La Stampa, 19 dicembre 2022
Le dimissioni in bianco di Papa Francesco
All’alba del pontificato, in un giorno imprecisato fra il 13 marzo e il 15 ottobre del 2013, papa Francesco consegnò all’allora segretario di Stato cardinale Bertone una lettera nella quale dichiara di dimettersi in caso di impedimenti gravi e permanenti legati alla sua salute. Una vera e propria rinuncia «in bianco». E adesso quelle carte con ogni probabilità le custodisce il successore di Bertone, il cardinale Pietro Parolin. Il Pontefice lo rivela in un’intervista con il quotidiano spagnolo Abc.
«Io ho già firmato la mia rinuncia – spiega il Pontefice – Era quando Tarcisio Bertone era segretario di Stato. Gli ho detto: "In caso di impedimento medico o che so io, ecco la mia rinuncia. Ce l’hai". Non so a chi l’abbia data Bertone, ma io l’ho data a lui quando era segretario di Stato». Ora forse «qualcuno andrà a chiedere a Bertone: "Dammi quella lettera". .. (ride, ndr). Sicuramente lui l’avrà consegnata al nuovo segretario di Stato».
L’altro ieri Jorge Mario Bergoglio ha compiuto 86 anni e appare in buona salute, a parte il noto problema al ginocchio. Ora usa un bastone per le brevi passeggiate e una sedia a rotelle per le distanze più lunghe. E riafferma: «Perché ho detto no all’intervento chirurgico? Si governa con la testa, non con il ginocchio». E ora «sto già camminando, la decisione di non operarmi si è rivelata giusta».
Varie volte in questi ultimi tempi, come nel colloquio con l’agenzia Reuters a luglio, il Papa ha respinto le voci – spesso speculative – secondo cui le sue dimissioni sarebbero imminenti, e ha ribadito la sua posizione dichiarata da anni, e cioè che un giorno avrebbe potuto dimettersi se le condizioni fisiche cagionevoli gli avessero reso impossibile dirigere la Chiesa. Qualcosa che era stato quasi impensabile prima che Benedetto XVI, ora 95enne, rinunciasse al pontificato nel 2013.
Quasi dieci anni dopo, Francesco dice che va «spesso» a trovare Joseph Ratzinger nel Monastero Mater Ecclesiae in Vaticano, «e vengo edificato dal suo sguardo trasparente. Vive in contemplazione... Ha un buon senso dell’umorismo, è lucido, molto vivo, parla piano ma segue la conversazione. È un grande uomo». Bergoglio lo definisce «un santo. È un uomo di alta vita spirituale». Il Papa chiarisce che non ha intenzione di definire lo status giuridico di papa emerito, come molti prelati invocano Oltretevere per scongiurare difficoltà di rapporti con il successore: «No», il tema «non l’ho toccato affatto, né mi è venuta l’idea di farlo. Ho la sensazione che lo Spirito Santo non ha interesse a che mi occupi di queste cose». Da luglio, Bergoglio ha effettuato tre viaggi internazionali – in Canada, Kazakistan e Bahrein – e ha in programma di visitare la Repubblica Democratica del Congo e il Sud Sudan dal 31 gennaio al 5 febbraio, un impegno non agevole. E poi è in programma il volo in Portogallo per la Giornata mondiale della Gioventù ad agosto. E anche a «Marsiglia per l’Incontro del Mediterraneo» («ma non è un viaggio in Francia»), precisa.
Nella recente intervista a La Stampa, alla domanda «è contento di essere e fare il Papa?», Francesco ha risposto che, «grazie alla mia vocazione, sono sempre stato felice nei posti in cui il Signore mi ha messo e mandato. Ma non perché "ho vinto qualcosa", ho vinto niente… questo è un servizio, e la Chiesa me lo ha chiesto; io non pensavo di essere eletto, e invece il Signore lo ha voluto. Dunque avanti. E faccio quello che posso, ogni giorno, cercando di non fermarmi mai».
Il Vescovo di Roma ricorda che anche San Paolo VI aveva lasciato scritte le sue dimissioni in caso di impedimento, e che probabilmente anche Pio XII aveva preso un’iniziativa simile. Durante la seconda guerra mondiale Papa Pacelli preparò un documento in cui ordinava che la sua abdicazione sarebbe dovuta entrare in vigore immediatamente se fosse stato rapito dai nazisti. Anche San Giovanni Paolo II in almeno tre occasioni, l’ultima nel 2000 nel suo testamento, mostrò di ritenere possibile la rinuncia. Con questa iniziativa Bergoglio ricalca soprattutto Montini: nel 2018, in un libro curato dal reggente della Casa Pontificia monsignor Leonardo Sapienza, «La barca di Paolo» (San Paolo), veniva resa pubblica la missiva con la quale nel 1965, due anni dopo la sua elezione e non da anziano o malato, Paolo VI dichiarava di rinunciare in caso di malattia invalidante o grave impedimento. In quelle pagine, ricorda il direttore editoriale dei Media vaticani Andrea Tornielli su Vatican News, si legge: «Noi, Paolo VI… dichiariamo, nel caso di infermità, che si presuma inguaribile, o di lunga durata… ovvero nel caso che altro grave e prolungato impedimento… di rinunciare» al «nostro ufficio».