Paolo Bracalini per “il Giornale”, 16 dicembre 2022
L’EUROPA E’ IL PASCOLO DI LOBBY E ONG: CE NE SONO 3500 ACCREDITATE - LE NORME AVVANTAGGIANO CHI VUOLE UTILIZZARE LE ONG E FINANZIARLE PER ATTIVITÀ DI PRESSIONE POLITICA, MAGARI DA PAESI EXTRAEUROPEI, MANTENENDO LA PRIVACY. A DIFFERENZA DELLE ASSOCIAZIONI CHE RAPPRESENTANO INTERESSI INDUSTRIALI, LE ONG HANNO MENO OBBLIGHI DI TRASPARENZA FINANZIARIA RISPETTO ALLA PROVENIENZA DEI FONDI E DELLE DONAZIONI CHE RICEVONO - UN VERO ASSIST PER QUEI FINANZIATORI CHE VOGLIONO INFLUENZARE LE DECISIONI POLITICA SENZA AVERE PUBBLICITÀ… -
«Le ong? Servono a far girare i soldi» confessa Francesco Giorgi, l'assistente-faccendiere che smistava le mazzette insieme alla compagna Eva Kaili, ex vicepresidente del Parlamento Ue. In effetti si vuol fare affari a Bruxelles aprire una ong è la via più semplice. Ci si dà un'immagine nobile, ci si ammanta di intenti umanitari, si sceglie un bel nome impegnato, e poi si fa un po' quel che si vuole sfruttando l'accredito nei palazzi del potere europeo e le facilitazioni che ne conseguono. Infatti la capitale della Ue pullula di organizzazioni non governative, un vero esercito.
C'è un numero preciso perché la Commissione Ue ha previsto un registro per la Trasparenza, una banca dati che registra tutti i gruppi e le organizzazioni «che cercano di influenzare l'elaborazione o l'attuazione delle sue politiche e della sua legislazione». Le lobby dunque, e fra queste anche le ong. Nella categoria «Organizzazioni, piattaforme e reti non governative e altre organizzazioni analoghe» il registro conta la bellezza di 3488 associazioni accreditate.
Tra queste ci sono i colossi della solidarietà, da Amnesty a Save The Children, e poi una miriade di organizzazioni che si occupano di tutto, dai diritti umani a quelli degli animali, dal cambiamento climatico alle questioni legate alla giustizia, come «Non c'è pace senza giustizia» di Emma Bonino, diretta da Niccolò Figà-Talamanca, indagato nell'inchiesta belga sul Qatargate. E poi appunto la ong Fight Impunity dell'ex parlamentare Pd e Articolo Uno, Antonio Panzeri, anche quella depennata dal Registro dopo lo scoppio dello scandalo.
Le norme avvantaggiano chi vuole utilizzare le ong e finanziarle per attività di pressione politica, magari da paesi extraeuropei, mantenendo la privacy. A differenza delle associazioni che rappresentano interessi industriali, le ong hanno infatti meno obblighi di trasparenza finanziaria rispetto alla provenienza dei fondi e delle donazioni che ricevono.
Un vero assist per quei finanziatori che vogliono influenzare le decisioni politica senza avere pubblicità. «Le ong sono soggette alle stesse regole dei normali lobbisti aziendali. Ma mentre per un lobbista d'affari sarà difficile nascondere le proprie origini e i propri interessi, la creazione di una ong per rappresentare interessi d'affari o di un Paese straniero, può permettere di nascondere le proprie origini. L'attuale registro fa poco per rimediare a questa situazione.
I casi di gruppi di facciata, non vengono mai scoperti dai funzionari che gestiscono il registro, a quanto ricordo», spiega a Vita Kenneth Haar, ricercatore di Corporate Europe Observatory, un gruppo di ricerca sull'attività di lobbying in Ue. Ricorda bene, in effetti il Registro per la trasparenza ha solo 9 dipendenti, a fronte di migliaia di associazioni da controllare, in via puramente teorica. Un sistema opaco, perfetto per «far girare i soldi». L'inchiesta sulle mazzette del Qatar ha messo in evidenza il ruolo che possono giocare le ong in questi processi corruttivi. La Lega ha presentato degli emendamenti alla risoluzione sul Qatargate, per introdurre una revisione più stringente delle norme sulle ong. Ma non è passata per il veto della sinistra.
E sul ruolo delle ong è intervenuto anche il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, impegnato a contrastare le navi ong che fanno da «taxi dei migranti». «Il sospetto che talune formazioni siano ispirate a creare un meccanismo di condizionamento non lo dico io ma studi di anni fa. Siamo molto attenti perché non mi stupirebbe se il condizionamento politico di queste Ong fosse un anello di una catena più grande».