la Repubblica, 20 dicembre 2022
Biografia di Francesco Rocca
Avvocato finito sotto scorta per il suo impegno contro le mafie, manager della sanità di lunga esperienza, presidente della Croce Rossa Italiana e poi anche di quella internazionale. Una carriera con tante luci, tutta a destra, quella di Francesco Rocca, 57 anni, romano, «orgogliosamente padre di Matteo e Giorgio - come lui stesso ama ripetere - e nonno di Marie», che ieri ha dato le dimissioni dalla Cri per accettare la candidatura a presidente della Regione Lazio per il centrodestra. Ma non mancano le ombre, dalla vecchia condanna per spaccio di eroina ai rapporti con il broker Gianluigi Torzi, dalla gestione del personale e degli immobili della stessa Croce Rossa ai rapporti con una delegazione cinese nel periodo più duro del Covid, passando per la sua testimonianza nel processo Mafia Capitale. Vicende su cui scorrono veleni proprio tra quelli che dovrebbero essere gli alleati, che ieri hanno intasato le chat dei sovranisti e che, rigorosamente a microfoni spenti, hanno portato più di qualche esponente del centrodestra a sostenere: «Ci faranno a pezzi e colpire lui significa ora colpire Giorgia Meloni».
Era il 1985 quando l’allora 19enne Francesco Rocca venne fermato e arrestato dai carabinieri, impegnati a monitorare lo spaccio di droga a Casal Palocco, alle porte della capitale. Il futuro presidente della Cri e, secondo i sondaggisti, prossimo governatore del Lazio confessò. Non aveva in tasca un pezzetto di hashish o una dose di cocaina: era il tramite tra un gruppo criminale nigeriano che importava eroina, mentre i giovani a Roma morivano come mosche sui marciapiedi con una siringa infilata nel braccio, e un 23enne impegnato a distribuire in maniera capillare quella droga a Roma. «Veniva fermato il giovane Francesco Rocca e questi, sottoposto a interrogatorio, ammetteva di aver conosciuto nel giugno 1985 alcuni giovani nigeriani e di essersi interessato su loro richiesta per reperire un acquirente per quantitativi consistenti di eroina», scrissero il 10 giugno dell’anno successivo i giudici del Tribunale di Roma nella sentenza con cui quello che diventerà avvocato e manager venne condannato a 3 anni e 2 mesi di carcere, confermata, con un piccolo sconto, nel 1987 dalla Corte d’Appello. Un uomo che, secondo i magistrati, aveva una «elevata pericolosità sociale» e una «proclività a delinquere».
«Bisogna imparare dagli errori e migliorarsi ogni giorno che passa», ha sostenuto anni dopo Rocca, assicurando che per lui quella vicenda èstata occasione di riscatto. Nella sua nuova vita sono arrivati così il volontariato, la laurea in Giurisprudenza, la lotta alle mafie come avvocato, e la carriera nella sanità, decollata quando Francesco Storace era governatore del Lazio. Prima la direzione dell’azienda ospedaliera Sant’Andrea di Roma, poi un posto nel consiglio d’indirizzo dello Spallanzani, uno nel nucleo di valutazione dell’Istituto nazionale tumori-Fondazione Pascale di Napoli, e infine quello da commissario straordinario all’Asl Napoli 2, scelto da un altro governatore di centrodestra, Stefano Caldoro, e quello da direttore generale all’Idi. Ma a far diventare Rocca uno degli uomini più potenti è stata soprattutto la presidenza della Croce Rossa Italiana 2013, a cui ha poi aggiunto quella della Federazione Internazionale delle Società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa. Incarichi che ora i detrattori sostengono siano stati caratterizzati, nell’arco di oltre dieci anni, anche da una gestione in cui non mancano zone d’ombra e rapporti particolari, come quello con Trozzi, indagato dalla magistratura vaticana per manovre sulla compravendita del palazzo di Sloane Avenue a Londra e proprio ieri rinviato a giudizio per autoriciclaggio. Rocca respinge da tempo tutte le accuse. Non ha avuto difficoltà neppure a nominare come suo portavoce Marcello De Angelis, vicino sia a Storace che a Gianni Alemanno, ex esponente di Terza Posizione, cognato dello stragista Luigi Ciavardini e condannato per banda armata. Rocca tira dritto e per completare il riscatto vuole essere il numero uno anche nella sua regione, riuscendo nell’impresa di mettere alla porta la sinistra dopo due legislature di Zingaretti.