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 2022  novembre 02 Mercoledì calendario

Biografia di Anna Wintour

Anna Wintour, nata a Londra il 3 novembre 1949 (73 anni). Giornalista. Specializzata in moda. Direttrice di Vogue America ininterrottamente dal 1988 • «Il monarca assoluto della moda mondiale» (Natalia Aspesi, Rep 25/9/2005) • «Può far sorgere o eclissare un nuovo stilista con un semplice sopracciglio inarcato» (Matteo Persivale, CdS 3/5/2022) • I collaboratori la chiamano «Nuclear Wintour» (gioco di parole con nuclear winter, inverno nucleare) perché è meglio non farla arrabbiare • «Magra, impassibile, vestita in modo impeccabile, porta lo stesso caschetto da quando aveva 14 anni e indossa, anche al chiuso, enormi occhiali da sole neri: “Mi aiutano quando sono un po’ stanca o assonnata” disse una volta, “Sono incredibilmente utili, ti permettono di nascondere cosa stai pensando”» (Post, 3/11/2019). Ogni mattina si sveglia alle 5.30, gioca a tennis per un’ora, si fa fare la messa in piega e arriva in redazione alle otto precise. Partecipa alle riunioni solo per 15 minuti, non ascolta mai le risposte alle proprie domande. Si dice abbia una scrivania senza cassetti su cui non posa mai nemmeno una matita. Si rifiuta di dividere l’ascensore con i sottoposti. Non permette alle sue assistenti di salire sulla sua limousine per andare alle sfilate. Le costringe a procurarle cappuccini bollenti (guai se sono freddi!), beve solo la schiuma, e il resto lo butta via. Ogni anno, il primo lunedì di maggio, organizza la serata di gala del Costume Institute del Metropolitan Museum of Art di New York, «gli Oscar della moda», in cui tutte le celebrità del momento sono invitate a vestirsi secondo un tema scelto da lei. Guadagna due milioni di dollari l’anno, con un budget di 50 mila dollari solo per vestirsi, autista 24 ore su 24, suite al Ritz di Parigi e al Four Season di Milano durante le settimane della moda. Si vocifera che Hillary Clinton, se avesse vinto le elezioni, l’avrebbe nominata ambasciatrice degli Stati Uniti in Gran Bretagna • Nel 2003 una sua ex assistente, tale Lauren Weisen Weisberger, stanca di essere schiavizzata, dette alle stampe il romanzo Il Diavolo veste Prada, in cui la protagonista, Miranda Priestley, sembra incarnare proprio lei. Tradotto in trenta lingue, rimasto per sei mesi nella classifica dei libri più venduti del New York Times. Il film che ne è stato tratto – diretto da David Frankel, Maryl Streep nei panni della direttrice, Anne Hathaway nei panni dell’assistente schiavizzata, Valentino e Giammetti nei panni di se stessi – ha contribuito a renderla ancora più famosa e ad accrescere la sua fama di dispotica tiranna. «È la stronza più potente in un mondo ad alto tasso di stronzaggine» (Daniela Fedi, Giornale 17/5/2013). Lei l’ha presa sportivamente. Si è presentata alla prima del film a New York interamente vestita di Prada e non si è mai curata di smentire l’infinita serie di aneddoti che circolano sul suo conto. Una volta, in una delle rare interviste cui si è sottoposta, le chiesero: «Sono veri i pettegolezzi su di lei?». E lei rispose: «Sì, tutti».
Titoli di testa «Siamo davanti a una persona che usa l’ombra più della luce e la luce come l’ombra. È un comportamento tipico di chi ha potere. Lei è la prima ad averlo adottato nel mondo della moda» (Fedi).
Vita Nata a Londra, nel quartiere di Hampstead. La madre, Eleanor Trego Baker (1917-1995), detta Nonie, americana, figlia di un professore di diritto di Harvard. Il padre, Charles Wintour (1917-1999), inglese, discendente di una schiatta di conti, visconti, baronetti, primi ministri e vescovi della Chiesa d’Inghilterra, è giornalista, direttore dell’Evening Standard • Quattro fratelli. Uno più grande, Gerald, morto in un incidente d’auto quando era piccolo. Tre più piccoli: Patrick, giornalista al Guardian, specializzato in politica estera; James, dipendente del Comune di Londra; e Nora, una carriera nelle ong internazionali. Lei viene chiamata Anna in onore della nonna materna • È una bambina-maschiaccio, senza nessun interesse per i vestiti, ma viene folgorata sulla via di Kings Road dalle minigonne e dai tagli di capelli a caschetto della Swingin’ London. Una ribelle, per di più. In barba ai rigidi canoni del collegio femminile dove la mandavano, ingaggia un braccio di ferro con le insegnanti e si presenta a lezione con gonne sempre più corte. Espulsa. «“Fu mio padre a spingermi nel campo nella moda” […] Aveva 15 anni quando Charles Wintour […] cercando di domarla e spingerla verso un lavoro adeguato, le trovò un posto nella celebre boutique Biba. Fu invece Richard Neville, un fidanzato più grande di lei, a procurarle – era il 1967 – il primo lavoro in un giornale: quell’Oz, bibbia della controcultura, scandaloso per i nudi e che proprio Neville editava» (Anna Lombardi, Rep 3/11/2019). L’esperienza le apre le porte di Harper’s Bazaar. Lavora nella redazione di Londra, poi in quella di New York. Dopo nove mesi viene cacciata per le scelte fotografiche giudicate troppo eccentriche. «Finisce a lavorare da Viva, rivista erotica per “donne adulte”, appena creata dall’editore di Penthouse Bob Guccione, esperienza di cui non ha mai parlato volentieri» (Lombardi). Ad ogni modo, Viva, la rivista per donne adulte, dura poco: nel 1978, è già chiusa. Anna trascorre due anni senza lavorare. Poi, nel 1980, arriva al New York Magazine. «Qui trovò il suo pubblico – donne indipendenti che lavoravano e spendevano i loro soldi –, sperimentò il successo dei personaggi famosi in copertina e si costruì un nome nell’ambiente. Fece un colloquio per Vogue e disse all’allora direttrice Grace Mirabella che quello che voleva era il suo posto. Venne assunta nel 1983, ma come direttrice creativa e iniziò a cambiare il giornale alle spalle di Mirabella; nel 1984 divenne direttrice dell’edizione britannica e ne prese il controllo licenziando buona parte di chi ci lavorava e rimpiazzandola con gente di talento e di suo gradimento» (Post). «I redattori emarginati definiscono il periodo “The Wintour of our discontent” con un colto calembour che rimanda al titolo del libro di John Steinbeck The winter of our discontent ripreso dal monologo del Riccardo III di Shakespeare. Dello stesso avviso è l’intera redazione di House & Garden a New York su cui il ciclone Anna si abbatte nella prima metà dell’ 87. Sotto la sua direzione che dura 10 mesi, il giornale perde abbonati e molti dei tradizionali inserzionisti ma guadagna pagine pubblicitarie dal fashion system. Siamo nel 1988 e finalmente realizza il sogno di tutta la vita: dirigere Vogue Usa. Per il più prestigioso mensile della Condè Nast che ha come motto “Before is in fashion, is in Vogue” (“Prima che sia di moda è su Vogue”) è una svolta epocale. Wintour riporta la rivista ai fasti modaioli di Diane Vreeland, la storica “direttora”. Ma fa anche di più. Mescola abiti a buon mercato con esclusivi pezzi haute couture, utilizza modelle sconosciute mentre nel mondo impazzano le top model, impone luci naturali e ritratti diversi dai soliti primi piani realizzati in studio. Crea uno stile che sorprende tutti: lettori e inserzionisti. Fino ad allora, nessun direttore della Condè Nast si era permesso tanta trasgressione» (Fedi).
Amori Due matrimoni, entrambi finiti male. Primo marito: un David Shaffer, 30 anni più vecchio di lei, psichiatra infantile, «professione perfetta per sostenere il suo ego in continua evoluzione» (Fedi). Ci fece due figli, si dice che lei non abbia rinunciato alle minigonne nemmeno durante la gravidanza (teneva la cerniera tirata giù per non stringere sulla pancia, e copriva tutto con una giacca abbinata). Anna e David rimasero legati anche quando lei diresse Vogue Uk a Londra, la Condè Nast pagava la baby sitter e i frequenti voli della coppia sul Concorde. Per anni lui rimase nell’ombra. Poi, nel 1999, lei «perse la testa, ricambiata, per un affascinante e ricco imprenditore, Shelby Bryan, valutato 30 milioni di dollari, finanziatore del partito democratico, sposato con una psicologa. Colpo di fulmine, passione clandestina, pianti, litigi, scenate, scandalo, poi psichiatra e psicologa, accumunati nelle corna, si sono trovati divorziati» (Aspesi) • Anna e Shelby Bryan si sposarano nel 2004, divorziarono nel 2020.
Figli Due. Charles (n. 1985), detto Charlie, dottore come il padre. Katherine (n. 1987), detta Bee, giornalista (ma non di moda).
Politica Democratica convinta. Ha sostenuto Kerry, Obama, Hillary Clinton e Biden.
Politica/2 «Quella volta che, a una cena, Anna mise Henry Kissinger a sedere di fianco a una p.r. e organizzatrice di feste soprannominata “madre Teresa col perizoma di lustrini”» (Guia Soncini, Linkiesta 20/5/2022).
Politica/3 «Quella volta che Hillary pensò fosse meglio non fare la copertina di Vogue, Anna s’impermalì e scrisse che neanche in Arabia Saudita le donne sono così spaventate dalla frivolezza, mise Barack Obama sulla copertina di Men’s Vogue, e sappiamo come finirono quelle primarie» (Soncini).
Politica/4 «Prima di diventare Presidente, Trump ha partecipato al Met Gala, potrebbe mai riguadagnarsi un invito? Risposta lapidaria. “Mai”» (Carol Hallac, Sta 14/4/2019).
Parigi A Parigi alloggia al Ritz nella suite che fu di Coco Chanel. Tiene ricevimenti nella Hemingway Room dell’hotel e organizza cene per gruppi selezionatissimi al Caviar Kaspia.
Milano A Milano alloggia sempre al Four Season, in pieno quadrilatero. Arriva avvolta da una lunga pelliccia di zibellino, seguita da due valigie Vuitton con sopra l’adesivo "priority". Trova la stessa suite di sempre, stessi camerieri e stesso cuoco, tutti preparatissimi sulle sue esigenze. Lei elargisce grandi mance se è contenta, ma non dice mai grazie. Si sveglia alle 7 e mezz’ora dopo legge i giornali di tutto il mondo, bevendo un cappuccio in accappatoio. Intanto, il parrucchiere Alessandro Lisi del salone Area#56 di Corso Como, le sistema il caschetto biondo e la trucca. Tutto in 45 minuti. Utilizza il più defilato ingresso del garage. Si muove a piedi o in Mercedes-Benz blu S 320. Non sopporta il fumo. Tra una sfilata e l’altra torna in albergo. Mangia in camera, tranne due volte in cui fa uno spuntino al Baretto di Via Senato. Dà udienza nella sala del Caminetto, nel seminterrato. Gioca a tennis all’alba al club «5 pioppi».
Libri «Quella volta in cui una delle sue ex assistenti pubblica Il diavolo veste Prada e Anna commenta “proprio non riesco a ricordarmi chi fosse questa ragazza”» (Soncini).
Film «Tutto ciò che rende la moda divertente, affascinante e interessante è meraviglioso per il nostro settore. Quindi, ero al 100% favorevole» (a proposito de Il diavolo veste Prada).
Documentari L’11 settembre 2009 in America uscì The September Issue, documentario di R. J. Cutler, regista specializzato in reality televisivi, sulla preparazione del numero di settembre di Vogue, il più importante dell’anno in cui affluisce tutta la nuova pubblicità. Cutler aveva trascorso otto mesi con la Wintour e il suo staff durante la preparazione del numero del settembre 2007, una delle copie più imponenti della storia dei magazine con 840 pagine, di cui 727 di pubblicità (il numero di settembre 2009 ne aveva il 37% in meno). A differenza del Diavolo veste Prada, a The September Issue la Wintour dette la sua benedizione.
Ricchi Nel 2009 i consulenti di McKinsey proposero al presidente di Condé Nast un piano d’interventi per evitare che la società chiudesse in rosso. L’unico gruppo cui non fu imposto il contenimento delle spese è stato quello di Vogue. Motivo: per Vogue il lusso è uno stile di vita, un mantello che non si può rimuovere senza correre il rischio di perdere i lettori che amano i gioielli, l’alta moda e gli altri simboli di opulenza.
Poveri Ospite di David Letterman, quando lui le chiese che cosa succede quando il budget per la moda di una signora scende a venti dollari, ha risposto: «Può comprare un rossetto». Venti dollari è anche il costo del numero di Vogue di settembre.
Ebrei La volta che una dipendente non era in ufficio il giorno di Yom Kippur e lei, spazientita, sbuffò: ha finito di essere ebrea?
Cattolici Nel 2018 il tema del MET Gala, i suoi Oscar della Moda, era Heavenly Bodies: Fashion and the Catholic Imagination, ossia Corpi celesti: la moda e l’immaginario cattolico. «Il curatore ha dovuto effettuare numerosi viaggi in Vaticano perché lì, incredibilmente, non usano la posta elettronica». Chiese di ottenere un’esibizione del coro del Vaticano, ma pare che il Papa fosse indeciso. «Abbiamo quindi proposto a Madonna di esibirsi. Solo due giorni prima della data, Sua Santità ha deciso di accordare al coro il permesso di esibirsi, quindi abbiamo fatto spazio a entrambi». Finì malissimo. «Al ritorno a Roma, il loro direttore è stato licenziato, per alcuni comportamenti non apprezzati dai giovani presenti al gala» (Hallac).
Attentati Grande appassionata di pellicce, soprattutto di Fendi e Chanel, a Parigi ha preso due torte in faccia. La prima volta, il 5 marzo 2005, a pochi minuti dalla sfilata Chanel, una giornalista arrabbiata con lei le lanciò un cheese cake. Il suo braccio destro, André Leon Talley, cercò di proteggerla, invano, con una stola di visone. La seconda volta, nell’ottobre 2005, all’uscita del défilé Chloé, gli animalisti della Peta le tirarono un gateau a base di tofu accusandola di essere una spacciatrice di pellicce.
Scandali Durante la pandemia si fece fotografare in casa con un maglione e i pantaloni della tuta. «Le fan di lungo corso svengono alla sola idea» (Soncini).
Vizi Nel 2000 si presentò in redazione ancora con i lividi di un lifting.
Curiosità Detesta i ciccioni • Detesta l’erba cipollina (puzza e rimane incastrata tra i denti) • Ha paura dei ragni • Il suo fiore preferito sono le tuberose, il cibo l’avocado, la stagione la primavera • I suoi jeans preferiti sono i J-Brad • Le assistenti ogni mattina devono assicurarsi di farle trovare al suo arrivo in redazione, sulla scrivania bianca, il muffin al latte con i mirtilli che, però, lei non mangia mai • Per pranzo, lascia il suo ufficio al World Trade Center, si presenta al Palm, il suo ristorante preferito, spegne il cellulare per gustarsi il pasto senza essere importunata e ordina una bistecca (o un filetto) accompagnata da «una caprese senza pomodori» (e non si è mai capito perché mai non ordini direttamente mozzarella con il basilico) • Quando si prese una torta di tofu in faccia, il commento più ironico fu: «Abbiamo lo scoop: un carboidrato ha toccato la bocca della Wintour» • Non va mai a letto dopo le 22 • Non porta mai la borsetta • Grande amica di Serena Williams e Roger Federer. La Williams le attribuisce perfino poteri taumaturgici («ero in crisi, ma dopo aver parlato con lei ho vinto Wimbledon») • Ivanka Trump, da giovane, rifiutò un’offerta di lavoro a Vogue (voleva fare la palazzinara, mica occuparsi di moda) • In America hanno lanciato la rivista The Conservateur, il Vogue di destra • Sua figlia, Bee, ha sposato il fotografo Francesco Carrozzini, figlio di Franca Sozzani, storica direttrice di Vogue Italia. «Si conoscevano da quando avevano 16 anni, ma forse l’amore è nato proprio al Met Gala, tre anni fa, mentre erano seduti vicini.... Franca sapeva che si sarebbero sposati ed era molto contenta» • Dicono che non sia mai riuscita a capire completamente il mondo di internet • Le accusano di aver cercato di rinnovare molte testate del gruppo finendo per appiattirle sull’estetica e sui toni di Vogue oppure per decretarne la fine, facendole chiudere del tutto • Sull’evoluzione del mondo dell’editoria di moda è ottimista: «Quando eravamo a British Vogue speravamo di raggiungere 100 mila persone, ora con tutti i nuovi canali, eventi come il Met Gala e i social media, possiamo contarne milioni» • Sempre più spesso si dice che la sua poltrona sia insidiata da Edward Enninful, attuale direttore di Vogue Uk, cinquantenne, gay, nero, nato in Ghana, vittima di bullismo quando era bambino, che la accusa di preferire le modelle bianche e di essere poco inclusiva (lui per contro è accusato di essere «un direttore-celebrity», «con un vasto seguito sui social, ma senza talento giornalistico») • Nel 2018, per zittire le voci che la volevano pronta alla pensione, il ceo di Condé Nast Bob Suberberg l’ha nominata «direttrice a vita» • Alla notizia della morte di Karl Lagerfeld, rimase molto scossa. «Ero a Londra quando ho saputo che se n’era andato. La mattina dopo avevo un volo per Milano per una conferenza stampa. In aereo ero accanto a un uomo d’affari che di sicuro non apparteneva al mondo della moda, e sono scoppiata a piangere».
Titoli di coda «Nella sua biografia, la risposta alla domanda “Cos’è il potere?” forse è già a pagina uno, quando l’autore descrive una mattinata tipica di Anna Wintour, confermando una leggenda che tutti ci ripetiamo ammirati da sempre: la ragione per cui Anna va via presto dalle cene è che si sveglia alle cinque e mezza, e la ragione per cui si sveglia alle cinque e mezza è che gioca a tennis e poi si fa fare la messinpiega, prima di cominciare a lavorare alle otto. Ci sono quelle che ti parlano di empatia, salute mentale, pressione bassa, e bisogno di prendersela comoda al mattino. E poi c’è il potere, che è innanzitutto tigna, disciplina, dedizione, sacrificio, capelli che non te li lavi sotto la doccia, e completini blu di Prada da infilarsi per esercitarsi nel rovescio a due mani prima che sorga il sole e che ci sia da andare a governare il mondo della moda» (Soncini).