la Repubblica, 17 dicembre 2022
La storia di Mostafa, un egiziano di 19 anni morto di freddo a Bolzano
La vergogna, per una volta, non si dimentica in una notte. Nemmeno dopo una settimana. Per evitare che le feste di Natale cancellino anche il ricordo del dramma consumato durante il ponte dell’Immacolata, la Bolzano dell’accoglienza e della solidarietà scende così oggi in piazza. Memoria e proteste sono per Mostafa Abdelaziz Aboulela, 19 anni, studente egiziano, costretto a lasciare casa da solo quando ne aveva 14 per lavorare come imbianchino in Francia e mandare un po’ di soldi alla propria famiglia, braccata dalla fame. Mostafa è arrivato in Alto Adige martedì 6 dicembre, deciso a chiedere asilo prima di ottenere i documenti per cercare di raggiungere uno zio a Innsbruck. Nella notte di due giorni dopo è morto assiderato tra i cartoni sotto cui cercava di sopravvivere, nascosto tra i binari del treno, sotto un cavalcavia nella zona industriale della città più ricca d’Italia. Assieme a Shabaan Alaa, connazionale di 32 anni, ha trascorso anche l’ultimo giorno della sua vita nel tentativo di resistere.
«Faceva freddo – dice l’amico che non è riuscito a salvarlo – e i volontari vicino alla stazione ci hanno mandato alla Caritas. Qui abbiamo ricevuto un pasto caldo, ma i letti per la notte erano esauriti. In attesa di un posto, davanti a Mostafa, c’erano 173 migranti. Ci hanno dato una coperta, abbiamo dovuto andarcene». In città, per il mercatino natalizio, in questi giorni arrivano oltre 500 mila turisti: folla anche in hotel, ristoranti, negozi, saune, strade e piste da sci. Per Mostafa e Shabaan però un rifugio caldo per una notte a 9 gradi sottozero non si è trovato.
I due, per non congelare, hanno girato fino a tardi tra casette e luci del mercatino. Sono rimasti accantoai vapori delle cucine che vendono wurstel e vin brulè. «Per riscaldarci – dice Shabaan – abbiamo provato a camminare fino al mattino. Eravamo sfiniti e dopo mezzanotte, temendo possibili attacchi da bande xenofobe, ci siamo nascosti fuori dal centro, accanto ai binari dei treni». Mostafa tremava dal freddo. Si è steso sul terreno coperto di brina, si è avvolto nella coperta della Caritased è sparito sotto alcuni cartoni estratti da un cassonetto. «Al mattino l’ho chiamato – dice l’amico – non mi ha risposto. L’ho scosso, ho provato ha svegliarlo: niente». Prima dell’alba, senza un lamento, si è assopito ed è morto congelato.
«Questa morte – tuona il vescovo Ivo Muser – deve scuoterci. Non possiamo restare indifferenti e girarci dall’altra. Siamo una capitale del turismo, ma lasciamo morire di freddo un ragazzo solo perché non porta soldi, perché non è previsto dal nostro modello». Immediato il rimpallo di responsabilità tra Comune e Provincia. Il primo denuncia la chiusura dei centri di accoglienza straordinaria. La seconda replica che ogni centro di assistenza a richiedenti asilo, rifugiati e senzatetto è comunque finanziato dall’ente pubblico. «La verità – dice Beatrix Mairhofer, direttrice della Caritas bolzanina – è che fino ad alcune settimane fa fornivamo 130 pasti a sera, ora superiamo i 380. Non abbiamo più letti per aiutare i poveri a resistere all’inverno. La gente protesta perché distribuiamo sacchetti con il cibo: non vuole vedere stranieri che mangiano per strada».
All’origine dell’ennesima tragedia, la ripresa massiccia dei flussi di migranti lungo la rotta balcanica. «A Bolzano – dice il sindaco Renzo Caramaschi – assistiamo 673 senzatetto. Fino all’altro giorno 200 persone hanno dormito all’addiaccio. I centri d’accoglienza devono essere permanenti». Costretto a correre ai ripari il governatore Arno Kompatscher, ostacolato dall’ala conservatrice Svp nonostante l’annuncio della sua auto-ricandidatura alle prossime provinciali: già allestiti, tra Fiera e altre strutture, altri 175 posti-letto al caldo. «Questa morte – dicono i volontari di Bolzano Solidale – chiede però verità e giustizia. Da mesi davamo l’allarme sull’emergenza di centinaia di persone costrette a dormire all’aperto». Mostafa era in Italia anche per aiutare la sorella. «Deve sposarsi – dice il fratello Mohamed Ahmed – le serve il corredo. Lui mandava a lei ogni piccolo risparmio, a costo di digiunare e restare senza una maglia». Non ce l’ha fatta: troppo freddo a Bolzano per un regalo di Natale a un ragazzo fuggito da troppo lontano.