Il Messaggero, 21 dicembre 2022
La giornata di Traini in carcere
ANCONA L’uomo che sparava ai neri, il vendicatore solitario della povera Pamela fatta a pezzi da un pusher nigeriano, adesso guarda il mare, coltiva l’orto e scrive poesie. «Se tornassi indietro e incontrassi il Luca Traini che ho visto in una trasmissione televisiva qualche settimana fa, cambierei strada». Il pistolero che il 3 febbraio 2018 ha fatto il tirassegno nel centro di Macerata, ferendo sei immigrati innocenti, adesso sconta una condanna definitiva a 12 anni per il reato di strage (con l’aggravante dell’odio razziale) nel carcere anconetano di Barcaglione. «Non mi riconosco in quella persona che sparava in strada, un ragazzo completamente in balia degli eventi che non so chi sia. Quel Luca Traini di allora avrebbe messo paura a quello attuale. L’ambiente carcerario mi ha permesso di comprendere come vivere in maniera equilibrata». Ora Traini ha dato una spiegazione a quella mancanza di equilibrio. «Derivava dall’ambiente in cui vivevo. Mio padre e mia madre non andavano d’accordo tant’è che poi hanno divorziato e sono andato con mia madre a vivere da mia nonna; poi le cose non andavano bene neanche fuori dalla famiglia.Le ragazze che ho frequentato, una in particolare con la quale sono stato diversi anni, non mi facevano vivere tranquillo».
Nelle giornata in carcere ci sono tante attività, a iniziare dall’orto. «Mi dedico a tutti i progetti di formazione, tant’è che mi è stato riconosciuto un importante attestato. Sono stato anche in cucina diverse volte. Questa serie di attività mi ha permesso di mettermi in gioco. Questi in carcere sono stati anni di profonda riflessione. A febbraio avrò scontato metà delle pena e vedrò uno spiraglio di luce. Qui in carcere il tempo passa lentamente e la notte è molto lunga. A Barcaglione dalle finestre riusciamo a vedere il mare e ricordo che il primo giorno che sono arrivato, dopo il periodo a Montacuto, quando ho ammirato il panorama mi si è aperto il cuore. Ho un ricordo di quella prima serata vissuta in questo carcere. Quandi ho guardato fuori, al porto c’era una nave che si chiamava Luisa che è il nome di mia madre che è venuta a mancare un anno fa circa. Credo sia stato un segno del destino. L’idea che lei mi possa seguire anche da lassù mi fa svolgere al meglio questo mio percorso»
Di quell’attacco contro persone innocenti Luca Traini si è pentito e non ha incertezze quando lo dice. «Certo. Non so bene neanche chi fosse quel Luca Traini. Di quel giorno ho pensieri molto confusi. Non ero in me e la testa non mi funzionava come avrebbe dovuto. Dovevo essere seguito da esperti, ma per vari motivi ciò non avvenne. Vorrei si sapesse che non sono il mostro che è stato descritto anche ultimamente. Non sono più neanche litigioso com’ero prima. Ora cerco sempre di calmare le acque anche perché in questi anni di carcere ho visto tante liti e ho capito bene la lezione».