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 2022  dicembre 17 Sabato calendario

Su Jacques Tati

David Bellos Vita e arte di Jacques Tati Sagoma «Tati si chiamava Tatischeff ed era russo. Peccato che quando gli chiedevano quanto avesse influito, su di lui, la grande cultura di Cechov e di Tolstoj la risposta fosse un’alzata di spalle. Jacques Tati(scheff) in russo non sapeva dire nemmeno “da” o “niet”: nato nel 1907, era nipote di Dimitri Tatischeff, un conte comandante degli Ussari che si era trasferito a Parigi in qualità di addetto alla difesa dell’Ambasciata Imperiale Russa negli anni ’70 dell’Ottocento. Lì si era innamorato di una ragazza francese, Rose-Anathalie Alinquant, da cui nel 1875 ebbe un figlio, Georges-Emmanuel. La Russia di Tati finisce lì, con la nascita di papà: come scrive Bellos a pagina 25 del suo libro, poco dopo la nascita del figlio “il cavallo del conte Dimitri tornò dal Bois de Boulogne senza il suo cavaliere: il corpo del conte venne ritrovato in seguito lungo la strada. Ufficialmente la morte fu considerata una sfortunata caduta da cavallo, ma la leggenda familiare vuole che non sia stata una disgrazia, ma un omicidio”. La teoria del complotto è rafforzata dal fatto che poco tempo dopo il piccolo Georges- Emmanuel venne rapito e portato in Russia. Sua madre (la nonna di Tati) non si perse d’animo: studiò il russo, si presentò a Mosca, trovò lavoro, rintracciò il figlio e lo rapì a sua volta, riportandolo in Francia quando aveva ormai otto anni. Una famiglia vivace! A causa di questa brutta storia, i Tatischeff tagliarono le radici russe (e un pezzo di cognome) e Jacques crebbe da francese purosangue. Però i cavalli sono alla base non solo dell’assassinio del nonno, ma anche della sua arte. Dopo la Prima guerra mondiale, nella quale Georges-Emmanuel combattè da valoroso, il giovane Jacques entrò nel Sedicesimo Reggimento dei Dragoni di stanza nella cittadina di Saint-Germain-en-Laye, vicino a Parigi, dove la famiglia viveva. Lo presero perché andava bene a cavallo, come del resto il padre, ma gli fecero fare lo stalliere. Lì, imparando le regole della vita militare, Tati diventò un comico. Secondo Bellos, una delle sue prime lezioni di comicità fu una corvée notturna: dovendo tenere pulita la stalla, il giovane Tati si mise in una posizione strategica dalla quale vedeva bene i culi di tutti i cavalli; quando uno di loro alzava la coda (segno inequivocabile!), si precipitava con un secchio e raccoglieva al volo la materia incriminata, onde evitare di doverla successivamente pulire con la ramazza. Questa e altre assurdità della naja fecero sì che Tati diventasse un implacabile, lunare osservatore della stupidità umana, e dei rituali sociali che da tale stupidità derivano» [Alberto Crespi].
 
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