la Repubblica, 14 dicembre 2022
Elva, paese con 88 anime che s’è aggiudicato 20 milioni per Pnrr
Serve prudenza, come quando si cammina sul ghiaccio e poi ci nevica sopra. Come succede verso sera, era prevista neve sulla Valle Maira e così è stato. Serve coraggio anche per gestire i 20 milioni caduti su Elva, 88 abitanti a 1637 metri, profonda provincia di Cuneo di lingua e cultura occitana, cioè provenzale. Arianna Dao ha fatto il conto: «È come se ognuno di noi avesse 250mila euro…». Vent’anni e «felice di vivere qui», gestisce lo spaccio del paese, che è anche punto informativo e centro sociale, attorno alla stufa rovente si ritrovano tutti a comprare pane e pasta, e si parla un po’.
E «non si dica che siamo montanari selvaggi, e quindi incapaci di gestire i soldi…», dice il sindaco Giulio Rinaudo, 66 anni, odontotecnico in pensione. Qualcuno gli ha dato del pazzo, insinuando il dubbio che entro giugno 2026 gli 88 riescano a usare i fondi del “Piano Borghi” previsto dal Pnrr, 21 progetti su tutta Italia per ripopolare e rilanciare altrettanti posti per lo più sperduti: restauri, infrastrutture e servizi, cultura, turismo, sociale, ricerca. Questodi Elva è il progetto vincente del Piemonte, e per essere sperduto, è molto sperduto.
Intanto bisogna arrivare a Dronero, ultimo avamposto di caffè e pasticcerie sotto i portici, il mercato grande, l’istituto alberghiero. Ma da lì in su e per 40 chilometri, i paesi rimpiccioliscono e spariscono. Si sale ai 2mila del colle delle Cavalline, poi c’è la montagna, boschi, orridi, lupi sparsi. Questo non scoraggia scialpinisti e ciaspolatori, camminatori, fotografi, amanti dei paesaggi selvaggi, più tedeschi che italiani, una volta amavano solo le Langhe, ora arrivano fin quassù. Di fronte c’è il Pelvo di Elva, 3064 metri, più altri tremila. Più in là c’è la Francia. Il sindaco è appena tornato da Roma, al ministero della Cultura «mi hanno fatto i complimenti per il progetto, uno dei migliori». E stendendo una grande carta, chiarisce che «non sarà un parco giochi, non faremo impianti di risalita per quel turismo sciatorio anni Ottanta che non ci èmai piaciuto, tipo Courmayeur». E «vogliamo coinvolgere la montagna, così illumineremo tutto il territorio». A borgata Mattalia, «un centro studi di Apicultura e una Scuola di pastorizia» della facoltà di Agraria, e una «Scuola di ri-abitare le Alpi» del Politecnico, sedi e studenti vivranno in case di legno e pietra ora diroccate. In un’altra frazione un osservatorio astronomico, perché guardare le stelle da qui è un conto, dalla città un altro. E un centro Saperi tradizionali delle produzioni alpine, con l’università di Scienze gastronomiche di Pollenzo. Poi, una foresteria, un museo dedicato a HansClemer, il fiammingo che dipinse nella parrocchia un impressionante ciclo di affreschi, ci si domanda come si sia arrampicato fin qui, lavorando in questo stesso gelo. E si ristrutturerà un rifugio, a Serre si farà il teleriscaldamento a biomassa. E si riaprirà la strada storica, “La vio d’la Cumbo”, costruita dal 1880 a colpi di piccone, indispensabile a rompere l’isolamento, «quando ancora la neve veniva giù a due metri per volta» si viveva in un Klondike per mesi. Finita con molte difficoltà, chiusa dal 2014 perché pericolante. «Ce la faremo? Sì. E poi non siamo soli, abbiamo con noi Regione e Provincia, e i professionisti di Kintana, uno studio specializzato».
E come si vive in un posto così, a 13 anni? «Benissimo, ho sempre da fare. Solo, vorrei avere un gatto delle nevi nuovo», risponde Lorenzo Falcone, che fa la terza media a Verola. Le scuole di Elva sono chiuse da anni, e come gli altri bambini e ragazzi, dal lunedì al venerdì sta da parenti in basso, e il sabato torna su. Farà il Politecnico come il padre ingegnere, Dario, vicesindaco: «La parte tecnica non ci spaventa. Il vero problema è la burocrazia. Però stamattina abbiamo varato la prima gara». E che piacere, ricevere la visita dell’architetto Carlo Ratti, incuriosito da posto e progetti. Eppure, un tempo qui vivevano 1300 persone, a inizio Novecento. «Tutta la montagna si è spopolata. Oggi non abbiamo neanche l’ambulatorio per il medico. Però abbiamo la piazzola dell’elisoccorso», dice Rinaudo. Basta guardare le lapidi sul municipio: ‘15-‘18, 37 caduti. E 16 nel ‘40-‘45. Tutti alpini, in queste valli si prendeva la carne da guerra. «Le strade hanno rotto l’isolamento ma sono servite soprattutto ad andarsene, verso la Fiat e la Michelin che garantivano il salario».
Chi è rimasto lo racconta Nuto Revelli nel Mondo dei vinti.Nel 1987, il record di Comune più povero d’Italia. «Però ci sono stati anche dei ricchi, grazie ai capelli…». Nel museo dei Pellassiers, il ricordo dei mercanti elvesi che giravano l’Italia vendendo stoffe e raccogliendo le chiome delle contadine, che poi le donne districavano, stiravano e spedivano in Francia e Inghilterra, dove li pagavano molto bene, per fare le parrucche alle signore. Per campare partivano (ma poi tornavano per l’estate), e se qui commerciavano in capelli, in un altro paese erano bottai, o acciugai, sempre in viaggio, imparando molte lingue, e le donne andavano a raccogliere la lavanda in Provenza, o a servizio nelle case ricche. Che vite e che spirito li spingeva nel mondo, figuriamoci se li spaventa il Pnrr.