La Stampa, 21 dicembre 2022
Che rapporti ci sono tra Putin e Lukashenko?
«Noi, io e Putin, siamo i più cattivi, i personaggi più tossici di questo pianeta. Siamo coaggressori, abbiamo un solo diverbio: chi dei due è più cattivo?». Non si capisce se questa frase di Aleksandr Lukashenko sia ironica, o se sia stata uno strano scatto di sincerità, ma sicuramente non è piaciuta molto a Vladimir Putin. In effetti, non è stata un’accoglienza particolarmente calorosa, considerato che per la prima volta in tre anni il presidente russo si è scomodato per venire a Minsk, invece di convocare Lukashenko al Cremlino o a Sochi. Ma non è un caso se il dittatore belarusso ripete spesso in pubblico di essere «l’unico alleato della Russia»: per quanto sia il leader traballante di un Paese povero e isolato, Putin ha un bisogno disperato di lui, tale da sopportare le disquisizioni di Lukashenko su chi è il più cattivo dei due: «Vladimir Vladimirovic dice che sono io, ma comincio a pensare che sia lui», ha commentato con una risatina.
Lukashenko e Putin sono una strana coppia di dittatori che si odiano, ma che sono costretti a navigare insieme in un naufragio. Ufficialmente a Minsk non si è parlato di guerra, ma l’intenso scambio di visite dei ministri della Difesa nelle settimane precedenti lascia al comando di Kyiv pochi dubbi: Putin è volato in Belarus per convincere Lukashenko a entrare in guerra. Il comandante delle truppe ucraine Valeriy Zaluzhny è convinto che il Cremlino vuole lanciare un nuovo attacco contro Kyiv, che partirebbe dal territorio belarusso, come era successo già nel febbraio scorso. Ma stavolta i russi vorrebbero che Lukashenko non si limitasse a concedere il proprio territorio, mandando a fianco dei soldati russi anche i suoi, almeno 30 mila militari che dovrebbero non solo colmare le lacune nei ranghi dell’esercito di Putin, ma anche vincolare definitivamente il leader belarusso a Putin nella «coppia più tossica del pianeta».
Una richiesta che Lukashenko però respinge da febbraio scorso, e che secondo il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba è stata respinta anche stavolta: «Il solito balletto tra Lukashenko e Putin», ha commentato il vertice a Minsk. Anche l’Institute for the Study of War sostiene che il presidente russo sia stato respinto con perdite: Lukashenko si sarebbe rifiutato di concedergli il suo esercito per una nuova offensiva su Kyiv. Per un motivo molto banale: una chiamata alle armi rischia di provocare una nuova rivolta popolare, che rischierebbe di essere fatale per un dittatore già in bilico dopo la rivoluzione in piazza dell’estate del 2020. Allora, si salvò grazie ai soldi e al sostegno della Russia, che però oggi non avrebbe la forza per invadere un altro Paese.
Motivo per il quale il portavoce del Consiglio di Sicurezza nazionale Usa John Kirby sostiene che l’America «non hanno prove di un diretto coinvolgimento» delle truppe belarusse sul terreno. Questo però non significa che non possa accadere in futuro: la dipendenza del regime di Lukashenko dal Cremlino è totale, e ha appena ottenuto da Putin forniture di gas a prezzi di favore. La Belarus è comunque diventata di fatto un’enorme base militare russa: i neomobilitati si stanno addestrando nei suoi poligoni, i bombardieri decollano per i loro raid contro l’Ucraina dalle sue basi, e secondo l’Isw l’esercito di Lukashenko non ha più nemmeno il controllo su una serie di strutture strategiche. I suoi militari però non combattono a fianco dei russi, e senza di loro i piani di una nuova offensiva da Nord verso Kyiv, o a Ovest per spezzare le linee di approvvigionamento in direzione di Leopoli, appaiono fragili.
Resta da vedere quanto durerà ancora la mirabile capacità di sopravvivenza politica del dittatore belarusso. Putin l’ha sempre considerato un partner «tossico» e poco affidabile, ma non può eliminarlo: il rischio è di un collasso del regime, e di una Belarus che si ribella e fugge verso l’Europa seguendo le orme dell’Ucraina. Infatti, un’altra indiscrezione che circola a Mosca è quella che vorrebbe Putin ansioso di annettere la Belarus, concludendo infine quel processo di «unione» tra due Stati che Lukashenko promette di compiere ormai da più di vent’anni. La speranza sarebbe quella di regalare ai russi una acquisizione territoriale al posto dell’Ucraina, di soddisfare gli appetiti imperiali a spese dei belarussi, distraendo l’opinione pubblica dalla sconfitta in guerra. Ma anche questo è un piano difficilmente realizzabile senza il consenso di Lukashenko, che non ha nessuna voglia di trasformarsi da presidente – per quanto non riconosciuto internazionalmente – in un governatore di una regione russa.