Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  dicembre 18 Domenica calendario

PRONTUARIO PER COMPRARE UN EURODEPUTATO – ALLE VALIGIE PIENE DI CASH NON CI SI ARRIVA SUBITO: PRIMA UN PICCOLO DONO, POI L'INVITO ALLO STADIO, POI IL ROLEX - A UNO DI LORO UN EMIRO DI DUBAI FECE CONSEGNARE UNA ASTON MARTIN BIANCA MA QUANDO IL REGALO FU RESPINTO RIVIDE IL SUO DONO: MANDO’ UN VASSOIO (DI VALORE INFERIORE AI 150 EURO, COME VUOLE LA REGOLA EUROPEA) E SOPRA CI AGGIUNSE DIECI CHILI DI CAVIALE BELUGA - NEL 2016, IL MINISTRO FRANCESE BRUNO LEMAIRE RACCONTÒ DI ESSERSI VISTO RECAPITARE UN PATEK PHILIPPE CERCHIATO DI DIAMANTI DEL VALORE DI 85 MILA EURO, DOPO AVER ACCOMPAGNATO L'EMIRO HAMAD IN UNA VISITA PER PARIGI… -

«Alle valigie piene di cash non ci si arriva subito», spiega un ex funzionario europeo che ha lavorato a lungo in un dipartimento strategico della Commissione. La diplomazia delle monarchie del Golfo, in particolare, è molto avvertita, e con gli anni è diventata sempre più scaltra. Il funzionario - spagnolo di nascita, francese di lingua, britannico d'adozione, oggi a Bruxelles per una seconda vita da consulente - ricorda di quando, anni fa, un suo collega fu omaggiato da un emiro di Dubai con una Aston Martin bianca.

«Ovviamente il regalo fu respinto, ma la reazione dell'emiro fu interessante». Si riprese l'Aston Martin, si informò su quale fosse la soglia sopra la quale non si poteva andare con i regali, e dopo aver preso conoscenza del fatto che esisteva una clausola sulla "deperibilità", fece dono di un vassoio (di valore inferiore ai 150 euro, come vuole la regola europea) e sopra ci aggiunse dieci chili di caviale beluga, che essendo effettivamente "deperibili" potevano non essere restituiti.

Ricorda anche un giovane funzionario italiano, che un giorno tornò in ufficio contento di essere stato invitato al Gran Premio di Monza con suo figlio da un lobbista conosciuto a Bruxelles: «Questa è la differenza che ho notato tra gli italiani e ad esempio i tedeschi o gli olandesi: non sempre colgono quando si è di fronte all'escalation collusiva». I biglietti in questione non portarono nei fatti ad alcuna richiesta ulteriore, il funzionario si confermò integerrimo e leale nel suo lavoro, «ma altri non avrebbero accettato lo stesso».

Perché appunto, non si comincia con le valigie piene di contante: si passa per il regalo di poco superiore a 150 euro (oltre quella cifra l'oggetto va restituito, ma su 705 parlamentari si sono contate dal 2020 soltanto 39 restituzioni, da parte di otto persone), si va avanti con i biglietti per un concerto all'opera o a una partita o a un altro evento sportivo, si continua con gli inviti in alberghi a cinque stelle per partecipare a conferenze o seminari, e a quel punto i rapporti si fanno più stretti, il regalo stesso cambia di senso.

Come ha detto a Le Soir Nabil Ennasri, docente di Scienze Politiche e tra i partecipanti del Forum di Davos, «in Qatar e in molti Paesi arabi il sentimento di ospitalità può facilmente portare a transazioni collusive: si va dalla diplomazia dei summit (dal Forum di Doha al Word Innovation Summit for Education) a quella dei Rolex». Nel 2016, il ministro francese Bruno Lemaire raccontò al giornalista Christian Chesnot di essersi visto recapitare un Patek Philippe cerchiato di diamanti del valore di 85 mila euro, dopo aver accompagnato l'emiro Hamad in una visita per Parigi.

L'oggetto fu restituito ma con l'occasione Chesnot approfondì il tema e riuscì a stilare una classifica interessante sulle regole non scritte della diplomazia qatarina: i Patek Philippe sono per il massimo rango, seguono gli Audemars Piguet per le delegazioni, Omega e Rolex per parlamentari, poi i Cartier, infine le scatole di penne. Quanti rifiutano? Quanti accettano?

L'interrogativo circola con sempre maggiore insistenza a Bruxelles, insieme a quello, posto più sottovoce, sull'esistenza di una filiera non italiana all'interno dell'inchiesta (i pregiudizi sono duri a morire: gli italiani a Bruxelles sono molto imbarazzati, gli altri trattengono sorrisetti, e non aiutano le molte occasioni di scambi multilaterali di auguri prima della pausa natalizia, in cui alla fine si finisce sempre per sentire la stessa domanda: «Ma saranno solo italiani o salterà fuori anche qualcun altro?»).

Gli eurodeputati comunque hanno già abbozzato una risoluzione per ottenere maggiori risorse per il Registro della Trasparenza Ue, un database di lobbisti e Ong, che preveda anche l'obbligo di rendere pubbliche le agende degli incontri («qualcuno già lo fa, ma non tutti», dice ancora il funzionario). La presidente della Commissione von der Leyen - che in questa cupa congiuntura, col Parlamento a pezzi, assume sempre di più i contorni di autorità morale - si è già espressa per la creazione di un organismo etico indipendente che vigili tutte le istituzioni dell'Unione. Controllare i controllori, questo è il clima.