La Stampa, 20 dicembre 2022
Le lacrime di Giorgia Meloni al Tempio ebraico
Un piccolo lume può scacciare le tenebre», dice Ruth Dureghello. Al Ghetto è un giorno di festa, la presidente della Comunità ebraica di Roma pronuncia un discorso toccante. Accanto e lei c’è Giorgia Meloni, venuta per l’accensione della seconda candela di Chanukkah. La premier, invitata alla cerimonia nel museo ebraico, si commuove, piange, chiede scusa, «noi femmine facciamo questa cosa di essere un po’ troppo sensibili. Noi mamme in particolare». E poi va al microfono.
Per la presidente del Consiglio è l’occasione per esprimere ammirazione verso la cultura ebraica («parte fondamentale dell’identità italiana») e tornare a condannare le leggi razziali, giudicate «un’ignominia». Parole non certo inedite, ma nette, che evocano da lontano, visto il luogo, quelle che Gianfranco Fini pronunciò 19 anni fa a Gerusalemme. La potenza del simbolo, ovviamente è molto differente, anche perché Meloni evita di pronunciare una condanna netta del fascismo, che resta implicita. La Comunità ebraica è soddisfatta: «Presidente Meloni - dice Dureghello - ho apprezzato le sue parole nel discorso d’insediamento. Non perché non conoscessi le sue posizioni già da prima che ricoprisse questo incarico, ma perché ritengo che, nel suo ruolo di presidente del Consiglio, queste contribuiscano a contrastare definitivamente le ambiguità che in una parte del Paese sono ancora presenti sul fascismo e sulle sue responsabilità».
Non è un giorno triste, anzi. Sulla piazza davanti al Portico d’Ottavia un piccolo gruppo di ragazzi con microfoni e casse annunciano la festa. Dentro al Tempio, c’è la celebrazione riservata a una trentina di invitati. Meloni, che qui era già stata da ministra della Gioventù, manda un messaggio alla Comunità e non è il primo: martedì scorso aveva partecipato alla targa commemorativa dei giornalisti perseguitati a seguito delle leggi razziali e ieri la presenza per la festa di Chanukkah, che attraverso la luce della candela, celebra la libertà del popolo ebraico dal giogo degli Ellenici.
Gli esponenti della Comunità credono che quello della leader di FdI sia un percorso del quale si intravede già la prossima tappa: un viaggio in Israele. Meloni ne ha parlato privatamente con gli invitati alla cerimonia e poi una volta fuori dal museo ha reso pubblico questo suo desiderio: «Non è ancora calendarizzato, ma ovviamente sarà uno dei prossimi viaggi che farò, speriamo nei primi mesi del prossimo anno». Il ritorno al potere di Benjamin Netanyahu, leader del Likud, partito alleato dei Conservatori, facilita il percorso. Una mossa molto apprezzata a Gerusalemme è stato il voto contrario alle risoluzioni Onu contro Israele: «Prima l’Italia si asteneva nonostante il pregiudizio che le caratterizzava - puntualizza Dureghello - per questo siamo noi siamo grati al governo».
Passata la commozione, Meloni pronuncia un discorso di grande vicinanza all’ebraismo, incentrato tutto su un concetto a lei caro: l’identità. «La storia di questa festa è una festa di coraggio, di un popolo che lotta per difendere la sua identità, le tradizioni e la fede», cose che al momento «vengono considerate troppo spesso un ostacolo o un nemico. Questa è la grande forza che voi rappresentate- conclude Meloni - perché siete parte fondamentale dell’identità anche italiana. Il vostro valore aggiunto è diventato parte di quello che tutti siamo».
Fine del discorso, è il momento di accendere la candela, partono i canti tradizionali, Dureghello spiega alla premier il significato del rito. Arriva Sami Modiano, sopravvissuto ad Auschwitz, canta anche lui, «che voce!», dice Meloni.