il Fatto Quotidiano, 20 dicembre 2022
I vermi e i culi di Ragazzoni
NON ADOPERARE PER PAGINA ZERO
Negli anni Ottanta si tenne in un teatro di Roma una Serata d’onore per Ernesto Ragazzoni. Intervenne Vittorio Gassman: “Non ho certo scoperto Ragazzoni, ma fui sorpreso io stesso dell’impatto che ebbe sul grande pubblico televisivo, ai tempi lontani del Mattatore, un suo breve scherzo, Buchi nella sabbia, che avevo inserito nella prima puntata”. Un’altra sua magistrale interpretazione fu quella dell’Elegia del verme solitario, uno dei testi più famosi del poeta e giornalista (1870-1920). Anticipando le sue esequie, Ragazzoni aveva scritto: “Qui giace ernesto ragazzoni d’orta –/nacque l’otto gennaio mille ed otto/ – centosettanta e, sotto, questo motto:/ ‘D’essere stato vivo non gl’importa’”.
Al poeta burlesco e malinconico, anarchico, antimilitarista e anticolonialista, che amava improvvisare e recitare i suoi versi, la casa editrice Interlinea dedica la nuova antologia, con inediti, Elegia del verme solitario e altre poesie scapigliate (pagg. 144, euro 18). Curata da Cesare Bermani, la raccolta ripropone inoltre uno scritto di Sebastiano Vassalli, che osservava: “Come dissipatore di sé e del proprio talento, Ragazzoni si aggirò a lungo nei pressi di quest’altra poesia… dei fuochi che si accendono nella notte del tempo; ma i suoi testi maggiori e più compiuti, purtroppo, non sono mai stati scritti”.
Questo era il cantore dell’Apoteosi dei culi d’Orta, composta per l’inaugurazione di un gabinetto pubblico nel paese lacustre: “Culi d’Orta, esultate! O culi avvezzi,/ quando mettete a nudo il pensier vostro,/ a cercare un asil con tutti i mezzi,/ come pudiche monache in un chiostro”. Eppure, questo gran dissipatore, frequentatore di bettole, “fu in linea con la cultura d’avanguardia europea dell’epoca”. Bermani cita un giudizio di Franco Antonicelli: “Che cosa c’era in fondo a quella poesia che parrebbe tutta risolversi in allegre boutade? Un modo di esprimere l’orrore della vita ridevolmente ordinata e tronfia, o ipocritamente affannata, e il senso comico dei gesti, delle consuetudini e delle idealità più filistee, e nella sostanza crudeli; c’è una piccola moralità e l’inizio di una satira civile”.
Ragazzoni metteva alla berlina ogni banalità. Quando fu seccato da una donna perché le scrivesse qualche poesia sul suo diario, creò nel 1916 l’Elegia del verme solitario: “Il più sol di tutti è il verme/ lungo verme/ cupo verme/ cieco verme/ bieco verme/ triste verme/ solitario”. Odiato (ingiustamente) da Montale, Ragazzoni lasciò di sé quest’immagine di poeta-giornalista: “È finita. Il giornale è stampato,/ la rotativa s’affretta,/ me ne vado col bavero alzato,/ dietro il fumo della sigaretta”