La Stampa, 18 dicembre 2022
Alessandra Moretti si divide sul Qatargate
Si dice «scioccata» per quella che definisce «una vicenda vergognosa». E ribadisce la sua totale estraneità all’inchiesta sul Qatargate, assicurando di non aver mai temuto per un giorno di essere sulla lista degli indagati e di non aver mai nemmeno ricevuto pressioni. Alessandra Moretti sta vivendo giornate a dir poco complicate e tutto è iniziato nel momento in cui gli inquirenti hanno messo i sigilli all’ufficio di una sua assistente. Il motivo? Nella scorsa legislatura aveva lavorato per Antonio Panzeri. L’eurodeputata del Pd respinge ogni sospetto e assicura che le sue due visite a Doha sono avvenute nell’ambito di «missioni ufficiali».
Onorevole, qual è il suo stato d’animo alla luce di tutto ciò che è successo?
«Io e i miei colleghi siamo rimasti scioccati da questa vicenda vergognosa. Ora è il tempo di reagire dimostrando che il marcio che c’è va identificato e marginalizzato per non coinvolgere il buon lavoro dei più. Ad esempio utilizzando questa legislatura per mettere a punto regole più stringenti sulla trasparenza e sul rapporto tra deputati e lobby».
Ha mai temuto di essere sul registro degli indagati?
«No, mai».
Il suo collega Cozzolino si è autosospeso dal gruppo ed è stato sospeso dal Pd: che clima c’è nella delegazione rispetto alla sua posizione?
«Le persone sono innocenti fino a prova contraria e il beneficio dell’onestà va riconosciuto a tutti. Abbiamo grande fiducia nella magistratura e siamo a disposizione degli inquirenti».
Che rapporto aveva con Panzeri?
«Lo conoscevo da diversi anni come tanti colleghi visto che era stato deputato per tre legislature e aveva ricoperto ruoli di responsabilità. Non sempre condividevo le sue posizioni, così come non avevo condiviso che fosse uscito, insieme ad altri, dal Pd nel 2015».
Le è capitato di ricevere pressioni politiche da lui?
«Mai. Quando lo vedevo, peraltro abbastanza di rado, parlavamo di politica in generale e non di dossier specifici».
Si è mai chiesta se lui possa aver utilizzato la sua assistente per condizionare la sua attività?
«Mai avuto dubbi su questo anche perché, ripeto, io faccio parte principalmente della commissione Ambiente-Salute e Diritti delle donne e seguo dossier distanti da quelli che poi abbiamo capito essere il fulcro della sua attenzione».
Lei però è stata in Qatar: qual era il senso della sua visita?
«Così come mi sono recata due volte con i miei colleghi Pd ai confini tra Bosnia e Croazia per verificare la condizione dei migranti lungo la rotta balcanica, così mi sono recata a Doha in missione ufficiale per eventi patrocinati, tra gli altri, anche dal Parlamento europeo. Sono rimasta per non più di 48 ore. La prima volta per parlare di "hate speech" e diritti delle donne. La seconda per visitare i campi profughi per le donne e i bambini afghani. Tanto è vero che in quella occasione incontrai anche i nostri ambasciatori Prunas e Sandalli per verificare la possibilità di mettere in salvo altre sei persone attraverso i corridoi umanitari allestiti dal governo qatarino. Tutte attività documentate e pubbliche».
Non crede che il governo del Qatar vi abbia mostrato soltanto una parte della situazione?
«In quella occasione, insieme agli altri deputati europei presenti, abbiamo potuto ascoltare anche il punto di vista dell’Organizzazione internazionale del lavoro che ci aveva parlato dei progressi che negli anni erano stati fatti ad esempio sull’abolizione della Kafala».
Ha mai ricevuto offerte strane o proposte poco trasparenti dalle autorità del Qatar?
Lei non è membro della commissione Libe, né sostituto: perché il 1° dicembre era presente alla votazione sulla liberalizzazione dei visti per il Qatar e ha votato a favore?
«Come spesso capita, ci viene richiesto dal segretariato del gruppo S&D di sostituire alcuni colleghi assenti. Io ho partecipato in quell’occasione in quanto membro sostituto e ho seguito la linea espressa dal mio gruppo. Tra l’altro non si votava solo per i visti ma anche per altri dossier».
Alla riunione erano presenti anche Kaili e Tarabella, pur non essendo membri: anche loro sostituivano i loro colleghi?
«Ricordo che ero vicina ai colleghi italiani e non ho notato la presenza di Tarabella e Kaili».
Francesco Giorgi era presente durante la seduta: si è chiesta il perché?
«Ho visto Giorgi, ma non mi sono stupita: era l’assistente del nostro collega che seguiva le risoluzioni e le urgenze sui diritti umani per il gruppo S&D e quindi poteva essere lì anche per altri dossier in discussione».
Il 14 novembre lei era presente durante l’audizione del ministro del Lavoro del Qatar nella sottocommissione Diritti Umani. Nel suo intervento ha detto che «dobbiamo essere duri con il Qatar, ma dobbiamo difenderlo perché sta facendo progressi rispetto agli altri»: è convinta di questo?
«La mia storia e soprattutto i miei voti parlano chiaro anche su questa vicenda. Da sempre mi batto per i diritti delle minoranze. Non avevo per nulla gradito le parole abominevoli dell’ambasciatore del Qatar sugli omosessuali. E così ho chiesto al ministro se non fosse il caso di rimuoverlo dall’incarico. Preciso che, una settimana dopo, sottoscrivevo l’interrogazione del capo delegazione Benifei contro il Qatar e il giorno della votazione sulla risoluzione ho indossato la fascia al braccio in segno di protesta contro le discriminazioni proprio nell’ambito dei Mondiali».