLA MACCHINA. ALLE ELEZIONI GLI TROVÒ SÌ UN POSTICINO IN LISTA, MA NON PROPRIO SICURISSIMO" – QUANDO BOSSI DISSE: “SALVINI? NON CAPISCE UN CAZZO” -

Nella fiaba di Andersen è un bambino a squarciare la coltre d'ipocrisia gridando per la strada: "Il Re è nudo!". Nel serial eroicomico della Lega (che nel simbolo continua inopinatamente a presentarsi "per Salvini premier") tocca invece al vecchio e malandato sovrano, deposto ormai tanti anni fa, rompere il furbo silenzio dei maggiorenti per dire quello che quasi tutti pensano e quindi che l'attuale re "è un bambino" - accusa tanto più oltraggiosa considerato che di solito sono gli anziani a rischio rimbambinimento.

Pur con tale asimmetrica premessa va da sé che l'affondo di Bossi verso Salvini ha ragioni politiche che investono la linea e l'orizzonte soprattutto geografico del Carroccio; questioni che certo si sono riacutizzate dinanzi all'imminente voto nella terra madre, la Lombardia. Ma come sempre accade, nello scontro confluiscono umori, sentimenti e rancori molto personali, per cui da sempre il Capitano e il Senatùr a malapena si sopportano, con l'aggravante di dover nascondere in pubblico la reciproca avversione.

Per dire, quando lo scorso anno Bossi compì 80 anni, Salvini si guardò bene dal partecipare alle cerimonie e gli fece frettolosi auguri social, dalla macchina. Alle elezioni gli trovò sì un posticino in lista, ma non proprio sicurissimo, tanto che il fondatore fu eletto per miracolo, con i resti.

D'altra parte, per quanto fragile in salute, dal Papeete in poi Bossi non ha mai perso l'occasione per far capire a chiunque di non avere nessuna stima di Salvini. Detto al suo modo, dalla gestione del Quirinale alle figuracce all'estero, da Chaouqui a Capuano passando per gli affari petroliferi: "Non capisce un cazzo", là dove tale generica affermazione non esprime solo una sprezzante superiorità di ordine patriarcale, ma anche e soprattutto segnala una particolare inadeguatezza che mai come nel caso di ieri si è esplicitata.

Ora, del vecchio e linguacciutissimo Bossi si può pensare tutto il male possibile, così come è vero che gli insuccessi del giovane capo finiscono per alimentare, specie al Nord, la mitologia del vecchio leader della prima gloriosa Lega e addirittura la nostalgia fideistica della grottesca Padania indipendentista con le sue baracconate: vedi la recente proposta dell'architetto Leoni di trasformare la villetta di Gemonio in un Museo, magari con fondi pubblici. Dopo le ultime disastrose elezioni contro Salvini si è comunque aperto un lungo, lento e in qualche modo ancora incerto processo, di cui il "Comitato del Nord" e le invettive del vegliardo costituiscono per ora delle tappe. I vari Giorgetti, Calderoli, Zaia, Fedriga e compagnia silente stanno appunto a guardare.

Però quando Bossi tocca quel particolare tasto - «Salvini è un bambino, con si comporta come un uomo e io sono abituato a parlare con gli uomini», ecco, al di là del caso di giornata e dalla congiuntura che l'ha determinato, la sintetica notazione lascia il segno per trasmettere, come nella favola, inusitati bagliori di verità.

Forse saranno i social, che dei leader di questo tempo enfatizzano prima di tutto l'espressività, le facce, le smorfie, i gesti, gli accessori e gli oggetti che esibiscono, le fissazioni tipo il Ponte sullo Stretto; forse è la natura tutta esteriore del comando che rende gli odierni capi puri soggetti apparenti, sempre in bilico tra la condizione di eroe e quella della macchietta, fra retorica e capricci.

Certo fa pensare il grido levatosi dalla platea a un recente congresso della Lega: «Togliete il telefonino a Salvini!». Fatto sta che a forza di felpe, uniformi, bacioni, Nutella, maglie da calciatori, e poi cucciolini, palloncini, candeline, mini ruspe, pistole ad acqua, peluche e giocarelli, i dispositivi di infantilizzazione della leadership, generati dal marketing, non sono mai apparsi così evidenti e fruttuosi come nel caso di Salvini.

Si sa, o meglio si è capito come vanno queste cose e a quale esito portano tali percezioni: finché vinci e hai portato il tuo partito dal 10 al 30 per cento, tutti ti dicono: ma che bravo, che fantasia, che modernità, che slancio! Quando invece va male, e ti ripeti, perdi colpi, cerchi di salvarti premiando per paura solo la fedeltà, beh, succede che un'autorità dia voce alla vera e grande debolezza che nessun politico in nessuna fiaba potrà mai perdonarsi: sei un bambino, o peggio, sei rimasto un bambino, non è cosa per te, addio.