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 2022  dicembre 15 Giovedì calendario

Intervista a Sonia Failero

Due ragazze indiane impiccate a un albero.
Amiche inseparabili in un villaggio dell’Uttar Pradesh, in India. Per capire come si sia arrivati a quest’orrore, la scrittrice Sonia Faleiro ha intervistato più di cento persone, leggendosi tremila pagine di documenti investigativi, svelando una responsabilità collettiva e sistemica nel peggior contesto di femminicidio al mondo. La incontriamo alla libreria Todo Modo di Firenze dov’è venuta a presentare il suoLe brave ragazze (Neri Pozza).
Questo libro fa riflettere su mezze verità e fake news. Crede ancora che la cronaca possa apportare un cambiamento nella società?
«Anni fa scrissi Beautiful Thing, libro ispirato alla chiusura dei dance bar di Bombay. Ero furiosa dell’impatto che una legge arbitraria aveva su migliaia di donne. Vedevo quanto rapidamente le notizie svanivano dall’immaginario nazionale. Avrei scritto un resoconto di quell’epoca. Quando poi un tribunale citò il libro tra le motivazioni per cui il bando ai dance bar fu annullato, fu solo un bonus per me. Il mio mestiere è di fare ilresoconto di un’epoca e di persone trattate brutalmente dal loro Stato. Poi se ciò innesca un cambiamento, ottimo».
Le statistiche dicono che in India sesso e la violenza vanno spesso assieme. Perché?
«In India, uno stupro non è mai solo uno stupro. C’è la violenza sessuale, ma poi infilano un pezzo di vetro nella vagina della vittima, oppure le tagliano la lingua, le danno fuoco. Non è solo sesso. Quel gesto di crudele violenza non è mai sufficiente. Dev’essere sempre qualcosa di più. Abbiamo questa illimitata capacità per la brutalità perché non siamo mai riusciti a concedere a noi stessi il semplice lusso delle compulsioni. Ciò che contribuisce alla violenza sessuale è la riservatezza che ammanta il sesso, covata in un senso di vergogna che avvolge l’idea di amore. Non devi innamorarti. Non devi voler essere con qualcuno. Siamo così opposti culturalmente all’idea del desiderio perché accogliere l’idea di desiderio vorrebbe dire essere in controllo del nostro destino, capisce? Ma se puoi essere in controllo del tuo destino cosa significa per la famiglia, la comunità e la società? E l’India è una società che storicamente ha insito un forte sistema di sorveglianza».
Nella famiglia stessa…
«Nella famiglia, nel quartiere, nella società che guarda sempre a quello che fanno gli altri,giudicandoli, alienandoli. Ecco perché l’onore diventa una questione di vita o di morte.
Questa resistenza al desiderio esiste perché una persona che può assecondare il proprio desiderio viene considerata come in grado di far prendere alla propria vita la direzione che l’individuo sceglie. Ma la società indiana è contraria al concetto di un individuo in controllo della propria vita: è tutto focalizzato su famiglia e comunità. Ecco perché abbiamo i matrimoni combinati. Tanta frustrazione nasce dal fatto che qualcosa di così normale come il desiderio e l’amore, incontrollabili, devono essere controllati. Ciò genera frustrazioni e aggressioni e infine atti di violenza brutali».
Qual è il ruolo dell’onore in questo contesto? Sembra che in India più sei povero, più sei ossessionato dall’onore.
«Perché appunto non hai controllo di nulla nella vita. Se sei di casta bassa, povero, sempre preso a calci, a volte letteralmente, da gente che sta meglio di te, ti senti impotente. Cosa puoi controllare della tua vita? Il tuo onore, giusto? Puoi controllare le donne e i bambini nella tua famiglia, usando violenza fisica e mentale. Ma chi vive in India sa che l’onore è molto importante anche per la classe media e per quella alta, ugualmente ossessionatidall’idea di far sposare i figli con le “persone giuste”. Alla base della società le implicazioni di questo meccanismo vanno fuori controllo, generando suicidi e omicidi, ma non è detto che l’onore sia solo l’ossessione dei poveri».
Lei dimostra che il killer numero uno non è un misterioso assalitore frustrato nascosto nel buio, ma è dentro la famiglia. In Italia, ad esempio, gli omicidi in famiglia fanno più vittime di tutto il crimine organizzato.
Perché è così difficile affrontare questa realtà?
«La distanza tra amore e odio, amore e rabbia, amore e frustrazione non è molta. L’amore, per i personaggi del mio libro, è centrale. Le figlie erano adorate dai genitori. I genitori hanno giustificato ciò che hanno fatto con l’idea di proteggerle. Si commettono molti gesti sbagliati in nome dell’amore. E bisogna capire che anche se si ama qualcuno non è escluso che gli si possa fare molto male in nome di quell’amore. Ma l’amore non è l’unica emozione che influenza le relazioni. In India, la sopravvivenza è una preoccupazione centrale, e la sopravvivenza è strettamente collegata all’onore. Si tratta di onore, sopravvivenza e amore. Ma la sopravvivenza avrà la meglio su tutto».
Sembra tutto collegato: perdere la reputazione può significare perdere il lavoro e la possibilità di trovarne un altro, facendo collassare l’intera famiglia. Meglio quindi uccidere l’elemento che può causare questo disastro, salvando il resto della famiglia. Per un errore causato dal desiderio, un’intera famiglia potrebbe morire di fame perché la perdita dell’onore può mettere a repentaglio la sopravvivenza. È questo il meccanismo che si innesca nella mentalità dell’assassino: il sacrificio di una persona amata serve a salvare il resto dei familiari?
«Sì, è come una pianta con una foglia secca che rischia di far rinsecchire il resto della pianta. Meglio tagliare la foglia. È un sacrificio rituale, complicato dall’amore e dall’astuzia che subentra su come eliminare l’individuo in questione. Far passare un omicidio per un incidente in cucina o per un suicidio riduce le possibilità di ampliare l’inchiesta e le indagini sulle vere cause. Nel mio caso non ha funzionato».