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 2022  dicembre 19 Lunedì calendario

Quei 70mila tentati dall’addio alla scuola

Quando Beatrice sentiva che le mancava l’aria, chiedeva di andare a casa prima. Anche la minima verifica, per lei, era insostenibile. L’educatore di Save the children chiamato a farle da tutor online per aiutarla in italiano all’inizio vedeva nello schermo solo una sua ciocca di capelli. La compagna Eleonora condivideva la stessa paura di non farcela. Entrambe al primo anno di un istituto superiore di Torino. Anche Polly, genitori moldavi, al secondo quadrimestre della prima media in provincia di Venezia si era bloccata: «Sono indegna ». La lettera che preannunciava la bocciatura era già arrivata, ma dietro alle insufficienze in pagella pesava la solitudine di una ragazzina dai lunghi capelli e dall’autostima zero. Silvia è scoppiata a piangere in presidenza, istituto professionale di Firenze: «La prof in palestra favoriva l’altra squadra: l’ho insultata, non so cosa mi è preso, sono andata fuori di testa». Nomi di fantasia, storie vere. Ragazze e ragazzi sulla soglia delle aule scolastiche: basta un passo sbagliato per perderli.
Rientrati dopo due anni di pandemia, si sono ripresentati all’appello delle medie e delle superiori più fragili, più arrabbiati. Isolati o aggressivi, meno preparati. Ed è allarme nelle scuole per una fascia grigia che rischia di andare a ingrossare le file degli abbandoni. I docenti raccontano che crescono le diagnosi di disturbo da ansia sociale, «mai viste prima certificate dalle Asl». I presidi parlano di classi prime ingestibili.
Respinti perché non valutabili
A preoccupare sono le troppe assenze conteggiate già ora, al primo trimestre. Il segnale è arrivato a giugno di quest’anno: i bocciati per troppe assenze sono stati quasi 74mila ragazzi, oltre 67mila alle superiori. «Non scrutinabili», vuole un gergo scolastico che sa di timbro postale. Contano quanto gli abitanti di città come Asti o Caserta, ma non contano. Nei licei e istituti tecnici e professionali si è passati dal 2,8% di studenti non scrutinati per mancata validità dell’anno scolastico nel 2018-19 al 3,1% del 2021-22, con punte intorno al 4% in Calabria, Sicilia, Marche e Puglia e il record della Sardegna al 6,2%. «Una parte di loro èdestinata ad allargare il numero di chi abbandona» traduce Marco Rossi- Doria, presidente di “Con i bambini”. Non ha dubbi Arduino Salatin, voce della commissione sulla dispersione scolastica dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza: «Che l’assenza sia un predittore di dispersione è fuori discussione».
Fragili e in povertà
Fragilità economiche e psicologiche: chi lascia è perché va a ingrossare le fila del lavoro minorile o perché scivola nell’isolamento sociale. Andrea Morniroli, del Forum disuguaglianze, riporta dati empirici: in alcuni quartieri di Napoli le segnalazioni delle scuole ai servizi sociali per inadempienza, dai 5 ai 10 giorni di assenza senza giustificazione, sono aumentate del 30-40%, e per la metà si tratta di casi nuovi. «La pandemia ha schiacciato i bisogni famigliari verso il basso, ora l’ansia è arrivare a fine giornata e le carriere scolastiche dei figli passano in secondo piano», spiega. Chi proviene da contesti difficili è destinato ad abbandonare la scuola. «Qui bisogna agire, non dopo», insiste Colomba Punzo, preside di Ponticelli. Michele Gramazio, preside al tecnico e professionale Einaudi di Foggia, allarga le braccia: «Perdiamo il 20% di alunni nelle prime, ma cosa possiamo fare? Abbiamo edifici fatiscenti: così i ragazzi non percepiscono la presenza dello Stato. E poi vanno motivati allo studio per tenerli in classe, ma in questa lotta la scuola è sola».
Occhi solo per il cellulare
«Con la dispersione lottiamo già da ben prima del Covid, perdiamo 60-70 studenti ogni anno. Quello che invece è nuovo sono i ragazzi che vengono, ma è come se non cifossero: chiusi in loro stessi, disinteressati, senza più coordinate per stare coi compagni». A parlare è Alfonsina Cavalluzzi,che dirige il professionale Kandinsky, periferia sud di Milano. Fa specie,dice, vederli spalle appoggiate al muro, tutti in fila all’intervallo nel cortile, gli occhi fissi al cellulare. «Tenerli in classe è perdente, stiamo sperimentando forme d’insegnamento innovative, ma senza abbassare troppo l’asticella: se lo faccio alla fine cosa gli do?». Le scuole corrono dunque ai ripari con psicologi e didattica alternativa. Save the children ha messo in piedi il progetto “Volontari per l’educazione” per riacciuffarli.
Ingestibili e arrabbiati
«Adolescenti limite», li chiama Paola Bortoletto dell’Andis. «Urgente è trovare i modi per farli stare bene a scuola». Non a caso gli istituti della provincia di Livorno, riporta Anna Tiseo dell’Anp, si sono dati come obiettivo prioritario il benessere degli alunni. Carlo Braga segue il Gruppo sul ritiro sociale degli studenti in Emilia-Romagna e legge i dati: nel suo istituto tecnico da 1.300 iscritti, chi è stato bocciato per troppe assenze è passato nell’ultimo anno dall’1,6 al 2,6%. «Il dato riguarda anche i ragazzi dalla terza alla quinta: c’è una fragilità diffusa che non è dovuta solo al Covid, ma a un cambiamento culturale rispetto all’immagine di sé in adolescenza, all’ansia da prestazione tra pari».
Sospira Annamaria Barone Freddo, dirigente dell’Iis Bassi-Burgatti di Cento, in provincia di Ferrara, reduce da tre consigli di classe straordinari per problemi disciplinari: «Su 13 prime ne ho 5 che mi stanno creando seri problemi: atti vandalici nei bagni e prevaricazioni tra compagni. Sono a rischio dispersione? Se si aggiungono voti negativi, nonostante i recuperi, è possibile, sono preoccupata. Ai più fragili ho concesso di entrare più tardi per qualche tempo, altrimenti non ce la fanno». La sintesi di Ludovico Arte, preside del Marco Polo a Firenze dove si sperimenta la scuola aperta e c’è la fila per corsi di arte, teatro e pure lingua dei segni, è efficace: «Insegnanti che corrono per recuperare i programmi, ragazzi sotto stress». Faticano a ritrovare routine e relazioni. «Molti sono pieni di rabbia. In un consiglio di classe i rappresentanti hanno contestato i docenti per il carico di verifiche e perché non si sentono considerati, rifiutando qualsiasi attività extra. Gli psicologi ci avevano avvertito: il peggio, dopo due anni di pandemia, deve ancora arrivare». È arrivato.