ItaliaOggi, 20 dicembre 2022
Periscopio
Trovo che si parli troppo. C’è la mafia parlata, la droga parlata, la politica parlata, persino il calcio parlato. Vorrei si facesse di più e prevalesse il silenzio. Lando Buzzanca, scomparso il 18 dicembre 2022.
La rivoluzione del 1917 e più ancora la guerra civile, durata fino al 1921 e con un bilancio tra i 6 e i 10 milioni di morti, sono state segnate da violenze estreme in entrambi i campi. I peggiori esempi di umanità perversa si trovano tra i russi bianchi, ma la spietata disumanità mostrata dai bolscevichi non ha eguali. (…) Questa tradizione di totale disprezzo per la vita umana continua ancora oggi: lo abbiamo visto con l’aggressione contro l’Ucraina, così come in occasione delle due guerre in Cecenia, dell’invasione in Georgia o dell’intervento russo in Siria. Antony Beevor, Le Monde (dal Foglio).
Quante volte, in Germania, nel 1932, un comunista e un nazista, parlando per strada, devono essere stati colti da vertigini mentali constatando che erano d’accordo su ogni punto! Simone Weil.
Qual è l’identikit di chi potrebbe farsi convincere a entrare in guerra lo si vede dagli spot pubblicitari [i cui] protagonisti sono russi semplici, giovani e no, squattrinati, sottomessi e imbranati. Le sceneggiature sottolineano come l’uniforme permette loro di compiere un progresso non solo economico, ma sociale: non devono più temere il fisco, la banca, la moglie e il datore di lavoro, e possono realizzare i loro sogni – l’automobile, il telefonino, il mutuo, il trasferimento in città – andando a uccidere gli ucraini. [Particolarmente] agghiacciante è lo spot del ragazzo che si arruola in guerra perché il suo videogame preferito gli è venuto a noia [e vuole] sparare a bersagli veri. Anna Zafesova, La Stampa.
Anche se non hanno collegamenti di ordine geografico, culturale o storico, Taiwan e Ucraina sono due paesi uniti dal potere dell’analogia. Il ministero taiwanese degli Esteri Joseph Wu mi ha detto che l’invasione russa dell’Ucraina fa riflettere la gente di Taiwan e di tutto il mondo inducendola a chiedersi: «Accidenti, un regime autoritario sta facendo guerra contro un Paese che ama la pace: potrebbe essercene un altro? Poi, guardandosi in giro, vedono Taiwan». Anne Applebaum, La Stampa.
Decine di registi e attori si sono radunati davanti al carcere di Evin per protestare contro l’arresto di Taraneh Alidoosti, una delle più apprezzate e talentuose attrici iraniane. Alidoosti è rinchiusa a Evin per essersi schierata a fianco del movimento pro-democrazia. La magistratura l’accusa di aver diffuso «materiale provocatorio a sostegno di rivolte di piazza»: una foto di sé senza velo. Gabriella Colarusso, la Repubblica.
II «Qatargate» che ha sconvolto il Parlamento europeo (…) potrebbe avere una coda velenosa. Il Qatar – contro le misure anticorruzione imposte dall’Unione europea – sarebbe pronto a chiudere i rubinetti del gas. Tommaso Carta, il Tempo.
Rispetto alle emergenze che preoccupano il mondo intero, il dibattito italiano è angusto, dominato da questioni marginali, o che ci risucchiano verso il passato. Gli imperativi della sicurezza nazionale in un mondo affollato di potenze ostili; le soluzioni alla nostra fame di energia; il rilancio dell’industria nazionale nell’era post-globalizzazione: temi che hanno una visibilità minore rispetto al Pos e alle pensioni. È il passato che divora il futuro. Federico Rampini, Corsera.
[Via tutto:] pregiudizi, tabù, vecchie solfe, fondi di magazzino; patrimoni familiari, esperienze, storia e memoria collettiva, cultura; sapere agricolo, artigianale, professionale, commerciale, operaio, letterario, artistico, tecnico; sapere gastronomico, alimentare, di salute, comportamento, formazione dell’io, identità personali, soluzioni individuali, comunicazione reciproca, divertimento, disinvoltura, vacanza, festa. Come conseguenza del buttar via tutto (il rifiuto dell’esperienza equivale a una perdita dell’attrezzeria), un’ondata mai vista di revival e di rétro. Alberto Arbasino, Un paese senza.
Umberto Eco, nel 1976, commentando il successo elettorale del PCI, dichiarò che «la visione marxista della società si era imposta come un valore acquisito» e che essa era la mappa cognitiva insostituibile per tutti coloro che lottavano realmente per costruire una superiore forma di democrazia, non più borghese, bensì proletaria. Luciano Pellicani.
Non faccio né l’affarista né il lobbista. Da diversi anni ho un’attività di consulenza prima di avviare la quale, è agli atti, ho scritto al segretario Speranza una lettera di dimissioni dagli organismi dirigenti di Articolo 1. Non ci sono nel mio caso porte girevoli ma diverse stagioni nella vita che devono essere scandite da un rigido principio di incompatibilità. Io le ho scandite, diciamo. Massimo D’Alema (Tommaso Labate, Corriere della Sera).
L’intervista sulla «questione morale» è di quarant’anni fa, il Partito comunista non esiste più da trenta. Possibile che di fronte a ogni piccolo o grande caso di corruzione, malversazione, malaffare, si faccia ricorso ogni volta a un lessico famigliare del secolo scorso? (…) Così da giustificare, ogni volta, un nuovo dolente dibattito tra politici e giornalisti, e naturalmente attori, registi e cantautori, tutti lì a parlarci del trauma rappresentato per loro da questo o quello scandalo, e della perdita dell’innocenza (ma anche questa benedetta innocenza: quante volte la vogliamo perdere? Quand’è che ci possiamo rassegnare, metterci una pietra sopra e rifarci una vita?). Francesco Cundari, Linkiesta.
Avevano scherzato: via la norma anti-Pos, altro taglio al Reddito [di cittadinanza]. Titolo del Corriere della Sera.
Grazie Argentina! Macron, giù la testa! In tribuna il presidente non ride più. Titolo di Libero.
Sport non ne ho mai fatto. Ma quanti nemici ho incoraggiato a farne. Roberto Gervaso.