la Repubblica, 18 dicembre 2022
Contro i complottismi sull’omicidio Pasolini
Non sappiamo chi ha ucciso Pier Paolo Pasolini la notte tra il 1° e il 2 novembre 1975. O meglio sappiamo che Pino Pelosi, detto “la Rana”, è senza dubbio l’assassino, o forse uno di loro. Di più non si sa, o meglio ci sono sempre nuove ipotesi, dal delitto Mattei ai neofascisti, dal furto delle pellicole di Salò Sade a Cefis. Sono almeno una dozzina i libri che cercano i colpevoli, ma non arrivano a nessuna soluzione investigativa degna di questo nome.
Ieri Giancarlo De Cataldo su queste pagine cita gli atti della Commissione Antimafia della precedente legislatura per dire che non è stato Pelosi da solo, o forse non lui ma altri. Su chi siano questi altri però non c’è nessuna certezza. Sono anche io convinto che la Rana non fosse solo, ma non ho alcuna prova provata, né pare averla De Cataldo, che tra l’altro sfata una tesi in voga, quella della Banda della Magliana. Ora senza fare la lista delle innumerevoli tesi su questo omicidio, cosa per cui non basterebbero due pagine del giornale, provo a interpretare questa valanga d’ipotesi che comprendono mafiosi, servizi segreti e altri poteri occulti, e che spesso puntano il dito su Petrolio , il romanzo-mostro uscito postumo con un presunto capitolo rubato. Insomma un romanzo nel romanzo, che continua a perpetuarsi e forse non arriverà mai a dirci tutta la verità, come capita con l’altro delitto della nostra storia pubblica, quello di Aldo Moro. Ora la ragione per cui la sinistra italiana cerca un motivo che rimanda al complotto contro il Poeta riguarda una rimozione che continua a perpetuarsi: la particolare omosessualità di PPP, ovvero la sua attrazione per i “ragazzi di vita”, per gli adolescenti.
Oggi noi usiamo il termine gay per indicare l’omosessualità, un termine che fino a qualche decennio fa era ancora al bando. Ma Pasolini non era gay, anzi prendeva le distanze dal movimento gay. Basta leggersi il capitolo di Scritti corsari in cui recensisce un libro di due autori francesi dedicato all’amore omosessuale. Scrive: “Un omosessuale, in genere (nell’enorme maggioranza, almeno nei Paesi mediterranei) ama, e vuol far l’amore con un eterosessuale disposto a una esperienza omosessuale, ma la cui eterosessualità non sia posta minimamente in discussione. Egli deve essere maschio”. Ci sono le testimonianze di persone a lui vicine come Alberto Arbasino. Senza peli sulla lingua e ironico, a una domanda che gli feci anni fa sulla frequentazione dei “ragazzi di vita”, rispose: “Sì. Era pedofilia, ma era anche un termine che allora non esisteva. Non c’era. Si tratta di un termine usato dopo” (https://www.doppiozero.com/arbasino-parla- di-pasolini). In quella intervista dice altre cose in dettaglio. L’omosessualità oggi non fa più un problema per nessuno o quasi — l’omofobia esiste ovviamente — , ma il tema della pedofilia è ancora un tabù e associarla con una icona come PPP è per le persone di sinistra forse troppo. Se ne parla per il mondo greco, ma quella è storia lontana, da grecisti.
La sinistra ha un rifiuto, e non certo la destra, che PPP vivo parlava di lui come pederasta e lo metteva all’indice per questo — anche se oggi se ne vuole appropriare come critico dell’antifascismo. L’Enciclopedia Treccani spiega che il significato originario del termine pederasta indicava il “rapporto sessuale di un adulto con un adolescente”. Questo è lo scandalo, e come tale produce rimozione. Si può accettare che una icona come PPP sia stato ucciso nella situazione di un previsto rapporto sessuale con un ragazzo di 17 anni? Ne aveva parlato lo stesso PPP nella lettera aperta a Italo Calvino: sono come il dottor Jekyll e mister Hyde. Il tema, come ho scritto in Pasolini e il suo doppio (Guanda) è questo: le intuizioni di PPP sulla mutazione antropologica, sulla morte delle lucciole, sul consumismo, e tutto il resto scritto in Scritti corsari e Lettere luterane , gli derivava proprio dal suo amore per i ragazzi; la sua etica si fonda su una estetica: la passione erotica per i ragazzi. Il mondo dei sottoproletari era scomparso, o come dice in modo brusco, ma esatto, Arbasino: “I ragazzi non lo davano più, se non a pagamento. Scompare l’Eden trovato a Roma. Pasolini aveva ragione parlando di omologazione”. Del suo omicidio ne ha scritto in modo efficace suo cugino Nico Naldini inBreve vita di Pasolini (Guanda); un modo pudico ed esatto, tre pagine che pochi hanno letto, ma che trasmettono tutto il suo dolore e insieme la consapevolezza di cosa significa essere un pederasta come PPP. Poi c’è Gianfranco Contini, il maggior critico letterario del secondo Novecento, suo scopritore come poeta nel 1942, in un testo in morte di PPP: «So bene che questo atrocissimo fait divers, a parte i pubblici clamori, sono state tentate generose ricostruzioni criminologiche, nell’ansia di esorcizzare razionalmente l’assurdo. Qualunque siano le risposte della criminologia, qui credo che meno riduttiva debba riuscire la teodicea. Certo, le metafore che mi soccorrono sono al confronto troppo pulite e consolanti. (…) non posso enunciarla che col distico decisivo “sulla deserta cultrice/ accanto a lui posò”, se non riflettessi che invece del letto dell’esilio sta una turpe brughiera suburbana gremita di sozzi relitti».
Non sappiamo chi ha ucciso PPP, ma con lui quella notte c’era di sicuro un ragazzo di vita. La pedofilia di PPP è lo scandalo di uno scandalo.