Corriere della Sera, 16 dicembre 2022
I russi tornano alle olimpiadi
La Russia «torni alle Olimpiadi». L’obiettivo del Cio è avere gli atleti già per Parigi 2024. Zelensky duro: «Idea sconvolgente». E la guerra «non si fermerà neanche a Natale».
Un gesto politico fortissimo e molto discutibile: riammettere gli atleti russi – in un primo tempo squalificati per lo scandalo doping del laboratorio colabrodo dei Giochi invernali di Sochi 2014, poi riammessi in quota contingentata sotto bandiera neutra e dal 24 febbraio scorso banditi (insieme ai bielorussi) a causa della guerra dichiarata dalla Russia all’Ucraina – al consesso dello sport internazionale. È la moral suasion che il presidente del Comitato olimpico internazionale, Thomas Bach, sta esercitando sulle Federazioni. Obiettivo: riavere già alle prossime Olimpiadi (Parigi 2024, estiva, e Milano-Cortina 2026, invernale) gli atleti dell’amico Putin ai nastri di partenza.
A Volodymyr Zelensky l’apertura paventata dal grande capo dello sport planetario non è andata giù: «Voglio ricordare che nel conflitto, da quando siamo stati invasi, sono già morti 184 atleti ucraini – ha detto il presidente – e che i russi usano da sempre lo sport come strumento di propaganda. L’idea che Russia e Bielorussia possano tornare a gareggiare a livello internazionale mi sconvolge. L’unica risposta seria a uno Stato terroristico consiste nel suo completo isolamento anche nel contesto sportivo».
In coda a un Comitato esecutivo lunghissimo (a cui era stato invitato tra le polemiche anche il capo dello sport olimpico russo Stanislav Pozdnyakov), a inizio dicembre Bach aveva dichiarato che «se le sanzioni restano fuori discussione, rimane il fatto che la questione della partecipazione degli atleti è diversa da quella delle punizioni alle Nazioni a cui appartengono. Ciò che non abbiamo mai voluto fare è proibire agli atleti di gareggiare solo a causa del loro passaporto. Dobbiamo superare questo dilemma e tornare ai meriti sportivi, non all’ingerenza politica». Nella stessa occasione, Bach aveva anche aspramente criticato la decisione degli organizzatori di Wimbledon e del governo britannico di bandire dal torneo i tennisti russi e bielorussi, definendola «contraria allo spirito olimpico».
La telefonata tra i due presidenti, ieri, non è servita a chiarire le incomprensioni: Zelensky è rimasto sulle sue posizioni («Il bando deve valere anche per gli atleti»), mentre Bach gli ha ricordato la risoluzione dell’Onu sulla natura «unificante e conciliativa» dello sport ma anche, meno poeticamente, i 7,5 milioni di dollari donati dal Cio al Comitato olimpico ucraino perché i suoi atleti «possano presentarsi nelle migliori condizioni possibili ai prossimi Giochi». Le parole di Bach hanno provocato l’immediata reazione del ministro dello sport e presidente del Comitato olimpico ucraino: «Faremo tutto quello che è nelle nostre possibilità per non avere russi e bielorussi in gara – aveva spiegato Vadym Guttsait – e per non vedere issate le loro bandiere sul pennone fino a quando la guerra non sarà finita». Bach ha invece trovato un alleato nel presidente francese Macron che, a 589 giorni dall’Olimpiade in casa sua, ha detto di volere Giochi «aperti a tutte le nazioni, nello spirito olimpico, incluse quelle in guerra».