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 2022  dicembre 16 Venerdì calendario

Tutti i Vaschi d’Italia

Vasco Rossi è unico, ma l’Italia pullula di Vaschi. Al plurale. Uomini che fanno Vasco, a vario titolo: imitatori, sosia, fan passati dall’idolatria all’emulazione, cantanti di cover band che conoscono il suo repertorio a menadito. Non usurpatori, né macchiette, ma tributi umani, viventi e consapevoli, a un uomo che per loro non è solo un grande interprete o un vip, ma molto di più.
«Vasco è il nostro Elvis», sintetizza Ray Banhoff, insegnante e fotografo, autore del libro Vasco dentro (Crowdbooks). Nessuno conosce i Vaschi meglio di lui, che tra 2016 e 2019 ha girato l’Italia per ritrarli. «Ho iniziato con i cantanti delle cover band – racconta – poi ho incontrato anche persone che si vestono come Vasco ai concerti o nel quotidiano. Per alcuni è un lavoro, per tutti è un’ancora di salvezza se non una missione. Loro vivono nei suoi testi, sono i suoi apostoli». Se i Vaschi – per professione o per hobby – sono così numerosi è merito della musica. Ma non solo. «Agli esordi Vasco veniva snobbato», ricorda Banhoff, «c’era chi lo considerava un modello negativo. Ma lui ha continuato a raccontare emozioni a modo suo e ha conquistato tutti, tanto che oggi è un’istituzione. E, riscattandosi, ha riscattato anche i diversi come lui, quelli che, molto prima dei musicologi, hanno saputo vedere l’uomo saggio dietro l’aspetto un po’ sconvolto del Vasco delle origini».
Saverio Amato, 53 anni, è uno di loro. Lui ha scoperto Vasco a 12 anni, quando l’ha sentito cantare Vado al massimo a Sanremo, nel 1982. «Ce l’ho scolpito nella memoria. Ho capito subito che la sua musica sarebbe stata la colonna sonora della mia vita», racconta. Amato si definisce «trasformista»: fa l’imitatore, sul palco veste i panni di vari personaggi della musica italiana. «Vasco, però, è il mio preferito: con lui mi identifico totalmente – confessa —. Per me, è la più grande rockstar del mondo. Un artista puro, ma anche uno in cui ci si può rispecchiare, come un fratello maggiore».
Anche Pasquale «Pass» Milella ha scoperto Vasco all’inizio degli Anni 80 e non lo ha più abbandonato. «Sono cresciuto con la sua musica – racconta – è una droga positiva, di quelle che non fanno male». Napoletano di origine ma vicentino d’adozione, Pass ha 54 anni e da 23 ha una band – Sensazioni Forti, basata in Veneto – con cui porta la musica del suo mito in giro per l’Italia. «Nel 2002 ho smesso di lavorare in fabbrica e la band è diventata il mio lavoro principale. Nonostante le difficoltà, non mi sono mai pentito». Quello che prova per il cantautore che interpreta si può riassumere in una parola: gratitudine. «I suoi brani sono fulmini che aprono l’anima. Mi hanno indirizzato su quello che volevo, che non è tanto interpretare Vasco, ma essere una persona migliore».
Vasco Rossi (l’originale) alla conferenza stampa di presentazione di «Siamo qui», nell’ottobre 2021
Per Adelino Alfieri, classe 1947, ex arredatore di alberghi ora in pensione, spiegare la sua passione per Vasco è impossibile: «È come il calcio: ognuno ha la sua squadra del cuore e non sa dire perché. Io ascolto anche altri cantanti, ma Vasco ce l’ho nel sangue. E la somiglianza mi dà la carica». In effetti, guardandolo si capisce subito perché porta – con orgoglio – il soprannome di «AdeVasco»: gli somiglia, e parecchio. «Me l’hanno fatto notare gli altri – racconta – una sera, da giovane, ero in discoteca con occhiali e berretto e ho sentito una persona esclamare: “C’è Vasco!”. Da lì ho iniziato a guardarmi con occhi diversi». E, ben presto, si è messo a imitare i cambi di look del Blasco: «Avevo i capelli lunghi, come lui, ora ho il pizzetto, come lui. Mi sono appena procurato degli occhiali uguali ai suoi». Non si esibisce, né come sosia, né in una cover band. Porta Vasco addosso, e basta. È contento quando, in uno dei bar della sua Este, gli scrivono «Vasco» sul cappuccino. E ricorda con orgoglio quella volta che, in tribuna a San Siro, tutti si alzarono vedendolo arrivare. Ma il suo, più che ego, è spirito di comunità. «Quando posso vado a Zocca, dove ci ritroviamo tutti noi fan. Ho tanti amici, tra loro. Amici veri».
Come Roberto Costanzini, 68 anni, modenese: anche lui è quasi identico a Vasco. «Somigliargli mi piace – chiarisce – ma non in modo narcisistico. Per me non è solo una questione estetica, ma anche condivisione di valori. Vasco – prosegue – è sempre stato un paladino della libertà, della tolleranza, dei diritti dell’uomo e della donna, e questa è una delle cose che più me lo fa apprezzare». Neanche Costanzini ha fatto della sua somiglianza con Vasco una professione. Cercare e perfezionare abiti e accessori per renderli identici ai suoi, per lui, è un hobby. Ora che è in pensione, vi può dedicare più tempo. «Lavoravo nel ramo grafico e pubblicitario, prima come dipendente, poi come imprenditore – racconta – all’inizio, sul lavoro, mi vestivo in giacca e cravatta, credevo fosse consono al mio ruolo, poi mi son detto: sono stanco, voglio apparire come sono». Il rapporto di Costantini con Vasco è viscerale: «Nella sua musica – spiega – io mi sono riconosciuto. Ti tira fuori cose che non sapevi neanche di avere, come il coraggio».
Per Simone “Red” Corbetta, 47 anni, di professione fuochista manutentore meccanico, tutto è iniziato con una scommessa. «Avevo 16 anni – ricorda – ero al karaoke e mi sfidarono a cantare Una canzone per te». Fu la prima volta che si esibì, ma non l’ultima: ha continuato, prima come solista, poi con la band Red Vasco Revolution, incentrata sui brani degli Anni 90. «Mi reputo un piccolo artista – dice – mi piace imitare personaggi come Vasco, ma anche Celentano, Cutugno...». Negli anni, ha fatto appassionare a Vasco anche la moglie Giulia: «Quando ci siamo conosciuti sapeva due canzoni, ora è una fan sfegatata: andando in viaggio di nozze siamo anche passati da Zocca e Vasco in persona ci ha fatto gli auguri!». Cantare, per lui, era più un divertimento che un secondo lavoro. «Con i compensi delle serate si cercava giusto di rientrare dalle spese», spiega. Nel 2021, dopo 16 anni, la Red Vasco Revolution ha sospeso l’attività, «un po’ per il Covid, un po’ per problemi interni. Ma nel 2023 vorrei ripartire – dice – anche se, non so bene perché, mi sono tagliato i capelli... Ma non importa: mica canto con i capelli. Quello che conta è sentire Vasco dentro».