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 2022  dicembre 20 Martedì calendario

Intervista ad Andrea Pezzi

Il mercato della pubblicità con l’avvento del digitale sta radicalmente cambiando. Con l’ingresso della automazione e degli algoritmi di intelligenza artificiale nella gestione della pubblicità. C’è una azienda italiana che si sta consolidando per aver sviluppato una tecnologia capace di rendere più efficiente un mondo sempre più complesso. Si chiama Mint ed è fondata da Andrea Pezzi, ex conduttore televisivo che oggi, oltre ad essere il Ceo della azienda, controlla il 75% del capitale attraverso la sua holding e ha come socio il fondo francese Tikehau che partecipata in Mint per il restante 25%. Con 234 persone impiegate in tutto il mondo, ricavi netti sui 30 milioni di euro nel 2022 e un gestito media sulla piattaforma di oltre 250 milioni, Mint è stata citata da Business Insider Usa come una della aziende europee da tenere d’occhio nel 2023. Ora Mint è attesa al salto dimensionale: il prossimo anno aprirà il mercato americano con un ufficio a New York. Proprio in questi giorni è entrato nel board Joe Zawadzki, fondatore di Mediamath, una delle più importanti aziende nel settore.
Pezzi dove sta andando e come vede lei il mercato della pubblicità?
«Pensi al mondo della musica strumentale, da quando è arrivato il direttore d’orchestra è nata la musica sinfonica. Il nostro software è un direttore d’orchestra. Perché gli investimenti pubblicitari sono stati finora gestiti a silos. Mint propone una piattaforma che integra tutte le tecnologie AdTech e Media, orchestrando tutto questo sistema complesso»
Secondo la rivista Chief Martec dal 2011 al 2022 il mercato è passato da 150 a 9932 piattaforme tecnologiche per advertising, una crescita del 6521%. Quale è il valore della vostra soluzione?
«Mint garantisce maggiore governance e trasparenza alle aziende che la adottano, è un software che permette anche di capire in tempo reale come cambiare la propria pianificazione pubblicitaria, grazie ai suggerimenti forniti da algoritmi di intelligenza artificiale che utilizzano dati generati dalla campagna stessa».
Mi vengono però dei rilievi sulla privacy: so che ormai il prodotto sono io, ma non mi state profilando troppo?
«Tutt’altro. Noi non usiamo i dati delle persone, la nostra è una tecnologia cookie-less. Vede, esistono i dati degli utenti e i dati aggregati che ogni campagna pubblicitaria produce: come viene speso il budget, quante vendite vengono prodotte, quanti click, quante visualizzazioni. I dati degli utenti sono la parte emersa dell’iceberg ed è su quella che giustamente insiste la legge sulla privacy. Noi abbiamo capito cinque anni fa quello che stava per succedere e abbiamo già da allora iniziato a lavorare su tutti gli altri dati prodotti, dati totalmente anonimi in quanto non si riferiscono mai ad un utente singolo. Questa è la parte dell’iceberg che sta sotto l’acqua, la meno utilizzata ma la più vasta. L’intelligenza artificiale esprime il suo potenziale proprio se applicata su questo universo di dati. I nostri clienti riescono ad ottenere grandissima efficienza nella spesa proprio grazie agli algoritmi e alla automazione di Mint».
In ogni caso mi pare che lei attiri simpatie ed invidie esattamente con la stessa intensità.

«Fa parte del gioco, non mi scandalizzo».
Ha anche la fama di mediatore, di pontiere nelle dispute finanziarie più intricate. Si favoleggia di una ripacificazione tra Mediaset e Vivendi, tra Berlusconi e Bollorè, grazie ad un suo intervento.
«In quanto advisor di Vivendi ho cercato di dare il mio contributo. Penso sia superfluo farle notare che si è trattato di un accordo molto complesso, frutto di una volontà corale e coordinato da diversi team di eccellenti professionisti».
Lei è advisor di Vivendi, il primo socio di Tim che è anche uno dei vostri clienti. La trasmissione Report recentemente ha sollevato qualche dubbio: pensa che il suo rapporto con Vivendi la abbia favorita?
«In nessun modo. Con Tim lavoro dal 2016. Sono Advisor di Vivendi dal gennaio 2021. Le date parlano da sole».
Che cosa mi dice però del contratto a parte che è stato siglato per gestire la pubblicità di Tim sulla piattaforma Dazn?
«Mint gestisce gli acquisti pubblicitari di Tim e il costo tecnico e del personale addetto a gestire questa operatività di solito viene dedotto dal budget pubblicitario. Poiché la pubblicità su Dazn era gratuita, non potendo pagare i costi con il budget, Tim ci ha fatto un contratto ad hoc per sostenere i costi del servizio erogato. Parlando di Report sorprende che un programma del servizio pubblico abbia dedicato tempo e risorse ad un contratto normale e sorprende ancora di più che tutto questo sia stato fatto a danno di Tim, una società quotata. Report si occupa da sempre di Tim. È uno dei suoi argomenti preferiti. Da parte mia ho avuto la presunzione di poter, carte alla mano, spiegare i fatti relativi alla mia azienda. La sensazione è che le loro tesi siano precostituite. Ma anche al metodo Report c’è un limite: avendo basato il loro racconto su presupposti falsi, il risultato è stato grottesco. In ogni caso i miei legali stanno valutando il da farsi».