21 novembre 2022
Tags : Isa Barzizza (Luisita Barzizza)
Biografia di Isa Barzizza (Luisita Barzizza)
Isa Barzizza (Luisita Barzizza), nata a Sanremo (Imperia) il 22 novembre 1929 (93 anni). Attrice. «I film che facevo erano semplici, sciatti, girati in fretta, scritti con i piedi e spesso bruttissimi, ma incontravano il desiderio di leggerezza e di ottimismo che chiunque voleva respirare dopo anni di guerra. Quando giravamo con le compagnie teatrali, dormivamo spesso in alberghi senza acqua corrente, con la bacinella ai piedi del letto e la carta al posto dei vetri alle finestre della stanza. Eravamo felici. Ricominciare a vivere senza rifugi, allarmi e bombardamenti ti faceva ignorare le crepe di un contesto in cui non c’era cosa che non andasse ricostruita da zero» (a Malcom Pagani e Fabrizio Corallo) • Figlia del compositore, arrangiatore e direttore d’orchestra Giuseppe «Pippo» Barzizza (1902-1994), popolarissimo soprattutto negli anni Trenta e Quaranta. «“Papà era un uomo abitato dalla musica. Ebbe un enorme successo con la sua orchestra Blue Star, un sestetto che girava il mondo suonando 36 strumenti, e poi con l’Orchestra Cetra. Pippo Barzizza è stato tante cose, ma soprattutto un pioniere del jazz in Italia”. Una curiosità: ma quel nome all’anagrafe di “Luisita” Barzizza è un errore? “Niente affatto. Era stabilito che il primogenito prendesse il nome del nonno paterno, Luigi Barzizza. Mio padre in cuor suo desiderava un maschio, e in quel periodo scrisse due canzoni spagnole, una madrilena per l’Orchestra Cetra: così Luisito è diventato Luisita [sorride]. Roba da Fifa e arena, che poi ho fatto con Totò…”» (Massimiliano Castellani). Trascorse infanzia e adolescenza tra Milano, Torino e Sanremo, «la città dove sono nata e in cui sono sfollata durante la guerra… Scappammo da quella Torino bombardata con la camicia da notte sotto il cappotto e la paura nel cuore. Poi, a Sanremo, ci sono tornata per delle fantastiche gite in mare, in motoscafo, assieme a giovani amici, tra cui Italo Calvino». «A casa mia a Torino venivano cantanti, attori, artisti. Mia mamma era molto ospitale. Non so se questo mi abbia spinta, ma posso confermare che mi piaceva esibirmi già quando ero piccolina» (ad Alessandro Pirina). «Fare l’attrice è sempre stato il mio più grande desiderio. Fin da bambina le recite mi esaltavano. Cominciavo a scuola e continuavo nel salotto di casa» (a Nino Materi). «“A otto anni nella nostra casa torinese già dirigevo il mio teatrino dei burattini e mi esibivo per tutti gli amici di famiglia. Uno di questi disse a mio padre che la compagnia di Elsa Merlini cercava una bambina per un piccolo ruolo, e così l’inverno del ’37 feci il mio debutto al Teatro Carignano. Andai talmente bene che tutte le compagnie che passavano da Torino chiedevano di scritturare la figlia del maestro Barzizza”. Dopo quella di Ruggero Ruggeri passò anche la compagnia dei fratelli De Filippo… “Eduardo mi chiamò per recitare in ... di Pasquale del Prado”» (Castellani). «Entravo in scena e prendevo un pasticcino da un tavolo pieno di dolci, purtroppo finti. Il grande Eduardo, a questo punto, mi veniva incontro, mettendomi una mano sulla spalla. Quel gesto ogni sera mi faceva piangere. Il pubblico pensava che facesse parte del copione, invece erano lacrime spontanee». «Eduardo, si sa, era uno talmente esigente che se un attore non gli andava a genio lo invitava tranquillamente a cambiare mestiere. A me invece disse che ero molto portata e mi invitò a seguirlo anche a Bologna. Il mio primo viaggio in treno con mia mamma, con albergo e ristorante pagato dalla compagnia: una favola per una bambina…». «Ricordo che da bambina gli ho dato una mia foto con dedica: incredibile ma vero! Avevo 8 anni! Megalomane già da allora?» (a Gianfranco Gramola). «“Mi ero appena diplomata al liceo classico. Avevo 18 anni. In casa si presentò Macario, chiedendo a mio padre il permesso per ingaggiarmi nella sua rivista. Io ero pazza di felicità, papà era contrario. Tra me e lui cominciò un lungo tira e molla, al termine del quale la spuntai io. Ma a una condizione”. Quale? “Papà fu irremovibile. Pretese che fino alla maggiore età (a quell’epoca si diventava maggiorenni a 21 anni) durante le tournée avrei dovuto tenere al fianco una governante che mi sorvegliasse. Divenni così la prima e unica soubrette al mondo con controllatrice al seguito. E sa chi pagava vitto e alloggio alla donna che mi stava sempre alle calcagna?”. Suo padre? “No. La mantenevo io con i miei soldi. Furono tre anni di torture. Allo scoccare del ventunesimo compleanno guadagnai finalmente la libertà, affrancandomi da quella presenza incombente”» (Materi). «Nella prima scrittura con Macario sui manifesti il mio nome “Isa” era scritto piccolo piccolo, e invece il cognome “Barzizza” era scritto grandissimo: speravano che il pubblico si sbagliasse e venisse a teatro per vedere Pippo Barzizza e la sua famosa Orchestra Cetra!». «Come era Macario? Un generale di corpo d’armata: lui e la moglie gestivano una truppa di boys, ballerine e attori in maniera impeccabile. Grande esperienza». «L’incontro professionale della sua vita è quello con Totò: 11 film e due spettacoli a teatro. “Stavo facendo a teatro Le educande di San Babila. Venne a vedere lo spettacolo Mario Mattoli, ai tempi regista molto quotato. Fu il primo in quegli anni a pensare che Totò avrebbe potuto avere successo al cinema con film sicuramente migliori di quelli girati prima della guerra. Dopo lo spettacolo Mattoli venne in camerino e mi propose di partecipare al film I due orfanelli col ruolo principale della ragazza che affiancava Totò. Dissi subito di sì con grande entusiasmo, anche se allora sapevo a malapena chi fosse Totò. Lui aveva un grande successo a Napoli, Roma, ma al Nord era poco conosciuto. Dopo la guerra l’Italia era spezzata in due, non c’era grande comunicazione e io ero solo una ragazzina. […] È stato un compagno di lavoro gentile, cordiale. Non faceva pesare la sua posizione, contrariamente ad altri attori. Non sempre è tutto oro quel che luccica, ma lui come persona riluceva. Certo, è sempre stato molto riservato, tanto che – nonostante abbiamo fatto insieme 11 film e due spettacoli – se dicessi che eravamo amici direi una bugia”» (Pirina). «“Il cinema mi sembrava un’idea meravigliosa, meno faticosa ed estenuante del teatro. Le compagnie di giro vagavano lungo l’Italia per mesi e mesi. Partivamo in piena notte. Io dormivo in terza classe, sulle reti dei bagagli, comodissime. Il cinema, certo, aveva agi maggiori. E, scoprii con il tempo, era anche più rapido da ogni punto di vista”. […] Con il cinema di evasione […] Barzizza divenne l’ambita e bellissima regina che tra castità e provocazione fumava sdraiata nella vasca da bagno, faceva intravedere la silhouette fidiaca dal chiaroscuro di un separé o parlava con cognizione di motori, bolidi e candele nella notte del Gianicolo con Aldo Fabrizi. Più di trenta film interpretati tra il 1947 e il 1955» (Pagani e Corallo). A teatro «“con Totò feci prima C’era una volta il mondo e poi Bada che ti mangio! di Galdieri”. […] Dallo sketch teatrale di Bada che ti mangio! nacque la memorabile scena del vagone letto in Totò a colori. “Quando debuttammo al Teatro Nuovo di Milano durava pochi minuti: pochi minuti che nel corso della tournée diventarono quasi cinquanta. Totò portava ogni sera un lampo nuovo, un’elaborazione, e Mario Castellani, che gli faceva da spalla, era rapidissimo a intuirne le intenzioni. In scena era come se Totò godesse a riappropriarsi di qualcosa. Qualcosa che sul palcoscenico poteva permettersi e che al cinema gli era negato”. […] Nel 1954 incontrò Garinei e Giovannini. “Gran baldoria rappresentò una parentesi magica. Mi innamorai per la prima volta di un uomo che poi sarebbe diventato mio marito, Carlo Alberto Chiesa, mi emozionai a dividere scena, notti e responsabilità con le Bluebell, il Quartetto Cetra, Gorni Kramer, Mario Riva. C’era aria di Broadway su quel palco. Accennavo persino uno spogliarello, proprio come le dive americane”» (Pagani e Corallo). «Oltre al teatro e al cinema arrivò anche la tv: il 3 gennaio 1954, primo giorno delle trasmissioni, la Rai mandò in onda L’osteria della posta con lei protagonista: che effetto le fece inaugurare la televisione? “Non fu la prima esperienza, perché per due o tre anni lavorai alla preparazione della tv. Avevo conosciuto quello che sarebbe diventato mio marito, Carlo Alberto Chiesa, e accettai di lavorare per la Rai per stargli vicino. Avevo fatto 7 o 8 commedie in diretta. Esperienza bellissima, perché era come stare a teatro. Purtroppo questo materiale veniva registrato su pellicola ed è andato perso”. […] Nel 1960 un incidente stradale si portò via suo marito, e lei decise di lasciare le scene. “Io volevo fare la mamma: avevo già deciso che mi sarei presa un paio d’anni sabbatici anziché uno solo per dedicarmi alla bambina [Carlotta Chiesa, nata nel 1957 – ndr]. Poi avrei potuto ricominciare. Invece, con questa tragedia non me la sono più sentita. Non ci ho pensato un attimo. È stato del tutto naturale, per mia figlia. Ma non mi potevo permettere di non fare niente. E così per sbarcare il lunario ho messo in piedi una società di doppiaggio. Mi avevano offerto di assumermi in Rai come impiegata, ma non mi piaceva. Preferii mettere su una società con tutti i crismi legali, a cui la Rai poi poteva affidare dei lavori. Ed è andata avanti così fino al 1991: ho fatto la manager, avevo i miei dipendenti e in più facevo la direttrice del doppiaggio. È un lavoro che ho fatto molto volentieri: solo, a un certo punto mi sono resa conto che passavo la vita al buio. Entravo alle 9 del mattino e uscivo la sera alle 7. Ma in quegli anni ho fatto anche tante cose che mi piaceva fare: ho imparato a portare la barca a vela e ne ho comprata una, andavo a sciare”» (Pirina). «La richiamò in servizio Ettore Scola, nel 1974, per C’eravamo tanto amati. Infuriata tenutaria della pensione in cui Stefania Sandrelli vagheggiava il suicidio. […] “L’idea di C’eravamo tanto amati era così bella che dire di no sarebbe stato da dementi. Sapete qual è il mio vero rimpianto? Il mio cruccio?”. Quale, signora Barzizza? “Di aver fatto troppi pochi Scola e troppi film inutili”. […] I primi a richiamarla in palcoscenico dopo la lunga pausa furono Gigi Proietti e Mario Monicelli. “Gigi incontrò Pelos La Capria, il mio compagno di allora, e dal nulla tirò fuori la proposta: ‘Ma perché Isa non torna a recitare?’. È un uomo adorabile e un attore strepitoso, Gigi. Ma Mario Monicelli non era da meno”. […] Pelos La Capria, l’ispiratore di uno dei personaggi di Ferito a morte: Raffaele, lo scrittore, era suo fratello. “Pensate che aveva conosciuto prima mio marito a fine anni ’50. Carlo Alberto girava l’Italia con un programma sui giovani dall’avvenire luminoso e si era fermato a Positano, passando con lui due giorni: ‘Devi incontrarlo, un giorno o l’altro: è straordinario’, diceva di Pelos”. Poi avvenne. “Molti anni dopo, nell’80. L’idea che lui e Carlo Alberto si fossero già incontrati era romantica. Pelos era fantastico. Da giovane ne aveva fatte di tutti i colori. Nella maturità aveva mantenuto ironia e gusto per il divertimento fino all’ultimo”» (Pagani e Corallo). Tornata in attività, la Barzizza continuò a recitare sia in palcoscenico sia per il grande schermo, in film come Asini di Antonello Grimaldi (1999), Una sconfinata giovinezza di Pupi Avati (2010), Viva l’Italia di Massimiliano Bruno (2012) e Indovina chi viene a Natale? di Fausto Brizzi (2013). Specialmente nella prima parte della sua carriera, «“al cinema non ho avuto la fortuna di avere ruoli in film più impegnativi. Ero stata catalogata come attrice brillante di commedie. Ho lavorato con tutti i comici di allora: Totò, Walter Chiari, Carlo Croccolo. I ruoli però erano sempre un po’ banali. A teatro invece ho avuto l’opportunità di dimostrare altro. E così l’ho fatto per altri vent’anni, fino al 2015, quando mi sono trasferita in Sardegna”. Nel suo curriculum c’è anche la fiction. In Non lasciamoci più è stata la mamma di Fabrizio Frizzi. “Una persona tra le più gentili che abbia mai incontrato. Carino, cordiale, divertente. Quando ho saputo della sua morte mi sono resa conto che era venuta a mancare una persona di cui avevo un ricordo straordinario”. Cosa l’ha spinta a scegliere di trasferirsi in Sardegna? “Io già conoscevo bene l’isola. La mia prima volta fu nel 1952 con quello che sarebbe diventato mio marito. […] Sono poi tornata tante volte, per lavoro e con la mia barca a vela in Gallura, a Stintino. In una di queste vacanze mia figlia ne è stata rapita: lei voleva vivere all’aria aperta e ha deciso di trasferirsi nell’isola. E da allora sono passati 40 anni”. Com’è la sua vita in Gallura? “Mi piace più d’inverno che d’estate. Io qui ho tutto quello che è giusto abbia una donna della mia età. Innanzitutto, stare vicino alla famiglia, alle persone che si amano. E poi potersi occupare di noi stesse, fare belle camminate. In Sardegna ho anche imparato il Tai Chi, una ginnastica perfetta per chi ha la mia età. E quando posso mi faccio accompagnare al cinema a Olbia”» (Pirina). «Mi sono rifugiata nella bellezza della natura, negli affetti più cari, e ho capito presto che le luci della ribalta non sono poi essenziali, anche nella vita di una artista» • «Ho avuto sempre, in tutta la mia vita, almeno un cane vicino. Li adoro. Ora il mio amato Benoit, un bellissimo bassotto a pelo ruvido, se n’è andato da qualche anno, e io sono troppo vecchia per prenderne un altro. Ho in compenso un bellissimo gatto rosso che mi tiene compagnia» • «Io sono una femminista, una donna libera, di sinistra» • «I vecchi tendono a pensare sempre al passato, a ricordare, a guardarsi indietro. Non l’ho mai fatto. Sono curiosa» • «Certo mi impressiona vedere queste nuove attrici tutte ritoccate dallo stesso chirurgo plastico. Io il lifting? Sono stata una bella ragazza, e questo mi ha permesso di diventare un’adulta tollerante verso il tempo che passa» • «Bella, come una diva di Hollywood, “anche se io, diva, non mi ci sono mai sentita”. Bionda ed esuberante come Monica Vitti, “grandissima: quanto manca oggi al nostro cinema un’attrice così”. Umoristica come la Signorina Snob, “ah, Franca Valeri, fantastica: e poi è la madrina di battesimo di mia figlia”. Ma fantastica è soprattutto lei, Isa Barzizza. L’eleganza prestata alla fabbrica dei sogni di celluloide» (Castellani). «Una delizia vedere in scena Isa Barzizza. Per la sua leggerezza innanzi tutto, la levità che ti fa pensare a una farfalla» (Osvaldo Guerrieri) • «Il complimento più bello che ha ricevuto? […] “Il primo complimento ricevuto, ‘Un fiore fra gli ombelichi’, ma avevo 18 anni (di allora!), e non lo capii”» (Gramola) • «“Rascel, forse anche per motivi anagrafici, era il contrario di Totò. Non conosceva leggerezza, faceva pesare il proprio ruolo, era arcigno, difficile da gestire, a volte sprezzante”. […] Lei è stata molto amica di Walter Chiari. “Così amica che, quando provammo a immaginare qualcosa di serio dopo un mezzo flirt, ci venne da ridere. Non ho conosciuto molte persone spiritose come Walter. Con lui, l’orologio, non lo controllavi. Non ti annoiavi mai”. Carlo Dapporto? “Ottimo attore, ma diverso. Dapporto era di Sanremo come me. Due concittadini che si conoscevano anche per vincoli familiari, ma, certo, la confidenza che avevo con Walter Chiari, con Dapporto me la sognavo”» (Pagani e Corallo) • «Chi è oggi l’erede di Totò? “Ma vuole scherzare? Lui era di un altro pianeta”. Ma sul nostro pianeta chi è un attore che la fa ridere? “Checco Zalone”» (Materi) • «Le piace la tv di oggi? “Prima seguivo molto la politica. Ora i talk show mi hanno un po’ stufata, ne guardo solo uno se capita. Mi piaceva il cinema in tv, ma ora ho scoperto le serie: ce ne sono di bellissime. Penso a Rocco Schiavone tra le italiane, ma anche Breaking Bad o La casa di carta”» (Pirina) • «Dei tanti settori dello spettacolo praticati, a quale è più affezionata? “Al teatro. È qualcosa di speciale, perché riesce a creare un’atmosfera in cui lo spettatore si immerge in altri mondi”. […] Di tutti i film interpretati, da quali ha avuto le maggiori soddisfazioni? “Soddisfazioni artistiche, direi zero. Forse da uno solo, diretto da Enzo Trapani, il regista televisivo: in Viva la rivista! non avevo il consueto ruolo di spalla del comico e della bella donna contesa dagli spasimanti”» (Stefano Delfino) • «Tornando indietro rifarebbe tutto o cambierebbe qualcosa? “Anche con le batoste che ho avuto… sì, sono soddisfatta della mia vita”. […] Vede nel mondo dello spettacolo odierno la sua erede artistica? “Non credo di avere eredi, nel senso che oggi le giovani donne che si avvicinano a questo lavoro sono cento volte più preparate di quello che ero io e anche delle mie colleghe di allora. […] Era un’altra epoca. Era appena finita la guerra, nessuna o pochissime possibilità di aver preso lezioni di canto, di ballo (le lezioni erano direttamente in palcoscenico), ognuna di noi doveva affidarsi al proprio istinto, alla propria grazia, e chi aveva più doti naturali, più comunicativa con il pubblico, aveva più successo. Mi concentravo sul lavoro che avevo in quel momento, mi preparavo e cercavo di fare il meglio possibile! Ho lavorato tutta la vita”. […] Un domani come vorrebbe essere ricordata? “Vorrei essere ricordata non solo come partner di 11 film di Totò (e temo, se qualcuno mi ricorderà, che sarà così), ma come una buona attrice di prosa, e soprattutto come una persona seria”. A chi vorrebbe dire grazie? “A nessuno. Solo a me stessa”» (Gramola) • «La morte? Alla mia età non mi fa paura, perché so che in qualche maniera rimarrò qui, magari solo come un granello di questo immenso universo. Mi incuriosisce invece vedere quanto ho contato in quel mondo effimero dello spettacolo. A volte mi chiedo: chissà se quel giorno che vi saluterò per sempre mi riserverete solo un trafiletto o invece un’intera pagina con il mio nome stampato a caratteri cubitali? Chissà…».