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 2022  novembre 14 Lunedì calendario

Biografia di Paulo Dybala

Paulo Dybala, nato a Laguna Larga (argentina), il 15 novembre 1993 (29 anni). Calciatore. Attaccante. Della Roma. Inizi all’Instituto de Córdoba, in Argentina, nel 2012 arriva in Italia, al Palermo, per 12 milioni di euro. Dopo tre stagioni (21 gol e una promozione in Serie A), passa alla Juventus, con cui in sette anni conquista cinque campionati italiani (dal 2016 al 2020), quattro Coppe Italia (dal 2016 al 2018 e nel 2021) e tre Supercoppe italiane (2015, 2018 e 2020). È passato alla Roma nell’estate 2022 a parametro zero. Con la nazionale argentina 34 presenze e 3 gol. Esordio il 13 ottobre 2015. Primo gol il 21 novembre 2018, contro il Messico. Convocato per i Mondiali 2022 in Qatar. Soprannome: La Joya. «Il calciatore il più delle volte è un uomo solo».
Vita «Il nonno paterno era polacco, la nonna materna italiana e lui è nato in Argentina. “Ho cominciato a quattro anni. La prima scuola calcio vicino casa. Finivamo i compiti e andavamo a giocare” Quando si sono accorti di lei? “Mio padre voleva che diventassi un calciatore e mi portava in giro a sostenere i provini. A dieci anni venni preso dall’Instituto de Cordoba. Ci sono rimasto per sette anni prima di passare al Palermo”. La chiamavano “El pibe de la pensión” perché viveva nel pensionato che accoglieva i giocatori più giovani. “Tutto è iniziato in quel pensionato. Sono maturato come uomo e cresciuto calcisticamente. Per la prima volta ero lontano dalla mia famiglia. Non si giocava più in piazza o a scuola, ma quello era il salto verso il professionismo che sognavo insieme a mio padre”. Parla sempre di suo padre scomparso quando lei aveva quindici anni. È stato lui a trasmetterle la passione per il calcio? “Ho altri due fratelli più grandi di me e mio padre sperava che diventassero calciatori. Oggi sono sicuro che dal cielo può essere orgoglioso di quello che sto facendo”. Quali erano i suoi idoli quando giocava in Argentina? “Maradona era di una generazione diversa. Mi piacevano molto Ronaldinho e Riquelme perché erano giocatori che in campo si divertivano e anche io giocavo per divertirmi”» (a Massimo Norrito) • «Ultimo di tre fratelli, cresce respirando calcio nel nome del padre Adolfo, detto “El Chancho”, cioè “il maiale” per via di certi interventi spietati che lo caratterizzavano in campo: «Uno dei migliori calciatori che Laguna Larga ricordi – assicura Sergio Marcuello, studioso del calcio locale – una gran ala destra, che con il tempo si è trasformato in numero 5. Più Mascherano che Pirlo, per intenderci».Chi lo conobbe, giura che “El Chancho” non ha fatto strada perché troppo umile e con la testa a posto. Ben presto mette su famiglia e apre una ricevitoria del lotto, chiamandola La Favorita, proprio come lo stadio in cui anni dopo suo figlio avrebbe esordito in A» (a Paolo Galassi) • «Quand’è l’ultima volta che s’è sentito bambino: “Non è facile rispondere. Forse quando ho esordito a 17 anni nell’Instituto de Córdoba, dove ho iniziato a giocare. Di quella partita contro l’Huracán ricordo tutto: nel pullman che ci portava al campo ero rimasto in disparte e in silenzio. Avevo mille pensieri. L’esordio era arrivato inatteso, fino a pochi giorni prima stavo coi miei coetanei delle giovanili e ora venivo schierato in prima squadra, con giocatori abituati a un calcio che non era il mio. Ma nello spogliatoio ognuno di loro mi si avvicinò per farmi coraggio: chi con una parola, chi soltanto stringendomi il braccio o con una pacca sulla spalla. In campo, poi, la prima palla toccata fu un passaggio giusto a un compagno: come per magia, da quel momento ansia e palpitazioni scomparvero. Vincemmo 2-0. L’esordio perfetto. Fuori dal campo mi sento bambino quando sono con mia madre. Sono il più piccolo di tre fratelli e lei mi coccola come se avessi ancora dieci anni. Mi accompagna all’allenamento, mi prepara i piatti che mi piacciono…”. L’ultima volta che invece l’hanno trattata da bambino? “E’ successo ancora ai tempi dell’Instituto. Nella serie B argentina il calcio è un mestiere come un altro, un mestiere che ti permette di mantenere la famiglia. Non c’è ricchezza, solo sudore e sacrificio. Io ero arrivato in prima squadra e tutti si aspettavano che mi comportassi come gli altri: da uomo e da professionista. Una sera invece uscii a mangiare con la mia famiglia e tornai nella pensione del club, dove vivevo, non alle dieci e mezza, limite massimo per la ritirata, ma passata la mezzanotte. Il giorno dopo, prima dell’allenamento, il direttore sportivo mi parlò con un’asprezza che mai più nessuno si è permesso. Ma quel giorno ho capito come si fa questo lavoro”» (a SportWeek) • «Io mi ero immaginato di giocare due o tre anni nel River o nel Boca, prima di essere pronto per l’Europa. Ma un giorno è arrivato Zamparini con dodici milioni e sono stato costretto ad andare. Mi implorarono di accettare, perché quei soldi sarebbero stati la salvezza del mio piccolo club. Ma guarda caso il presidente è sparito poco dopo avermi venduto e adesso l’Instituto è di nuovo senza soldi, i miei vecchi compagni non sono pagati e tirano avanti grazie ai piccoli aiuti dei tifosi. Provo tanta rabbia perché il mio sacrificio non è servito. E ho la sensazione di essere stato usato» (a Emanuele Gamba) • «Come ha vissuto il trasferimento in Italia? “Ho dovuto cambiare vita, adeguarmi a un calcio diverso, imparare una lingua nuova. Ma il problema maggiore è stato un altro” Quale? “Appena arrivato a Palermo ho sofferto molto, perché quando la gente parlava di me ricordava solo quanto mi avesse pagato Zamparini. Tutti pensavano ai soldi, non a come stavo io, a come mi sentivo. Non ero importante come ragazzo, ma per i tanti soldi spesi”» (a Massimo Norrito) • Mario Sconcerti sulla decisione della Juventus di non rinnovare il contratto di Dybala: «La prima domanda è perché la Juve lo abbia scartato, in modo netto e anticipato. Il mercato resta lungo, ma Dybala è senza squadra dall’inverno scorso, un tempo infinito per un giocatore così. A torto o a ragione, il rifiuto della società che lo ha avuto negli ultimi otto anni, cioè quella che lo conosce più di chiunque, è sembrato un rifiuto all’atleta. La parte tecnica di Dybala non è mai stata in discussione. Questo rifiuto ha pesato molto e continua a pesare. Ha trasformato Dybala in una scommessa, gli ha tolto la parte certa della sua bellezza» • «C’è un momento preciso in cui Paulo Dybala ha cominciato a vedere il suo futuro a tinte giallorosse. Era il 10 luglio 2022: il general manager romanista Tiago Pinto ha incontrato gli intermediari dell’affare e consegnato un regalo per Paulo. Una maglia della Roma col suo nome e il numero 10. Il mazzo di rose per conquistare la reginetta del ballo, anche al prezzo di sacrificare il totem familiare, il ricordo in vitro del mito Francesco Totti conservato preservando quella maglia, quel numero. Il club ancora ieri spingeva perché Dybala prendesse la 10, immaginava anche che potesse essere Totti a consegnargliela personalmente. Invece Paulo alla fine ha scelto il 21, lo stesso con cui cominciò l’avventura alla Juve. Il sì alla Roma di Dybala – assistito da Jorge Antun e Carlos Novel, decisivo il lavoro di tessitura dell’agente Fifa Fabrizio De Vecchi – è arrivato con una cena con Pinto e la telefonata con Mourinho: “Arrivo”. Paulo è salito sull’aereo privato dei Friedkin e ha raggiunto lo Special nel ritiro di Albufeira. Una maglia bianca, pantaloncini rossi e il sorriso di chi ha saputo resistere all’ultima tentazione di Marotta, che negli istanti prima del sì aveva tentato disperatamente di convincerlo ad aspettare l’Inter. Ma il contratto di tre anni (con opzione sul quarto), a 4,5 milioni netti che possono diventare 6 con i bonus (ne chiedeva 10 alla Juve) sigla un fidanzamento. Per trasformarlo in un matrimonio duraturo la Roma dovrà “meritarsi” l’amore incondizionato di Paulo. Che infatti, per legarsi, ha ottenuto una clausola rescissoria: tra un anno basteranno 20 milioni di euro per portarlo via. È un acconto di fiducia da parte di un campione che, nelle proprie aspettative e non solo, è sovradimensionato rispetto alla destinazione scelta, una scommessa sulla crescita della squadra, ma con la garanzia di una via di fuga» (Giulio Cardone e Matteo Pinci) • «Un giorno vorrei andare al Boca Juniors la squadra per cui faceva il tifo papà Adolfo. una passione che aveva trasmesso pure a me. Ma anche per questo c’è tempo» (a Francesco Caruso).
Critica «Un grande attaccante che gioca da vecchio fuoriclasse, non sbaglia un appoggio né il tiro difficile. Un giocatore diverso dentro un campionato che ha scordato ormai questo tipo di qualità» (Mario Sconcerti) • «Come difende il pallone che lo rende diverso. Copre col corpo, protegge usando i gomiti, la schiena, il sedere: provate a prenderlo. Poi lo tocca, lo cura, lo isola. La palla lì, l’avversario alle spalle: dài, vieni avanti che ti salto. E lo salta. Paulo Dybala è più di un tiro a giro all’incrocio dei pali, più di un dribbling e di un diagonale rasoterra. Quello è la fine, ma la stoffa viene qualche momento prima. Il talento originario è nell’idea della proprietà del pallone: se ce l’ho io tra i piedi è mio. Sessantacinque chili ne fanno un ramoscello in uno sport di tronchi. Però a Dybala non gliela togli se sei più pesante, più robusto, più grande. Perché usa il corpo come può, ma soprattutto perché usa il cervello come si deve. Un istante prima degli altri, con quella capacità di prevedere il movimento altrui e di neutralizzarlo. Un attaccante esile vive di quello, della rapidità dell’idea prima che della rapidità delle gambe. “Dybala è un giocatore che è due pagine avanti nel manuale del calcio”, dice di lui Gennaro Gattuso che l’ha allenato per qualche mese» (Beppe Di Corrado).
Amori Dal 2018 è fidanzato con l’argentina Oriana Sabatini, cantante e attrice. «La storia tra i due è nata dopo i Mondiali di calcio in Russia. La Sabatini è l’erede dell’attrice venezuelana Catherine Fulop e dell’attore e imprenditore argentino Osvaldo Sabatini. L’ex tennista Gabriela Sabatini è sua zia. Oriana ha una sorella minore, Tiziana» (Corriere dello Sport) • In precedenza una lunga relazione con Antonella Cavalieri, modella e influencer, conosciuta ai tempi del Palermo.
Passioni Il biliardo e i Lego.