Corriere della Sera, 18 dicembre 2022
Racconto della festa di Fratelli d’Italia
Non spinga.
«Ma io la conosco da quando era una ragazzina che veniva in sezione a Colle Oppio con il bomberino…».
Sì, però non spinga.
«Sbaglio, o Giorgia s’è commossa?».
Può darsi, forse, stia calmo.
Bolgia. Eccitazione diffusa. Giochi di luce tricolore. La voce di Mariah Carey che canta, a palla, All I want for Christmas is you. Adesso, però: dettagli certi (la scena iniziale dovreste provare a immaginarla come un lungo e languido piano sequenza che si interrompe, bruscamente, quando il Cavaliere compare sul maxischermo).
Lei – maglione a collo alto e pantalone nero da premier in libera uscita – al centro del tendone di piazza del Popolo che vibra, fuori l’efferato sabato pomeriggio di shopping natalizio romano, tra zampognari e borseggiatrici, qui dentro gli applausi, le grida di evviva, tutti in piedi: quelli che cercano di salire sul carrozzone e quelli che invece l’hanno spinto con lei, in questi primi dieci anni lunghi e faticosi, incerti, testardi, visionari, cominciati con Fratelli d’Italia a sfiorare appena il 2%, più luogo dell’anima destrorso, che partito, e adesso punto di riferimento politico in ascesa, i sondaggi sono inarrestabili e perciò scatenano e giustificano la festa, vera kermesse, tre giorni con lampi di nuovo, puro potere (impressionante il colpo d’occhio sulla batteria di macchine blu parcheggiate all’inizio di via del Corso, le palette sui cruscotti e gli autisti e i portaborse in attesa come pastorelli davanti alla Cometa).
Poi, appunto: ecco Berlusconi (la scaletta prevede, prima che il giornalista di Sky Roberto Inciocchi intervisti la Meloni, un suo saluto registrato e quello – in diretta – di Matteo Salvini).
Berlusconi parte bene. Tonico. Tondo. Ecco ciò che abbiamo fatto, che faremo. Compattezza, complimenti sparsi, Giorgia di qua, Giorgia di là. Dieci minuti, un quarto d’ora. Tanto. Troppo. «Potrei dilungarmi ancora…», dice l’ex premier. Dalla platea parte allora una bordata di «Nooo!». Qualche fischio. Ma lui prosegue imperterrito. I fischi aumentano. Probabile che qualcuno non abbia capito che si tratta di un video; possibile che altri abbiano invece saputo, via web, della polemica ancora calda (all’apertura della campagna elettorale lombarda, poche ore fa, Berlusconi ha detto: «Meritavo un ruolo in questo governo. Alla fine di un comizio sono persino caduto, vivo per miracolo»). La Meloni capisce che la faccenda è già diventata titolo per i siti dei giornali. Meglio non peggiorarla. Si alza: «Oh, fermatevi!». (poi dirà: «Grazie per l’entusiasmo e il calore… Da quando vi ho persi di vista siete diventati un po’ indisciplinati, ragazzi»).
Siccome questo è un partito con un capo: l’ascoltano. Piccola ovazione finale per il Cavaliere e anche per Salvini (che, eccezionalmente, stavolta evita di promettere la costruzione del Ponte sullo Stretto). E siccome Fratelli d’Italia è un partito, non ha solo un capo, ma anche un autentico responsabile dell’organizzazione: Giovanni Donzelli da Firenze, 47 anni, un simpatico martello che controlla pure se il caffè nelle caraffe al buffet della sala stampa è abbastanza caldo, stile vecchio Pci («In effetti vengo da una famiglia di sinistra: quando scoprirono che mi ero iscritto al Fuan, ci rimasero maluccio»).
Il programma è stato denso, pieno di interviste e dibattiti, in un packaging impeccabile che ha mischiato atlantismo e Tolkien, Cristina D’Avena e un’intellettuale come Pietrangelo Buttafuoco, il fantasma di Gramsci e Pupi Avati, la nostalgia per Corrado che a Domenica in ospitava Carmelo Bene e per i campi Hobbit, annunci roventi (Alessandro Giuli, neo presidente del Maxxi: «Da noi, attenti, si aspettano una fioritura di mostre sul futurismo») e annunci minacciosi (Giampiero Rossi, l’uomo Rai: «Va definito un nuovo racconto. Dobbiamo imporre i nostri valori»), un diffuso senso di rivalsa è finito in sghignazzi rabbiosi davanti a un cartonato su cui è scritto: «Candidati anche tu alle primarie della sinistra: occhi di tigre, soldi dal Qatar, stivali di Soumahoro, cane della Cirinnà» (l’ironia della generazione cresciuta ad Atreju – lo storico annuale evento giovanile inventato dalla Meloni – aveva guizzi di ironia molto più sofisticata).
Restano fotografie precise. Con posture precise. Quel modo di camminare e sedersi da ministro. Francesco Lollobrigida e Raffaele Fitto sprigionavano potere in purezza (Fitto proprio quel certo, antico potere curiale di stampo democristiano). Molto riverito anche Adolfo Urso (che, con grande mestiere, s’è incaricato di mettere un po’ le mani avanti, raggelando la platea: «Attenti: ci aspettano venti mesi tremendi»). Purtroppo è stato impossibile ascoltare Gennaro Sangiuliano dal vivo, costipato, e solo collegato in video conferenza. Carlo Nordio – sfortunatamente, diciamo così – è arrivato tardi all’intervista con Marco Travaglio.
Fuori, sotto un leggero nevischio, Fabio Rampelli stringe mani ai militanti (la grammatica della politica). Poi arrivano due vestiti da Giuseppe e Maria, tirandosi dietro un bue e un asinello, seguiti dai Re Magi. Siete di Fratelli d’Italia? «No, semo de Sutri».