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 2022  novembre 25 Venerdì calendario

Biografia di Letizia Moratti (Letizia Maria Brichetto Arnaboldi vedova Moratti)

Letizia Moratti (Letizia Maria Brichetto Arnaboldi vedova Moratti), nata a Milano il 26 novembre 1949 (73 anni). Politico. Imprenditrice. Dirigente d’azienda • «La first lady non proprio adorata di Milano» (Stella Pende, Panorama 9/5/2013) • «Algida signora dal collo lungo» (Dagospia 9/5/2013) • «Giro di perle e messa piega, impeccabile già alle 8 del mattino» (Maria Sorbi, Giornale 9/9/2019) • «Fitta rete di conoscenze internazionali» (Stefano Righi, Corriere Economia 9/5/2016) • «Ultima esponente della uber-borghesia lombarda. Simmetrico antropologico della – anzi, del – presidente del consiglio underdog, cavalcate nel deserto, Garbatella, romanesco. Qui invece siamo nel forziere d’Italia, tra Apple Store e Montenapoleone. Petrolio e calvinismo, beneficenza e potere» (Michele Masneri, Foglio 14/11/2022) • «Mestizia Moratti» (Roberto D’Agostino) • «Grinta e tranquillità» (Giuliano Ferrara) • «Una gran donna. Ha il pragmatismo ambrosiano» (Antonio Mazzi) • «Soave pugno di ferro» (Indro Montanelli) • «La nostra Margaret Thatcher» (Silvio Berlusconi) • «Preferisce noi perché ce l’abbiamo duro» (Umberto Bossi) • Nel 1973 sposò il petroliere Gian Marco Moratti (1936-2018), già padre di due figli, il cui precedente matrimonio con Lina Sotis fu annullato dalla Sacra Rota. Prima donna nel cda della Banca commerciale italiana (1992). Presidente della Rai durante il primo governo Berlusconi (1994-06). Presidente e amministratore delegato della News Corp Europe, la divisione europea del gruppo mediatico di Rupert Murdoch (1998-99). Ministro dell’Istruzione nel Berlusconi II e III (2001-2006), varò una contestatissima riforma dell’università e della scuola superiore. Prima donna sindaco di Milano (2006-2011), riuscì a ottenere per la città l’Expo 2015, si ricandidò ma non fu rieletta e nel gennaio 2012 si dimise dal consiglio conunale dopo aver litigato con il Popolo della Libertà. Presidente del consiglio di amministrazione di UBI Banca (2019-20), prima donna a presiedere il cda di una banca in Italia, se ne andò dopo l’opas con cui Intesa-San Paolo si comprò l’istituto. Dal 2021 al 2022 è stata vicepresidente e assessore alla Sanità della regione Lombardia e assessore. Nel 2022, dopo trent’anni passati con il centrodestra, si dimise in polemica con il presidente Fontana e la coalizione e si candidò alla presidenza della Regione con il Terzo Polo • A chi le rinfaccia di aver fatto un voltafaccia spudorato, risponde: «È il centrodestra che si è trasformato rapidamente in destra. Io non rinnego la mia appartenenza a un mondo legato ai valori liberali; se posso dare una precisazione, ai valori della dottrina sociale della Chiesa, ma non è questa destra. Io non mi sento incoerente». A chi la accusa di essere una raccomandata, dice: «Mi sono laureata a 21 anni e ho iniziato subito a lavorare. A 23 anni avevo già una mia società». E a chi le chiede che bisogno ci sia, alla sua età, di scendere di nuovo nell’agone politico, spiega: «Non l’ho mai potuta concepire una vita senza il lavoro, senza l’impegno. Ce l’ho dentro».
Titoli di testa L’imitazione di Paola Cortellesi, quando lei era ministro dell’Istruzione. Sfondo di damaschi, lei rigidissima. «Voglio dimostrare che so parlare ai giovani, dirò una brutta parola». Pausa. «Scuola pubblica» (Masneri).
Vita Il padre, Paolo Brichetto Arnaboldi (1920-2013), aristocratico per parte di madre. Partigiano «bianco» con Edgardo Sogno. Proprietario di una importante società di brokeraggio assicurativo. Tra i suoi antenati: il magnate genovese Virgilio Brichetto, la contessa Bice Arnaboldi Cazzaniga, il barone Paolo Ajroldi di Robbiate. Per i suoi anni nella Resistenza prese due medaglie al valore, una di bronzo e una d’argento. «Non aveva mai voluto andare a una manifestazione del 25 aprile finché non volle venire con me nel 2006”. Moratti era in piena campagna elettorale, sarebbe stata eletta qualche giorno dopo. “Lo avevo avvisato che ci sarebbero state delle proteste. ‘Sono stato prigioniero a Dachau, rispose. Figurati se mi fanno paura i fischi’. A Dachau era stato liberato dal generale Patton”» (Masneri) • La madre, Paola Guida. Nata a Rivarolo del Re (Cremona), da Michele Guida, direttore del Credito Italiano («Ha lavorato fino agli 80 anni, anche di domenica»), e Letizia Longari Ponzone, proprietaria di una fabbrica di mattoni • Una sorella minore, Beatrice, andata in sposa al marchese Obizzo Malaspina • «È nata Brichetto Arnaboldi. Che educazione ha ricevuto? “Dolce da mamma, severa da papà. Con molto spazio ai nonni. La nonna materna, Letizia, è stata sindaco di Rivarolo. Nonna Mimmina era coltissima. Ricordo, lei, Eugenio Montale, Riccardo Bacchelli e papà parlare per tutta una sera di un passo della Divina Commedia”» (Candida Morvillo, CdS 13/5/2018) • Il padre è molto rigido: «Ogni tanto partiva un ceffone». Educazione severa. Scuole private. Il Collegio delle Fanciulle di Milano. «In tredici anni di scuola avrò portato a casa un cinque una volta. Fu una mezza tragedia». La scuola di danza classica Carla Strauss. «È vero che voleva fare la ballerina? “Sì, ma ero troppo alta”» (Masneri). «È vero che una volta è anche scappata di casa? “Ah sì, ero giovanissima, ma fu una marachella: fu perché non mi facevano vedere Lascia o Raddoppia”» (Sorbi) • «Che cosa si aspettavano da lei i suoi? “Non che andassi all’università. Mamma non ne capiva la necessità, papà non era d’accordo, ma capitolò. Solo che, nel ’67, Architettura era impraticabile per le manifestazioni; per Lingue Orientali, era inconcepibile che andassi a vivere a Venezia. Scelsi Scienze Politiche a Milano. Mi laureai a 21 anni, di venerdì, e il lunedì ero assistente in Diritto Comunitario. Due anni dopo, con un prestito, aprii la mia società di brokeraggio. Di tutte le amiche, ero l’unica che lavorava”. Non ne aveva bisogno. Perché ci teneva? “Mi piaceva, ma la leva era l’indipendenza. Mi ero sposata con Gian Marco e volevo che il nostro fosse un matrimonio solo d’amore. Ho chiesto io la separazione dei beni, ho voluto io lavorare. Era il mio modo per dirgli ogni giorno che lo sceglievo perché era lui”. Era come lo descrivevano le cronache degli anni 60, “abbronzato, su una vespa in Versilia, bello come Jean-Louis Trintignant in un film di Dino Risi”? “Sì, molto affascinante”» (Candida Morvillo, CdS 13/5/2018) • Gian Marco e Letizia si sposano in chiesa nel 1973. Lui è già stato sposato con Lina Sotis, con cui ha avuto i due figli Angelo e Francesca, ma ha ottenuto l’annullamento dalla Sacra Rota. Lei gli dà altri due bambini: Gilda e Gabriele. «“Io l’ho capito subito che era l’uomo della mia vita. Lui l’ha capito dopo un po’”. “Siamo tutti e due sagittario”. Unitissimi, erano, i due sagittario, pianeti che sguazzano nella libertà ma che si allineavano, raccontano, nella “loro ora”. C’era infatti un’ora quotidiana che le rispettive segreterie tenevano sgombra nelle formidabili agende della coppia; nella loro ora, loro e di nessun altro, i due pii coniugi si confidavano gioie e dolori di giornata. Lei a un certo punto (come Formigoni) fa un voto di castità, poi sciolto. Altre penitenze: vacanze in barca però all’Elba, oppure in roulotte tutti i weekend a San Patrignano (usanza che poi traumatizzerà i figli, e come biasimarli. Nei feriali in palestra con la scorta. Nei weekend, in fila ai gabinetti di Sanpa, meno dieci d’inverno e quaranta d’estate). Lo stile di famiglia, almeno del ramo Gian Marco-Letizia, è infatti penitenzial-opulento. Una vecchia barca di famiglia, sempre quella, l’Enteara, di cui Gian Marco conservava la foto in camera da letto fino all’ultimo. La casa è in galleria De Cristoforis a Milano, prima galleria commerciale costruita nell’Ottocento, oggi compound morattiano sopra l’Apple Store. Lì c’è la Saras, la società petrolifera di famiglia, e c’è l’appartamento, con leggendario giardino pensile all’attico, e orto. Nidiate di camerieri fissi. Mai meno di dieci. Scorte copiosissime. Anche in ascensore, dove un addetto controlla il saliscendi. Io stesso vidi Letizia qualche anno fa circondata di bodyguard in formazione a testuggine, sotto quei portici. “Ma quello perché hanno paura, ci fu un famoso tentativo di rapina”, mi racconta Chiara Beria di Argentine, giornalista e amica di famiglia. “I ladri salirono da un ponteggio, Letizia era a casa sola coi figli piccoli. Sotto, appunto, c’erano le guardie, e lei ha avuto la freddezza di dargli tutti i gioielli perché se ne andassero subito. Evitando così che incrociassero Gianmarco di ritorno con le guardie, e dunque un eventuale conflitto a fuoco. Per dire la forza d’animo”» (Masneri). Racconta Gilda Moratti: «“Io sono venuta su a San Patrignano. Perché i miei erano una cosa sola e l’impegno sociale era il collante del loro amore: a San Patrignano hanno messo l’anima, il cuore, la vita. Papà ridava al sociale quel che riteneva necessario e ancora oggi il segno è fortissimo […]”. Un’infanzia semidorata... “Dorata, no. Felice, sì. Dai tre anni ai diciotto, tutti i weekend, i Natali, le vacanze stavo sempre a San Patrignano. Un po’ lo pativo, i miei amici andavano a sciare e io no. Era uno sdoppio difficile: dormivo in roulotte vicino ai tossicodipendenti, la notte sentivo le urla per le crisi d’astinenza, facevo pipì nelle turche comuni, ricordo i piedi nudi sul cemento freddo d’inverno, e poi tornavo a Milano e andavo alla scuola privata con la scorta. Però io la vivevo con cameratismo, la c’erano i miei compagni di gioco. Marcello Chianese, oggi uno dei responsabili della comunità, arrivò quando avevo undici anni. Era a pezzi: io non capivo e gli rompevo le palle, gli tiravo il fieno. Per me era tutto un gioco. Crescendo, è cresciuto l’affetto per quei ragazzi, i loro cani, i loro cavalli” […] È vero che papà, da piccoli, vi faceva vestire di nerazzurro? “Ma no. Però giocavamo a calcio in casa, nel corridoio: papà e mamma in porta, noi quattro figli in mezzo”» (Francesco Battistini, CdS 25/2/2019).
Rai Barbara Palombelli (correva l’anno 1994): «C’era una volta una signora genovese-milanese, nata bene e sposata meglio. Partì dalla capitale morale con una valigetta piena di carte, un curriculum eccezionale come solo le grandi famiglie del Nord riescono a produrre, una decina di tailleur color pastello in crespo e gabardine di seta, un assortimento di gioie del genere che un tempo si sarebbe definito fantasia (andando verso il profondo Sud, meglio non mettersi troppo in mostra). Sbarcò da un jet privato e arrivò nella capitale immorale con quel leggero senso di nausea che coglie gli stranieri». «Anche lei odiava la capitale, come molti lombardi? “No, assolutamente non è vero, anzi la amo moltissimo. Non è vero neanche quello che si dice, che non si lavori. Certo magari io ho contribuito a portare orari milanesi. Arrivavo in ufficio presto, verso le otto, forse orari non proprio romani”. E trovava qualcuno? “Be’ sì, andandoci io dovevano venire per forza”» (Masneri) • Lavorare per conto del Cavaliere, la mette in rotta con Montanelli. «No, non litigammo. Lui disse solo: “Questa Letizietta farà fare bella figura a Berlusconi, e questo non mi fa piacere”» (Masneri). «Con Berlusconi avevo messo in chiaro che avrei fatto solo gli interessi della Rai. E così ho fatto. Gli ho portato via pure i diritti della Formula 1, che non gli ha fatto molto piacere». «[…] Non era lì per piazzare i camerieri di B. ai vertici delle reti e dei tg, tutt’altro: “Io sono stata chiamata come tecnico per risolvere una situazione”. All’epoca faceva l’antennista: si arrampicò sui tetti e regolò la padella. Poi scese e, già che c’era, chiamò Rossella, Mimun e Perricone dal gruppo Berlusconi e li nominò al Tg1, al Tg2 e alla Sipra» (Marco Travaglio, Fatto 20/11/2022).
Destra «Sfilava al Family Day, bocciava la Fini-Giovanardi perché troppo blanda coi tossici, marciava col suo vicesindaco-sceriffo De Corato e con Borghezio dietro lo striscione “Zingari fora di ball” contro il centrosinistra che non bastonava abbastanza microcriminali e clandestini» (Travaglio). «Con tempismo perfetto, l’avevano finalmente convinta a tesserarsi, il fatale 13 dicembre del 2009, sul grandioso palco del Pdl. Ore 18.12: il Cav. prende la tessera numero 1. La Moratti, sindaco, la numero 2. Ore 18:20, la celebre statuetta col Duomo di Milano arriva in faccia al povero tesserante» (Masneri).
Milano Ha dato via libera alla fusione tra la milanese Aem e la bresciana Asm, dando vita ad Asem. Ha introdotto il ticket (Ecopass) per entrare in auto nel centro cittadino (poi sostituito dall’Area C, giunta Pisapia). Ha dato il via alla sperimentazione per l’utilizzo di auto elettriche in città. Ha messo fuori dalla giunta Vittorio Sgarbi (maggio 2008) e Tiziana Maiolo (settembre). La procura della Corte dei conti della Lombardia l’ha citata in giudizio con tutta la giunta chiedendo più di sette milioni di euro per i danni subiti dall’erario dopo aver chiuso l’inchiesta sull’assunzione di 91 dirigenti esterni a tempo determinato in Comune. Quasi la metà dei danni chiesti riguardava le ripercussioni negative provocate all’immagine del comune dal clamore della vicenda e dalla «diffusa dubbiosità, tra i cittadini di Milano, e non solo, sulla correttezza dei comportamenti tenuti dagli amministratori». Ha chiamato Beppe Sala, allora oscuro dirigente della Telecom, a fare il direttore generale del Comune (a Milano si dice city manager) • In tutto questo il marito giocò un ruolo determinante: «Ho spinto molto perché lei diventasse sindaco, non potevo pretendere che stesse in casa e si dedicasse solo a me, sarebbe stato uno spreco: avendo lei un’energia enorme, un’intelligenza superiore, era giusto che le mettesse al servizio della città». Finanzia la sua carriera politica con 12,3 milioni di euro (dal 1992 al 2013, dati Openpolis). Quando lei deve andare in giro per il mondo a propagandare la candidatura di Milano all’Expo, le mette a disposizione il suo aereo privato («Be’ cosa vuole, io non volevo gravare sul comune, inoltre era l’unico modo, in un anno e mezzo ho fatto 80 viaggi in 60 paesi diversi, quindi son riuscita anche a fare anche tre-quattro capitali al giorno»). Quando finalmente l’Expo viene assegnato a Milano, in pubblico, la bacia • «È stata l’ultimo sindaco della Milano urfida dove nessuno sano di mente voleva stare, quella degli anni Dieci, e ha messo su il format su cui invece poi la Milano degli anni Quindici è rinata. Quella “Bella da vivere”, che era il suo slogan. E lo è diventata, ma senza di lei. Proprio grazie all’Expo: è lei che riesce a portare a Milano il caravanserraglio identitario a cui nessuno credeva. Grazie alla colossale influenza e al dispiego economico e di soft power dell’impero di famiglia» (Masneri).
Lombardia Nel gennaio 2021, durante la pandemia di coronavirus, venne chiamata a sostituire Giulio Gallera alla regione Lombardia. Viene fatta vicepresidente della giunta e assessore alla Sanità. «Assessore alla Sanità lombarda vuol dire essere a capo di un feudo bestiale. La filiera “life science” lombarda (a Milano si dice life science) vale 50 miliardi di euro, 12,8 per cento del pil regionale, 32 per cento del settore nazionale, con tutti i Santi, San Donato che vale quanto la Microsoft, Sant’Agostino, San Raffaele, che sono ormai il pantheon lombardo» (Masneri). C’è chi sostiene la teoria Netflix, e cioè che l’idea di chiamarla sia venuta a qualcuno guardando la serie SanPa, su San Patrignano. Ma la Moratti? Che fa? È viva? Si sarebbero chiesti. E l’avrebbero poi chiamata (ib.). C’è chi sostiene la teoria dello scambio: Forza Italia si prenderà la Regione (con la Moratti presidente al prossimo giro), e la Lega il Comune di Milano.
Tradimenti/1 Gennaio 2022. Durante le elezioni per il presidente della Repubblica, Giorgia Meloni in persona propose una lista di tre nomi. Carlo Nordio. Marcello Pera e Letizia Moratti. Poi non se ne fece nulla. «Io semplicemente mi sono messa a disposizione, ma poi sono stata felice che la riconferma sia andata a un grande presidente come Mattarella». Si disse che si ritirò, dietro la promessa di Berlusconi di farla presidente della regione Lombardia.
Tradimenti/2 «Di recente, mentre brigava con la destra per farsi candidare a presidente della Regione o farsi dare un ministero, ha “avuto interlocuzioni ad altissimo livello con la sinistra”. E con chi precisamente? “Non sta a me rivelarlo”: ma l’ha appena rivelato lei. In ogni caso “il centrodestra mi aveva offerto diverse cariche, ma a me le cariche non interessano: preferisco gli incarichi” (cioè il sinonimo). “C’è stata anche un’ipotesi come ministro del governo Meloni, ma non si è concretizzata”. A parte questo equivoco trentennale del centrodestra che la scambia per una di centrodestra mentre lei non lo è ma non smentisce mai per motivi personali, ci siamo informati: nessuno le ha offerto un ministero. Sennò adesso sarebbe ministra di Meloni» (Travaglio).
Tradimenti/3 Quando viene fuori che il centrodestra si è spartito le regioni: la Sicilia a Forza Italia, il Lazio a Fratelli d’Italia, la Lombardia alla Lega, capisce che non sarà mai presidente della regione Lombardia. Il 2 novembre 2022 si dimette dalla giunta di centrodestra. Il 5 novembre è alla manifestazione pro-Ucraina di Calenda e Renzi all’Arco della Pace. Sale sul palco e ricorda il padre partigiano: «Era liberale, ma collaborava con tutte le formazioni del Cnl. Con tutte. Per opporsi al fascismo». Il 6 novembre Renzi e Calenda la candidano alla presidenza della regione e chiedono al Pd di convergere sul suo nome.
Tradimenti/4 «Quando abbiamo sentito Letizia Moratti negare a Ottoemezzo di essere di centrodestra, ci aspettavamo che aggiungesse “non mi chiamo né Letizia né Brichetto né Arnaboldi né Moratti”, ma purtroppo era scaduto il tempo. Riavvolgiamo il nastro: la ex presidente della Rai di centrodestra, ministra dell’Istruzione del governo B. di centrodestra, sindaca di Milano del centrodestra, vicepresidente della giunta lombarda di centrodestra, candidata del centrodestra al Quirinale, è stata “sempre liberale e popolare”, seguace della “dottrina sociale della Chiesa” e “non mi sono mai riconosciuta come attiva nel centrodestra”, anzi “etichettarmi come centrodestra mi sembra curioso”. Se lo diceva prima al centrodestra, si risparmiava trent’anni di poltronissime, con relativi stipendi» (Travaglio).
Curiosità Alta 1 e 78, detta «il corazziere» • Nel 2007 cercò inutilmente di opporsi alla messa in scena del Candide di Robert Carsen, che fece salire sul palco della Scala i grandi della Terra dell’epoca - Bush, Blair, Chirac e Berlusconi – in mutande • Cambia il colore dello smalto ogni settimana. Nei mesi invernali predilige un grigio chiamato cincillà • Sul tetto di casa sua in piazza San Babila ha un orto biologico pensile • Grandi passioni: la cucina, i cani, la danza. «Però non so ballare il tango. Sono della generazione del ballo single» • «Prima di fare una cosa devo pensarci tantissimo, devo essere sicura» • Tra i 14 e i 18 anni ebbe 15 fidanzati • Quando è turbata chiude gli occhi e immagina «un prato fiorito, con i papaveri, i fiordalisi, il profumo dell’estate» • Si commuove spesso, anche nei momenti istituzionali • Il Dizionario Treccani annovera i neologismi Moratti boy («Giovane sostenitore di Letizia Moratti») e Moratti pensiero («La linea politica di Letizia Moratti) • Al referendum costituzionale di Renzi del 2016 votò SÌ • «Sul ddl Zan come si pone? “Guardi, non me ne sono occupata, rischierei di dirle delle cose superficiali”» (Masneri) • Con Berlusconi ormai non si sentono più • Gian Marco Moratti è stato seppellito a San Patrignano, insieme ai ragazzi morti di Aids. Lei ricorda ancora che il giorno in cui si incontrarono per la prima volta, portava un vestito bianco con profili arancioni.
Titoli di coda «Questo aereo privato non è molto di sinistra, in America lo condannano, Fratoianni lo aborre, nei giorni scorsi c’è stato pure un flash mob nel reparto business di Linate. Moratti è interdetta. “No, è vero, assolutamente. Io però viaggio il più possibile in auto e in treno, ma a volte anche in aereo…”. Poi però non ci sta. “Oh, ma senta. Io potrei fare una vita bellissima, ho delle belle case, ho un castello. Non lo scriva! Ma potrei benissimo…”; e infatti, è quello che ci si chiede sempre tutti. “Ma io sto bene solo se mi metto a disposizione degli altri. Se son felici gli altri sono felice anch’io. Poi, insomma, l’aereo, ogni tanto. Però credo che i temi importanti siano altri, ecco…”» (Masneri).