la Repubblica, 17 dicembre 2022
Putin vola da Lukashenko
Quando lo scorso ottobre sembrava che le autorità russe stessero aprendo a negoziati con l’Ucraina, fonti vicine al Cremlino avevano messo in guardia: Vladimir Putin non aveva alcuna intenzione di porre fine alla sua operazione militare speciale, voleva soltanto guadagnare tempo per addestrare i “mobik”, le reclute arruolate grazie alla “mobilitazione parziale” lanciata a settembre, e per racimolare armi ed equipaggiamenti in vista di una nuova “offensiva su larga scala” da lanciare tra febbraio e marzo. Scenario che ora inizia a preoccupare anche Occidente e Ucraina. E che potrebbe vedere ancora una volta il coinvolgimento della Bielorussia che lunedì sarà teatro dell’ottavo vertice del 2022 tra Putin e Lukashenko.
Il primo ad averlo segnalato è stato il segretario generale della Nato: «La Russia sta cercando di congelare il conflitto in modo da riorganizzarsi e poi provare a lanciare un’offensiva più grande la prossima primavera», ha detto Jens Stoltenberg una settimana fa. Ora il generale ucraino Valerii Zaluzhnyi lo ha confermato all’ Economist : «La Russia sta addestrando circa 200mila nuove truppe. Non ho dubbi che tenterà nuovamente di prendere Kiev». Preoccupazione condivisa anche dal ministro della Difesa Oleksij Reznikov citato dal Guardian. Sebbene le affermazioni di Zaluzhnyi e Reznikov possano far parte di un tentativo coordinato di Kiev di mantenere alta la pressione sugli alleati occidentali, gli esperti militari indipendenti concordano su un punto: la fine del conflitto è lontana.
In questo contesto, il viaggio di Putin a Minsk rinfocola i timori dell’apertura di un fronte Nord. I colloqui, ha riferito il Cremlino, verteranno sull’«integrazione» nel quadro dell’Unione Russia-Bielorussa che lega le due ex Repubbliche sovietiche dal 1996. Unione che Putin vorrebbe vedere pienamente attuata a dispetto delle resistenze di Lukashenko, al potere dal 1994. La visita di Putin a Minsk segue peraltro quella del suo ministro della Difesa Sergej Shojgu che portò alla sigla di emendamenti mai divulgati al Trattato dell’Unione sulla «sicurezza regionale», nonché la creazione di una forza militare congiunta sul territorio bielorusso. Nei giorni scorsi, inoltre, Minsk ha condotto un’ispezione a sorpresa delle sue forze per valutarne la prontezza di combattimento. Ciononostante gli analisti, non ultimi gli esperti dell’American Institute for the Study of War, continuano a ritenere improbabile che Minsk partecipi direttamente al conflitto in Ucraina nel prossimo futuro sia perché le sue forze sono troppo esigue per rappresentare una reale minaccia, sia «a causa delle dinamiche interne» di un Paese sopravvissuto a una rivolta soltanto due anni fa. Il vantaggio militare sarebbe minimo a fronte dell’alto rischio di destabilizzazione politica. Anche Konrad Muzyka, analista del Rochan Consulting, invita alla cautela: «L’afflusso di forze russe in Bielorussia è costante, ma sinora non abbiamo visto alcuna indicazione che vengano spostate al confine. Nonostante il clamore su Twitter, le forze russe non sono nelle fasi finali dei preparativi per attaccare l’Ucraina da Nord». La stessa Ucraina pensa che Minsk stia tentando di distogliere la sua attenzione dal fronte Est. Non è escluso però che, in vista della controffensiva del 2023, la Bielorussia possa servire nuovamente da rampa di lancio per le truppe russe come avvenne lo scorso 24 febbraio. Ma al momento non ci sono movimenti di truppe che lo confermino.
La sensazione diffusa è che Mosca si stia preparando ad «allungare il fronte» bombardando Kherson, cercando di sceneggiare movimenti nel Nord, muovendo verso Bakhmut e facendo pressione nel Sud della regione di Donetsk. Mikhail Kofman, esperto militare del Center for Naval Analysis, prefigura tre scenari. Primo, uno scenario “ottimista”: una grande offensiva di Kiev che costringa la Russia a negoziare sulla Crimea. Secondo, uno “status quo dinamico” dove non c’è spazio per i negoziati: non uno stallo, ma un conflitto d’attrito dove il fronte cambia in maniera graduale, ma non abbastanza perché una delle due parti ceda a compromessi. Infine, uno scenario “fatalista ottimista” con l’Ucraina che riesce a riconquistare anche i territori occupati dai russi nel 2014 e Mosca che messa alle strette opta per il nucleare. È il timore che circola da mesi in ambienti Nato e che un membro della Casa Bianca ha ammesso durante un incontro riservato ai parlamentari statunitensi. Come ha detto Kofman, «quest’ultimo è lo scenario che potrebbe portare verso strade che il mondo nonvorrebbe percorrere».