il Giornale, 16 dicembre 2022
Osho ride dell’Italia intera senza far sconti a nessuno
Il diario 2021-2022 di Federico Palmaroli, l’inventore della pagina Le frasi di Osho, è la migliore descrizione dell’ultimo anno abbondante. Come dice coso (Rizzoli, pagg. 192, euro 16) fa sbellicare dalle risate ma è anche, purtroppo, la descrizione esatta di cosa significhi essere italiani. Così retorici da essere ridicoli. Così pasticcioni da essere ridicoli. Così ipocriti da essere ridicoli. Così incompetenti da... avete capito. Inutile prendere sul serio un Paese dove nulla è serio. Non è serio il governo, non è seria l’opposizione, non sono serie neppure le cariche più alte dello Stato e dello Stato della Chiesa. Fa molto ridere, ed è anche molto dolorosa, la gestione isterica della pandemia proprio da parte di chi avrebbe dovuto mantenere la calma. Fa molto ridere, ed è anche molto dolorosa, l’ascesa e la caduta di autentici miracolati da dio che finiscono con l’occupare poltrone ministeriali di importanza cruciale. Fanno ridere Zelensky e Putin, eppure sappiamo quale tragico momento l’Europa stia vivendo.
Fa ridere Draghi, con quella serietà esibita e riverita da legioni di giornalisti-zerbino. Fa ridere Giuseppe Conte, a capo di una Armata Brancaleone da 5 stelle. Fa ridere l’intero centrodestra, con le sue alleanze sempre a rischio. Fa ridere l’intero centrosinistra, ma in particolare fa ridere Enrico Letta, l’uomo sbagliato al posto sbagliato, fischiato nelle piazze, «bullizzato» dagli alleati (?) pentastellati. Fanno ridere i cinghiali di Roma, i riti stanchi della monarchia britannica, la separazione di Totti e Ilary, gli sfondoni di Joe Biden.
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Più si ride, più si stringe il nostro cappio al collo. Moriremo dalle risate? Pare di sì, come testimonia la colta epigrafe scelta da Palmaroli, l’Aldo Palazzeschi del Controdolore: «Bisogna abituarsi a ridere di tutto quello di cui abitualmente si piange (...) L’uomo non può essere considerato seriamente che quando ride (...) Quello che si dice il dolore umano non è che il corpo caldo e intenso della gioia ricoperto di una gelatina di fredde lacrime. Scortecciate e troverete la felicità».
Intanto, possiamo osservare che l’esistenza di Federico Palmaroli, e delle sue Frasi di Osho, sono la prova del fatto che sia possibile fare satira in modo indipendente. È questo l’unico modo di fare satira: se gli sbeffeggiamenti vanno solo in una direzione, dalla satira si passa rapidamente alla propaganda. In questo modo, all’ombra di un partito, è più facile passare all’incasso. Inoltre Palmaroli è nato sul web, lavora con l’immagine fotografica, e punta sulla viralità dei suoi contenuti: insomma, è pienamente contemporaneo.
Avrà comunque capito che l’indipendenza si paga di tasca propria. Prendiamo Gaio Fratini, che era un vero scrittore satirico: finì con la legge Bacchelli. Lui, che era stato l’anima del Caffè di Giambattista Vicari, la longa manus di Livio Garzanti a Roma, l’amico e consigliere di altri assi dimenticati, come il grande Antonio Delfini. Fratini compilò un’antologia di epigrammi satirici, La rivolta delle muse. Epigrammi d’Italia (Vallardi, 1994). Vista la data? Un attimo prima della trasformazione definitiva del comico in tribuno della plebe in funzione politica di contrasto al centrodestra, una stagione umiliante per la satira, con gli artisti (o sedicenti tali) ridotti a camerieri del potere mediatico e culturale, fortemente sbilanciato a sinistra. Volete un epigramma di Fratini? Eccolo: «Al sommo derby della Nostalgia/ il Predappio sul campo del Salò/ Invitati speciali Bocca e Fo». Con versi così si finisce all’ospizio dei poveri, alla lunga.
Comunque oggi il cretino è pieno di idee, come chioserebbe Ennio Flaiano. Quindi il cretino satirico si specializza nel combattere battaglie che, alla fine, sono sempre quelle del politicamente corretto. Si mette sempre dalla parte dei «buoni», facendo finta di essere scomodo. In tv e sui giornali dominano i comici della trasgressione consentita, i battutisti di regime, i rivoluzionari con la pensione, gli indignati un tanto al chilo d’oro, i moralisti della domenica, gli eterni perseguitati da nessuno, i giullari fedeli alla linea, i censurati immaginari, i contestatori del libero mercato con il codice a barre stampato in fronte, i fustigatori di indifesi o indifendibili, insomma gente che racconta mediocri barzellette a senso (politico) unico. Fanno penose imitazioni dei leader di partito, disegnano vignette verbose e vengono intervistati come fossero laureati in scienze politiche. Ovviamente ripetono le solite banalità: la destra vince perché il popolo è ignorante, il fascismo è ormai alle porte, la sinistra non è abbastanza di sinistra e così via.
Palmaroli e pochi altri come lui (Valerio Lundini, Maurizio Milani, giusto per fare un paio di nomi) sono quindi una specie da tutelare.