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 2022  dicembre 17 Sabato calendario

Il boom dei lobbisti


È un settore che non conosce crisi, uno dei pochi passati indenni da Covid e crisi economica. Le società di lobbying accrescono il loro peso, si moltiplicano come i loro discreti intermediari che offrono chiavi d’accesso alla politica e alle istituzioni. Una presenza costante, in Italia, che si accentua nei periodi – come l’attuale – in cui in Parlamento vanno in discussione manovre o grandi leggi di spesa. Un dato su tutti: le società che dichiarano di avere i servizi di lobbying e advocacy come attività prevalente, nel 2021 hanno denunciato un fatturato complessivo di oltre 43 milioni di euro. Un aumento dei ricavi pari al 16 per cento rispetto ai 35 milioni del 2020. Ma negli ultimi sei anni il giro di affari è cresciuto di due volte e mezzo.I padroni del settoreSono numeri che testimoniano l’influenza delle lobby, e che per la prima volta sono stati messi in fila in un report prodotto da Open gate,che ha raccolto i dati delle 42 società che hanno depositato i bilanci. L’elenco offre i nomi dei grandi portatori d’interessi: in testa per il terzo anno consecutivo la società Cattaneo&Zanetto, che supera i dieci milioni di euro di fatturato. Seguono FB&associati e Utopia Lab, intorno ai cinque milioni di euro, poi Open Gate Italia, tra le società “storiche” con un trend di crescita annuale. Chi è entrato di recente sul mercato, Dini&Romiti Consulting e Consenso Europa, ha subito fatto registrare un boom, la prima triplicando i ricavi da un anno all’altro, la seconda raddoppiandoli. Superano il milione di euro Nomos centro studi parlamentari, Telos e Consenso Europa. È un pianeta in continuo movimento: due delle principali società Cattaneo Zanetto e Community S.B. – si sono recentemente fuse, dando vita a una holding con un fatturato aggregato di 20 milioni e 300 clienti in portafoglio.I volti delle lobbyDietro queste sigle si celano i nomi dei lobbysti più influenti: la rivista Fortune riporta una classifica di “reputazione” con otto manager in cima: da Alberto Cattaneo, che con Claudia Pomposo e Paolo Zanetto ha fondato l’omonima società nel 2005, a Gianluca Comin, che con Elena Di Giovanni ha invece fatto nascere nel 2014 la “Comin&partners”. Tre donne ai vertici della lista dei lobbisti più attivi: Laura Rovizzi (Opengate), Giuliana Paoletti (Image building) e Mariella Palazzolo (Telos). Ma altre figure femminili sono in prima fila: come quella di Paola Perrotti, ad di Fb&associati.Il miraggio della trasparenzaSono le prime firme di un settore che sconta da anni un profondo gapdi trasparenza, per anni dominato da faccendieri finiti nei guai con la giustizia come Luigi Bisignani, di “sottobraccisti” (termine coniato in Parlamento per indicare chi porta sotto braccio le pratiche) che sono proliferati anche per l’assenza di una regolamentazione specifica: dal 1954 sono state presentate oltre 90 proposte di iniziativa parlamentare o governativa. Mai arrivate a essere leggi dello Stato. L’ultima in ordine di tempo è stata approvata a Montecitorio – con la sola astensione di Fdi – ma si è arenata al Senato per la caduta del governo Draghi e il conseguente scioglimento delle Camere. Nel 2016 Montecitorio ha regolato formalmente la presenza nelle proprie sedi di rappresentanti di interessi con finalità di pubblicità e trasparenza. Dal 2017 esiste un registro dei rappresentanti delle lobby. Il Senato è fermo a un semplice Codice di condotta per gli eletti. La responsabilità di questo stato di cose, dicono gli esperti, è a metà fra politica e portatori d’interessi, con l’ipoteca di una opinione pubblica che – non senza ragione – negli anni ha consolidato l’idea di un mondo opaco e caratterizzato da interessi illeciti. Non mancano, anche oggi, iniziative parlamentari che tendono a mettere ordine nella ragnatela delle lobby, come quella di Francesco Silvestri, esponente dei 5S. Ma l’Italia rimane indietro rispetto all’Unione europea, che disciplina in modo severo le lobby (ma nulla può evidentemente su fenomeni di corruzione di parlamentari o ex come quelli che emergono dal Qatargate). Ma le ombre non si sono dissolte.