Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  dicembre 18 Domenica calendario

Intervista a Marco Mazzocca

Con Marco Marzocca esistono una, due o tre esistenze in apparenza così lontane, disordinate tra di loro, per nulla convergenti, se non per un fattore: proprio Marco Marzocca.
Deejay per rimorchiare (“non è andata benissimo”), rappresentante di carciofini (“anche qui non è andata benissimo”), quindi farmacista e allo stesso tempo spalla televisiva di Corrado Guzzanti (“al debutto avevo con me gli ansiolitici”), con il passare degli anni ha lasciato pasticche, flaconi e blister sullo scaffale e ha dato sfogo alla sua anima artistica, l’unica che gli ha consentito di diventare grande, non adulto, senza alterare i suoi cromosomi fanciulleschi. “Da ragazzo mi definivano uno ‘sfigato’ perché stavo sempre al computer; eppure sono un pioniere di Internet, ho iniziato a navigare quando ancora non c’erano le figure; ho conosciuto mia moglie in Rete, già nel 1999”.
Lei esperto.
Costruisco da solo i miei computer; (sorride) nel 1997 venne a casa mia una troupe della Rai, a un certo punto gli mostrai il sito dei musei Vaticani, uno dei primi con le immagini a colori, e vidi negli occhi del giornalista lo stupore: “Ma questo è il futuro!”. Ecco, io quel “futuro” già lo vivevo.
Lei da ragazzino.
All’epoca venivo definito “uno sfigato”, adesso va di moda la definizione di “nerd”; (sorride) restavo a casa davanti al computer mentre i miei amici prendevano i motorini e andavano in discoteca a rimorchiare.
Non è l’unico “sfigato” che poi, nella vita, ha invertito la narrazione.
Ci sono pure Lillo e Corrado Guzzanti, entrambi ex sfigati, e tuttora ci frequentiamo. Siamo amici.
I confini dello sfigato.
Non mi interessava il pallone, meglio la letteratura di fantascienza, i supereroi erano, e sono, quasi compagni di vita; quindi videogiochi e ancora videogiochi (e parte un elenco lungo e approfondito di Draghi, Cavalieri, imprese….)
Allora soffriva il suo ruolo?
Per niente, però ogni tanto, per non restare ai margini della quotidianità, fingevo di capirne di pallone: per mettere in piedi la mia recita, mi piazzavo dietro a quelli che ne sapevano, ascoltavo, quindi tornavo al mio gruppetto e mi rivendevo le frasi e i concetti che a orecchio mi sembravano più interessanti.
Il militare lo ha fatto?
(Tono basso) Sì, in Aeronautica nel periodo delle Brigate rosse: montavo sempre la guardia, ma per fortuna ero da un’altra parte quando i brigatisti hanno svaligiato l’armeria (sulla parete del ristorante vede una foto di Proietti). Che meraviglia, Gigi.
Lo conosceva bene.
Un po’ mi vergogno ad ammetterlo, ma quando è morto ho pianto più per lui che per mio padre: mi ha strappato un pezzo di cuore, era un amore di persona; (pausa) io non vengo dalla sua scuola, ero il suo farmacista, ricordo anche la moglie con le figlie piccole.
Lo fermava?
(Stupito) Noooo, aveva una certa presenza, incuteva rispetto; poi l’ho ritrovato sul set di una pubblicità, io insieme a Neri Marcorè: “Che stai a fa’ qua? Non sei in farmacia?”. “No Gigi, io veramente…”. “Lo so, ti seguo, e mi piace quello che fai”. A momenti svenivo. E da lì è nata un’amicizia; (cambia espressione) lui è nato per portare gioia agli altri, era la sua vocazione: te ne rendevi conto frequentandolo.
Cioè?
Dopo le sue due ore e mezzo di spettacolo andavamo a cena e continuava fino alle quattro del mattino tra racconti e barzellette o magari staccava la chitarra da un muro e intonava un brano in romanesco. Una cosa del genere non l’ho mai vissuta con nessun altro collega.
Le dava consigli di lavoro?
Con lui ho girato tre fiction e ogni volta mi stupivo della sua capacità di ascolto: poteva arrivare la parrucchiera a manifestargli dubbi su una scena e lui a chiederle i perché e i percome con un’umiltà incredibile. Mai visto perdere la pazienza. Mai visto stranirsi (arriva la cameriera, inizia a enunciare i piatti e Marzocca decide subito il suo. Poi ci ripensa) Il mio solito errore: mi lascio travolgere dall’emozione invece di aspettare…
Fanciullesco.
Nel bene e nel male sono un entusiasta; (cambia tono, ma sorride) due volte ho provato ad aprire un ristorante, mia moglie contraria: entrambe le volte è stato un disastro.
L’entusiasmo dove le è servito?
Fondamentale per questo lavoro: sono un autodidatta, ho iniziato giocando con gli amici nell’incoscienza più totale e ho imparato tutto sul campo, come nelle undici stagioni di Distretto di polizia.
La prima scena girata?
Un’ansia a mille, stessa reazione per il debutto in televisione insieme a Corrado Guzzanti su Rai 3: con lui stavo sotto una scrivania e mi esprimevo con versi incomprensibili psiu… psiu… psiu….; sotto quella scrivania avevo di tutto, dagli ansiolitici ai santini.
Guzzanti cosa le consigliava?
A parte che Corrado è più ansioso di me, all’epoca non eravamo amici; per me era solo un idolo.
Come è entrato nel cast del programma?
Grazie a un video casalingo girato con gli amici: lo portai alla trasmissione perché avevo letto su Repubblica che cercavano nuove proposte.
Cosa c’era nel video?
Una serie di parodie e imitazioni, compresa quella di Carlo Verdone (torna la cameriera e lui amplia l’ordine).
Complimenti per l’appetito.
Da farmacista ho anche sostenuto l’esame in Scienze dell’alimentazione e credo molto nel digiuno terapeutico (una dieta dettagliata, complessissima, faticosa anche solo da ascoltare).
Le piaceva stare in farmacia?
Ci sono arrivato tardi, prima ho tentato la strada del deejay, ho studiato da tecnico del suono, mi sono diplomato in elettronica industriale e ho provato pure come rappresentante di carciofini.
Come andava con i carciofini?
Bene, me li magnavo, tanto non riuscivo a venderli.
Il deejay non è da sfigato…
Sbagliato: proprio perché sfigato avevo provato la strada delle discoteche, convinto che bastasse stare dietro ai piatti dei dischi per acquisire fascino e rimorchiare. Macché, niente. (interviene la moglie: “Non è vero, ho conosciuto una sua ex”).
Qual è la verità?
È successo una sola volta è stato un caso, infatti neanche ce credevo.
Insomma, la farmacia.
Ho deciso a 25 anni e mi sono laureato in tempi da record; prima di iscrivermi ho frequentato una scuola paritaria, una da tre anni in uno: i miei compagni di corso erano avanzi di galera e disadattati.
Lei in farmacia.
Il primo giorno di lavoro arriva una signora, mi dà la ricetta e mi chiede un consiglio. Leggo. Vado dietro a consultare il bugiardino. Non capisco bene. E allora interrogo una collega. “Scusa, ma che vuol dire ‘adatta per la stanchezza vaginale’?”. “Cretino è secchezza, non stanchezza”; (ride) io stavo per andare dalla signora a dirle: “Serve per ripartire di slancio quando una esagera”.
È ipocondriaco?
Certo, da sempre. Ho un po’ smesso con il Covid, ora sono più fatalista, mentre prima pensavo al mio funerale e nel mio cervello scattavano i film su come si sarebbe svolto.
Lei che arriva in tv, cosa scopre?
Un gruppo di lavoro eccezionale, quasi perfetto: c’erano Claudio Fois, Saverio Raimondo come stagista, Ale e Franz, Ficarra e Picone, e stavamo insieme, provavamo tutta la puntata e tutti presenti, anche se la parte, come per me, durava appena un paio di minuti.
E continuava con la farmacia?
Sì, per sei anni.
E se la riconoscevano?
Una mattina, una signora, mi indica al figlio: “Lo vedi, lui è il signore che in televisione fa Pisu Pisu”. E poi rivolta a me: “Mi scusi dottore, se non le dispiace, può fare Pisu Pisu al bambino?”; (sorride) in quegli anni sono pure partito per la mia prima tournée con Corrado: il debutto in teatro è stato nel 1996. Ero la sua spalla.
Guzzanti improvvisa?
Pochissimo, è uno meticoloso, studia, per questo raramente sbaglia un colpo. Però quando improvvisa è fenomenale; (ci ripensa) ogni volta che vado in scena ho le mani ghiacciate, la salivazione azzerata e la glottide chiusa, così sono costretto ad andare in giro con una lunga serie di bottigliette d’acqua e di mentine
Corrado Guzzanti.
È diventato il mio migliore amico; all’inizio può sembrare una persona un po’ chiusa, eppure con lui ho passato momenti meravigliosi, divertenti; (abbassa la voce, tra il divertito e il colpevole) ci siamo sfondati di videogiochi, giravamo l’Italia con in valigia la Play Station e la presa scart e l’albergo veniva scelto in base alla televisione maggiormente adatta; (sorride) dopo lo spettacolo era una lotta a due fino alle cinque del mattino.
A cosa giocavate?
Videogiochi di calcio; quando Corrado perde si incazza tantissimo.
Chi è più forte dei due?
A calcio lui, sul resto siamo pari.
La svolta professionale?
Distretto di polizia: lì Pietro Valsecchi e Renato De Maria (produttore e regista) sono stati geniali nel mixare dramma e commedia e dopo di noi altre serie ci sono venute dietro.
Per molti attori Distretto è stata la consacrazione.
Quando è morto il personaggio interpretato da Ricky Memphis, il Messaggero ha titolato: “Roma piange”. Ancora oggi i poliziotti mi fermano e mi chiamano “collega”.
Oltre a Guzzanti, chi l’ha colpita in questi anni?
Gianni Di Gregorio, che persona! In una scena scritta da lui (per il film “Buoni a nulla”) s’incavolava con me e mi mandava a quel paese. La giriamo e all’improvviso si ferma: “Non ci riesco, mi sembra brutto insultarti”. “Gianni, è una scena, non è vero”. “Ma io non ti direi mai vaffanculo”. “Non lo dici a me, ma al personaggio”. E questo scambio è andato avanti per molto.
Morale?
Ha cambiato la scena, non ci è riuscito.
Nella vita di cosa ha paura?
Sono estremamente emotivo, un po’ come tutti gli artisti, ed è semplice cadere in depressione; (cambia tono) la paura è di essere dimenticato, di finire nell’oblio, di non essere più capace sul lavoro, e aggiungo interrogativi sul tempo che passa.
E cosa la sprona?
Proprio il tempo che passa, specialmente dopo aver compiuto sessant’anni; nella mia vita ho sprecato molto tempo; (pausa) mi chieda cosa farei se diventassi miliardario.
Lo sveli.
Un po’ di beneficenza, ma lo dicono tutti, poi mi allenerei per partecipare al campionato mondiale di videogiochi. Non mi interessano gli yacht, le macchine sportive o altre situazioni simili. Vorrei solo un computer clamoroso.
Lei chi è?
Io sono un bambino (e la moglie, con l’occhio complice e comprensivo, annuisce).