la Repubblica, 16 dicembre 2022
Intervista a Brad Pitt
Brad Pitt è il re di Babilonia. Nel kolossal di Damien Chazelle,
Babylon,sugli albori e l’esplosione selvaggia di Hollywood a metà dei ruggenti anni Venti è il divo assoluto con i baffetti, Jack Conrad.
Lo incontriamo mentre arriva a un’orgia di proporzioni bibliche, coca, sesso e jazz. Finge di parlare italiano con la futura ex moglie, dispensa da divinità pacche e carezze. «L’idea di Pitt in questo ruolo mi è sembrata molto “meta”, nel modo più bello – spiega Chazelle – Brad rende l’idea di una star della vecchia scuola, ha un fascino infinito». In una scena la collega Margot Robbie, con la scusa di improvvisare, l’ha baciato: «Quando mi ricapitava l’occasione?», ha ammesso candidamente. E solo Brad, sottolinea Chazelle, poteva «infondere al personaggio umanità, vulnerabilità, insicurezza». Babylon,candidato a cinque Golden Globe, arriva in sala il 19 gennaio con Eagle. Incontriamo il divo, 58 anni, maglione arancione e sorriso aperto, via Zoom.
Perché ha scelto questo film?
«Volevo lavorare con Chazelle fin da
Whiplash, folgorato dalla sua energia cinetica, dalla freschezza.
Adoro misurarmi con autori giovani, abbracciarne il coraggio, l’originalità, l’ambizione. Babylon è un racconto corale di personaggi che puntano a far parte di qualcosa più grande di loro. Il mio Jack Conrad è il massimo divo del momento, all’apice del successo, padroneggia la tecnica, crede nel cinema come arte, dice “dobbiamo innovare, ispirare”. Ed è lui a dettare legge, almeno all’inizio».
Tra le star che l’hanno ispirata
per il ruolo c’è Rodolfo Valentino.
«Mi sono basato su vari attori, sulle biografie di John Gilbert e Douglas Fairbanks ma ho visto dei film di Valentino, confesso che non ne avevo capito il fascino prima di averli riscoperti e studiati. I film muti non avevano dialoghi su cui fare affidamento, solo cartelli, quindi le interpretazioni, gli sguardi, hanno uno stile diverso da oggi».
Il suo divo finge di essere italiano, ascolta dischi di opera e canzoni napoletane...
«Ho anche studiato italiano per le prime scene del film, non è stato facilissimo ma l’ho portato a casa».
Ricorda il suo primo incontro con il mondo del cinema?
«Sì, ricordo benissimo quando sono partito dagli Ozarks, i monti delMissouri, a 2.200 miglia di distanza da Hollywood. Ho guidato la mia auto scassata fino a Los Angeles. C’è stato un periodo di vera, fottuta, solitudine. Ho preso un giornale e mi sono detto che potevo iniziare a fare qualche lavoretto, la settimana successiva già facevo cento mestieri. Ma il momento di meraviglia assoluta è stato la prima volta in cui sono entrato in uno studio cinematografico, con la mia auto. Ero cresciuto amando i film senza avere alcun accesso al mondo dello spettacolo: entrare in uno studio doveva si faceva cinema mi ha dato un grande senso di orgoglio, sapendo da dove arrivavo».
Nel film la giornalista di gossip Elinor St. John, interpretata da Jean Smart, spiega a Conrad che la sua carriera è finita, che non potràfarci nulla e che è fortunato a essere immortalato da film che potranno essere riscoperti dai giovani. Lei ha attraversato alti e bassi nella sua carriera. Ha avuto mai avuto paura di essere dimenticato?
«No. Penso che la gioia di tutto questo mestiere sia la creazione, la narrazione, il senso di scoperta che hai quando sei sul set. Credo che valga per tutti noi attori. E che tutte le altre cose siano solo un sottoprodotto, che può offuscare le cose o anche, talvolta, portarti opportunità. Quindi ci sono cose positive e poi c’è la negatività, che è il nemico vero di tutti».
Spielberg, Mendes, Chazelle: gli autori quest’anno omaggiano il cinema. Crede nella salvezza del grande schermo?
«Credo che questo film, che è a volte divertente e sexy, così immenso ed epico, meriti di essere salvato.
Chazelle lo chiama una dichiarazione d’amore alla regia, al cinema. È un “vai a quel paese” a Hollywood come business e una lettera d’amore al cinema stesso.
Penso che sia una sensazione giusta e presente nella maggior parte di noi».
Il suo rapporto con le piattaforme?
«L’esperienza dello streaming è diversa da quella cinematografica, entrambe servono alla narrazione.
Ma siamo entusiasti diBabylon, che senza dubbio appartiene al grande schermo. Quello che Chazelle riesce a ottenere in ogni inquadratura è straordinario: solo l’immagine del poster racchiude, senza effetti digitali, i primi 30 minuti di film.
Non perdetevi l’esperienza».