Corriere della Sera, 15 dicembre 2022
Come funzionava la rete di Panzeri
Strasburgo Funzionava così. «In occasione della Festa Nazionale del Qatar, l’ambasciatore in Belgio e Lussemburgo Khalid Bin Fahad Al Hajri e il capo della delegazione presso l’Unione europea e la Nato Abdulaziz Bin Ahmed Al Malki richiedono la vostra compagnia al ricevimento che si terrà l’8 dicembre a partire dalle 18 presso l’hotel Steinberger Wiltcher di Bruxelles».
La lista degli invitati, oltre cinquanta posti sui 250 previsti, era gestita a proprio piacimento da Antonio Panzeri, che una settimana prima aveva fatto diramare le convocazioni dopo opportuni sondaggi. Alcuni nomi erano stati indicati di default, ex colleghi di gruppo, eurodeputati amici personali. Altri erano frutto di un’attività di esplorazione, chiamiamola così, alla quale il fondatore dell’Organizzazione non governativa Fight Impunity si dedicava con un certo scrupolo. Ai deputati che nel 2024 non si ricandideranno, a quelli che sanno già di non avere alcuna possibilità di essere rieletti, offriva la possibilità di una seconda vita all’interno delle Ong, la sua e quella presieduta dal suo amico Marc Tarabella, che avevano sede negli stessi uffici di Rue Ducale a Bruxelles.
L’ultima volta fu il primo dicembre. Una visita più mirata. Si presentarono insieme, dando appuntamento ad alcuni deputati. Scelti non a caso. Quasi tutti membri della Commissione sui diritti umani in Unione europea (Libe), che poco dopo l’ora di pranzo avrebbero dovuto votare sul libero ingresso, senza bisogno di visti, dei cittadini qatarioti. Si era trattato di un parto sofferto. Quella mattina, Panzeri si limitò a lasciar intravedere offerte di impieghi futuri, ricordando con fare bonario che da lì a poco ci sarebbe stata una votazione importante.
C’era stata maretta nella riunione preparatoria a porte chiuse dei redattori ombra, uno per ogni famiglia politica, che avevano chiesto conto al relatore ufficiale, il verde Erik Marquardt, della disparità di trattamento tra Kuwait e Qatar. Entrambi Paesi dove è in vigore la pena di morte. I negoziati per liberalizzare i visti del primo sono bloccati, quelli del secondo invece procedevano di buona lena verso una conclusione positiva.
L’imbarazzo di Marquardt risultò evidente. C’erano posizioni diverse, aveva detto. C’era chi sosteneva che non si poteva far pagare al Qatar quello che aveva fatto il Kuwait, che durante il soggiorno del vicepresidente Ue, il greco Margaritis Schinas, aveva eseguito sette condanne capitali. Esiste un lungo messaggio WhatsApp, della quale il Corriere ha preso visione, indirizzata solo ad alcuni esponenti dell’Alleanza progressista dei Socialisti e Democratici che facevano parte della commissione Libe, che riassume questa tesi, estremizzandone il contenuto. Termina così: «Il Qatar oggi si presenta come una società dai tratti senz’altro non convenzionali, ma che sulla base dei progressi compiuti anche grazie allo stimolo delle istituzioni europee può essere legittimamente considerata come una democrazia quasi compiuta».
La firma è di Francesco Giorgi, l’assistente storico di Panzeri, «il bastone della mia vecchiaia», come lo chiamava lui, l’uomo che aveva soppiantato ogni altro collaboratore dell’ex sindacalista milanese, che gli dettava la linea. La sua compagna, Eva Kaili, vicepresidente del Parlamento europeo, considerata una creatura politica di Schinas, si presentò a sorpresa alla votazione. Gli altri deputati pensarono che fosse il sostituto di un assente, pratica consentita. Ma il presidente fece notare, e lo disse al microfono, che risultava un socialista in più in aula. Come se su quella delibera fosse necessario imprimere un marchio di appartenenza.
Adesso che sono caduti in disgrazia, non c’è parlamentare della loro ex famiglia socialista che non abbia un ricordo, una conversazione, un messaggio, che prova l’indefessa attività di lobbying fatta da Panzeri e Giorgi, alla luce del sole. È farina dello stesso sacco anche l’ormai famosa mail dell’europarlamentare Andrea Cozzolino inviata lo scorso 24 novembre a tutti i colleghi del gruppo S&D con la quale invitava a votare contro la risoluzione sui diritti umani in Qatar, quella che citava anche la Coppa del Mondo 2006 in Germania come esempio di corruzione.
Il deputato, che ora si è autosospeso dal gruppo, la rivendica come una sua posizione personale. Ma agli atti risultano anche una serie di mail «preparatorie» inviate da Giorgi a Cozzolino, del quale era diventato assistente dopo il ritiro di Panzeri a vita privata. Non era l’unico a riceverle, altri suoi colleghi erano stati messi in copia. A volte, la memoria. Al ricevimento organizzato dal Qatar erano ovviamente presenti sia Panzeri che Giorgi. Poche ore dopo, veniva giù tutto.