9 novembre 2022
Tags : Debora Serrachiani
Biografia di Debora Serrachiani
Debora Serrachiani, nata a Roma il 10 novembre 1970 (52 anni). Avvocato. Politico. Vicepresidente del Partito Democratico (insieme all’on. Anna Ascani). Eletta alla Camera dei Deputati nel 2018 e nel 2022 • «La ragazzina» (Vittorio Sgarbi) • «La francescana sobria» (Luca Telese) • «Il suo look autunnale, introverso, punitivo, un po’ professoressa di liceo, un po’ lettrice della prima ora di Elena Ferrante, ci dice molto del Pd, del suo stato di salute e del suo futuro» (Cristiano de Majo, Studio 27/9/2022) • Salita alla ribalta nazionale nel 2009, grazie a un duro discorso davanti ai dirigenti del partito («Siete fuori dalla realtà»). L’intervento, virale su internet, la lanciò come astro nascente del partito. Era giovane, donna, diceva pane al pane e vino al vino, veniva bene in televisione. La sua carriera decollò. Nel 2009 finì al Parlamento europeo (eletta con 144 mila preferenze). Dal 2013 al 2018, presidente della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia. Attentissima ai rapporti di forza, appoggiò Franceschini contro Bersani, poi Bersani contro Franceschini, poi Epifani. Detestò Renzi, che le aveva rubato la scena e il ruolo di rottamatore, ma entrò nella sua segreteria. Quindi mollò anche lui, per seguire Zingaretti. Dal 2021, avendo Letta dichiarato «Ci vogliono delle donne!», è capogruppo del partito alla Camera. Ha detto: «Cosa mi manca per diventare leader del Pd? Baffi, barba e capelli bianchi». E, rivolta ai giovani della scuola di formazione del Pd, ha spiegato: «Non dobbiamo occuparci solo del pil e della crescita economica. Noi del Pd, quando parliamo al Paese, abbiamo il dovere di pensare anche alla sua crescita morale».
Titoli di testa Notte tra il 25 e il 26 settembre 2022, la tivù dà notizia dei risultati delle politiche. «L’apparizione di Debora Serracchiani nella notte elettorale è stata come un sogno che hai già fatto. Perché è già successo che Debora Serracchiani fosse la prima a uscire dopo un exit poll o una proiezione nefasta, giusto? O forse no, ma è come se Debora Serracchiani fosse sempre stata lì, ad aspettare Masia che ti dà la notizia ferale e qualcun altro che le dice “non c’è nessuno, vai tu…”» (De Majo).
Vita Nata a Roma, quartiere Casetta Mattei, zona Portuense. Padre operaio, poi impiegato dell’Alitalia. Cresciuta in periferia, diploma all’istituto tecnico, laurea in legge. Lavoretti saltuari come commessa e baby sitter, un soggiorno a Londra per studiare la lingua • «A Udine è arrivata nel 1995 al seguito di Riccardo, il fidanzato, pure lui romano, che nel capoluogo friulano ha una piccola impresa di telefonia. All’inizio, Debora si limita a fare l’avvocato per mantenersi e dare una mano a Riccardo. Ma lo studio in cui lavora – Businello, Virgilio, De Toma –, specializzato in diritto del lavoro, è il consulente della Cgil e da sempre il salotto dell’intellighenzia di sinistra udinese. Così, la ragazzotta della periferia romana si sprovincializza in Friuli, appassionandosi alle tematiche dei sinceri democratici. È prima consigliere circoscrizionale, poi consigliere provinciale. Agli inizi, vuoi più per la formazione giuridica che per sacro fuoco giovanile, è piuttosto intollerante, cita di continuo il codice penale e dice spesso agli avversari “ci vedremo in tribunale”. Col tempo smette di dipietreggiare e la sua immagine cittadina si addolcisce. Diventa infatti popolare col soprannome di Pippi Calzelunghe per il gusto di andare in giro con treccine a cornetto all’altezza delle orecchie» (Giancarlo Perna, Giornale 29/4/2013) • Il suo destino cambia all’improvviso sabato 21 marzo 2009. Walter Veltroni si è appena dimesso dalla segreteria del Partito, alle ultime elezioni ha ottenuto soltanto 13 milioni di voti, Dario Franceschini ha preso il suo posto come «traghettatore». I dirigenti hanno radunato «l’Assemblea dei circoli del Pd», 3 mila delegati «arrivati dal territorio» • Debora è la segretaria dei circoli di Udine. Ha 38 anni molto ben portati, faccia pulita, frangetta e codino, giacca scamosciata, aria da ragazza anni ’90. E, a un certo punto, sale sul palco e prende la parola. «Quando inizia a parlare nessuno la ascolta, Franceschini è intento a mangiare qualcosa. Lei chiede silenzio e parte […] In dodici minuti di relazione […], è stata interrotta trentacinque-volte-trentacinque da autentiche ovazioni […] Parla a braccio perché “è lo stesso discorso che ho fatto a Udine”. Attacca Di Pietro “leader di un partito fai da te, personale e personalistico che nulla c’entra con il centrosinistra”. Primo boato. “La verità è che in questi pochi mesi di vita del Partito democratico ho avuto la netta impressione che l’appartenenza al nuovo partito fosse sentita molto di più dalla base che dai dirigenti”. Seconda ovazione. E dire che è timida, Debora. Ai primi applausi si gratta la testa imbarazzata mentre si guarda in giro, incredula. E mentre parla, le mani mordono nervose il polsino della giacca» (Marco Castelnuovo, Sta 24/3/2009). Il segretario Fraceschini smette di mangiare. Applaude anche lui. Mentre lei si scusa perché sta sforando il tempo concessole, la esorta: «Vai avanti, vai avanti!». Poi si gira verso il fido Alberto Losacco, suo braccio destro e sussurra: «E questa da dove esce?» • Il discorso, filmato e trasmesso via internet, la fa diventare una diva del web. Il video viene visto migliaia di volte. Nascono gruppi Facebook intitolati a lei, hanno migliaia di iscritti. I giornali scrivono che «è la Giovanna d’Arco del partito». Poiché ricorda vagamente Audrey Tautou, qualcuno si inventa il soprannome «la Amélie del Pd». I salotti tivù se la contendono. Fazio. La Bignardi. A lei, la botta di popolarità piace molto: «Non me l’aspettavo, quel discorso non l’avevo preparato. Ho saputo di andare a Roma solo il giorno prima e certo non credevo che avrei potuto parlare». È un attimo. «Il Pd, dipinto come la fantozziana corazzata Potemkin, decide di fare di lei “la” Serracchiani. Nome e volto di cui erano orfani […] i “marxisti narcisisti”, compulsatori di Capital più che del Capitale. Decide di candidarla alle europee, le mette a disposizione i suoi mezzi e i suoi uomini» (Guido Mattioni, il Giornale 6/1/2010) • Debora organizza incontri il tutto il Nord Est. Coltiva i rapporti con Roma. Scrive a tempo di record una biografia in cui racconta di essere cresciuta confondendo Berlinguer con Moro e ignorando i partiti della Prima Repubblica. Sfrutta «il Web 2.0», «lo stesso usato da Obama per la sua campagna elettorale». Facebook. Twitter. Su YouTube compaiono 85 video che la riguardano. La mia vita prima del 21 marzo…, visto 45 mila volte in due mesi. Poi: la Serracchiani all’Era glaciale, la Serracchiani alla Zanzara su Radio24, con Tabacci, contro Gasparri, a Ballarò. Sui blog e sui siti centinaia di fan che fino al giorno prima non la conoscevano la invitano «a fare il segretario» e a «cacciare i mercanti dal tempio». Lei gongola: «Li ho incontrati a centinaia in campagna elettorale... Mi stringono la mano, mi abbracciano». Il giorno delle elezioni prende 144 mila 558 preferenze. La più votata in Friuli. Supera perfino Silvio Berlusconi. «A caldo, finito lo scrutinio Debora commenta: “Ho battuto Papi”. Completa il quadro con il sorriso sulle labbra e un’ironia asciuttissima, esibendo i suoi scalpi elettorali, equamente assortiti fra amici e nemici: “A esser pignoli ho battuto anche Bossi (proprio lui), anche Berlinguer (il cugino) e Prodi (il fratello)”. Non è politicamente corretta. E ieri mi ripeteva: “Mi chiede se non mi sto montando la testa? Beh, un pochino sì, eh, eh... Ma passerà, cerco di restare coi piedi per terra”» (Luca Telese, Giornale 10/6/2009) • Il centro-destra la sommerge di critiche. Dicono che la Serracchiani, a Udine, non la conosce nessuno. Dicono che di lei, in consiglio provinciale, non si ricorda un solo intervento memorabile. Che dalla sua «ha avuto la fortuna di avere il volto giusto per il web o per la tv, un volto piatto, dall’espressione sì gradevole, ma fissa, come quelle dei Manga, i cartoni animati giapponesi». Che in fondo è solo «un’idea, una veltronata, un frame di YouTube, una foto formato jpeg, l’esempio da manuale di una candidata costruita a tavolino e fatta lievitare con un abile uso dei media». Tutto ciò, scrivono i giornali di destra, «conforta la convinzione di quelli che... “sotto la frangetta, il nulla”. Al massimo, tante lacune. “Con certe sue castronerie ha messo in serio imbarazzo anche gli stessi compagni di partito”, aggiunge Marino De Grassi, capogruppo Pdl alla Provincia di Gorizia, ricordando il discorso della Serracchiani in un capoluogo isontino depresso perché messo in ginocchio dalla fine della Zona franca. “Bene, ci è venuta a dire che quella era una vergogna che andava abolita ancor prima. Risultato? In città il Pd ha perso il 10 per cento dei voti”. “Lei è l’espressione di una classe dirigente dove non c’è più selezione, dove ti scelgono perché porti voti o perché sei bello”, sospira senza nemmeno più nostalgie l’antico compagno Renzo Pascolat, parlamentare di lungo corso del Pci. Uno che ha scelto “di non aderire né al Pds né tantomeno ai Ds, figuriamoci al Pd. Io mi sono fermato a Iosif Vissarionovic Stalin”. “Vedremo, adesso, dove questa ragazza intende arrivare. Sento dire che oltre a quel che è già diventata, parla di voler fare il sindaco di Udine, o il presidente della Regione. Personalmente, le auguro di trovare un po’ di tempo per fare ancora l’amore”» (Mattioni).
Amore Nel dicembre 2016 lasciò l’aula del consiglio regionale friulano in lacrime. «A questo incarico ho sacrificato le cose a cui tenevo di più». «Si riferiva al suo matrimonio? “Sì. Questo ultimo incarico è stato l’esperienza più ricca, ma anche impegnativa e totalizzante che io abbia mai avuto. Con Riccardo in questi anni siamo cresciuti, maturati ma ci siamo anche allontanati e di certo il fatto che io ci fossi poco non ha aiutato. Un giorno, dopo 24 anni insieme, mi ha comunicato che se ne andava, che non mi amava più e che si era innamorato di un’altra. Ero sconvolta. Non avevo avuto da lui alcun segnale di crisi. O forse ero io troppo assorbita per accorgermene”» (Sara Faillaci, Vanity 23/5/2017).
Curiosità Tifosa della Roma • Gioca a tennis • Guarda Law and Order • Indossa collane colorate • Nel 2015 ha raccontato al Piccolo di Trieste che paga la retta mensile, vitto e alloggio in un maneggio, a Luciano un cavallo cieco da un occhio che monta quando può («È l’unico momento in cui non penso a nient’altro. Devo stare attenta a non rompermi l’osso del collo»). Disse di avere anche una gatta siamese, che ha chiamato semplicemente Gatta, e due tartarughe, maschio e femmina, Tarta e Ruga • Da presidente del Friuli inviò a tutti i sindaci della regione un galateo per spiegare loro come vestirsi (divieto di sandali e minigonne per le donne, abiti gessati solo a riga stretta per i maschi, imperativo categorico che cravatta e pochette non abbiano mai la stessa fantasia) • Nel 2009, quando lei diventò famosa, Veltroni si dimise per aver preso 13 milioni di voti. Nel 2022 Letta ne ha presi appena 5 • Nel 2017 raccontò a Vanity Fair di avere un nuovo compagno, di qualche anno più giovane di lei, appassionato di politica ma non impegnato direttamente • Dice che tutto sommato non rimpiange di non aver avuto figli • Dice che prima o poi lascerà la politica • Tinto Brass ha fatto sapere che la vorrebbe in un suo film, perché ha la voce sensuale e la “s” sibilante: «Pensate come direbbe sesso».
Contrappasso «Dopo il faticoso cameo del 25 settembre notte, sono andato a rivederlo, il discorso del 2009, e devo dire che me lo ricordavo diverso. O forse quello che poi avevo conservato nella memoria era il ruolo che era stato attribuito a Debora Serracchiani, cioè quello di essere la rappresentante di un Pd giovane e arrembante, ferocemente critico verso la casta che lo stava portando a sbattere. Una specie di seguito del famoso “con questi dirigenti non vinceremo mai” di Nanni Moretti (era il 2002, ci pensate?). E invece non proprio. Quello di Debora Serracchiani fu un discorso critico sì, ma in fondo affettuoso, certamente non distruttivo, per niente radicale. Era un discorso che in sostanza invocava unità e compattezza, in cui si invitava ad abbandonare il personalismo dei dirigenti, si criticava e un po’ si invidiava la strategia di Di Pietro, si censurava lo spazio lasciato alla componente di minoranza più cattolica e conservatrice. Ma era anche un discorso in cui si lisciava il pelo al neo segretario Franceschini: “Tu hai un compito difficile perché non sei un volto nuovo, però hai il compito di dare una credibilità a questo partito e ci stai riuscendo alla grande”. Così, subito diventata ex ribelle, Debora Serracchiani fa la sua carriera: europarlamentare, poi Presidente del Friuli-Venezia Giulia, poi vicepresidente del partito e altro ancora. Tredici anni dopo quella stessa casta, quella di Franceschini, Bettini, è ancora in piedi. E nessuno di loro la notte del 25 settembre appare in video. “Non c’è nessuno, vai tu…” Così Debora Serracchiani si ritrova a commentare con difficoltà e senza alcuna autocritica una sconfitta inequivocabile. Una vendetta feroce, o forse soltanto un contrappasso. Ma è una parabola che spiega il Pd meglio di molte analisi» (De Majo).
Titoli di coda Dalla cronaca della seduta con cui la Camera ha dato la fiducia a Giorgia Meloni, prima presidente del Consiglio donna della storia d’Italia. «Sentite qui. Debora Serracchiani, confermata (tra molti dubbi) capogruppo dem, si era alzata tutta puntuta: “Temiamo che il governo Meloni voglia le donne un passo indietro e…”. Meloni: “Mi guardi, onorevole Serracchiani. Le sembra che io sia un passo dietro agli uomini?”. Tra i banchi dem, pochi raggelati sguardi chini. Gioco, partita, incontro» (Fabrizio Roncone, 26/10/2022).