la Repubblica, 21 dicembre 2022
Fabio Rampelli eterno escluso
Il navigato capo di una Destra d’antan si mette ancora una volta sull’attenti: «Sono un soldato e faccio quel che mi dicono». Chi pensava che Fabio Rampelli prorompesse in una plateale protesta contro il suo partito, o contro la sua ex pupilla Giorgia Meloni, non conosce evidentemente il personaggio. Ruvido ma abituato alla disciplina. Con l’unica arma del sarcasmo: a Montecitorio, in una fugace apparizione, si concede qualche battuta per l’esclusione dalla candidatura a governatore del Lazio. Rigorosamente in romanesco: «Sono come la sora Camilla, tutti la vonno e nissuno la pija». Rampelli prova a scherzarci su, ricorda tutte le volte che è stato a un passo dalla nomination per il Campidoglio o per la Regione: «Sono stato candidato per tre ore nel 2013, per tre ore nel 2016 e un po’ di più nel 2018. Poi nel 2021, quando fu scelto Michetti, beh il mio nome l’avete fatto voi...». Sintesi mirabile: «Sono un incandidabile permanente». E via, senza più una parola. Qualche dubbio, molto probabilmente più di uno, gli è rimasto. Ma non potremo mai sentirgli dire che c’è un fatto personale con Giorgia Meloni, la giovane militante che Rampelli accolse e allevò alla sezione di Colle Oppio. Sponsorizzandola nelle prime avventure elettorali. E che oggi lo “tradisce” di nuovo. Al massimo, per comprendere il sentimento dell’ex capo dei Gabbiani, si può tentare di interpretare un post della moglie Gloria Sabatini dopo che è stato ufficializzato il nome di Rocca: «La facevo più intelligente». Post subito cancellato.
Quel che resta sono borbottii, dissapori, rancori silenziosi. Un vociare che alimenta il dibattito soprattutto fra “fedelissimi”: Massimo Milani (coordinatore di Fdi a Roma), Lavinia Mennuni, Maria Teresa Bellucci, Federico Mollicone, Andrea De Priamo, Marco Scurria. Che ciò si traduca nella nascita di una corrente critica dentro il partito, è da escludere. Ma si è comunque aperto il primo caso da quando Fratelli d’Italia è al suo apogeo, con Meloni premier. Francesco Lollobrigida, uomo forte del partito, minimizza ma lancia un segnale preciso: «Io non so se Rampelli ci sia rimasto male. Sono certo che lui, come tutti nel partito, ha a cuore il bene comune prima delle aspirazioni personali. Così siamo diventati quel che siamo».
Che qualcosa stesse andando storto, Rampelli lo aveva capito già nello scorso week-end, alla festa per il decennale del partito, quando Meloni invece di annunciare il nome del candidato aveva preso tempo e lanciato la “terna”. Alle otto di sabato, il vicepresidente della Camera non sapeva neppure se facesse parte di quella rosa. E l’idea di finirci dentro, in realtà, neppure lo esaltava. Comprendendo che la consultazione degli alleati, da parte della premier, avrebbe portato alla scelta di un “tecnico” quale Francesco Rocca. Rampelli ha comunque dato la sua disponibilità, confidando nei sondaggi a favore e nel consenso della classe dirigente romana di Lega e Forza Italia. Ma alla fine, almeno ufficialmente, ha pesato il gradimento espresso da Salvini e Berlusconi nei confronti di Rocca. Di certo, Meloni con questa scelta ha evitato di spaccare il partito e ha anche risparmiato l’umiliazione della convergenza su un altro candidato di FdI, Procaccini, Trancassini (legato a Lollobrigida) o Chiara Colosimo. Ma gioca una nuova rischiosa scommessa puntando su un civico, dopo il fallimento di Enrico Michetti. Se Rocca dovesse perdere, si riaprirebbe l’eterno dibattito sulla qualità della classe dirigente di FdI.
E chissà se, a questo punto, come rivelano fonti di Fdi, Meloni troverà un ruolo diverso per Fabio Rampelli. Qualcosa che non sia un semplice premio di consolazione, che il capo dei Gabbiani ha già fatto sapere di non gradire. Qualcuno ipotizza un’authority, una società pubblica. O la promessa di una nuova candidatura a Roma. Purché duri più di tre ore.