la Repubblica, 13 dicembre 2022
Intervista a Mago Forest
Il giorno è lunedì prossimo, arriva il gadget natalizio di Prime Video e saràLol – Xmas special,dove Xmas è il Natale e non altro. Puntata unica.
Dentro, con Fedez giudice, comici scelti dalle precedenti edizioni: Frank Matano, Maria Di Biase, Michela Giraud, Lillo, Mara Maionchi – stavolta in gara – e poi lui, Michele Foresta, in arte Mago Forest. Secondo gente qualificata, quello che fa ridere di più in Italia: o quasi, o dipende dai gusti. Ma che sia al top in carriera non si discute, il torrenziale prestigiatore pronto a incasinare qualunque numero ma portarlo alla fine in maniera impeccabile e sbalorditiva: e intanto hai riso dieci minuti. In passato, montagne di gag: da Arbore aZelig,edizioni small e soprattutto quelle per la tv da grandi ascolti, tanta Gialappa’s, fisso o quasi da Fabio Fazio – quando scatta il match con Raul Cremona non ce n’è per nessuno.
“Lol” attira i migliori e c’è un appeal che possiamo intuire, ma alla fine sta cambiando la comicità oppure no?
«La prima volta che me l’hanno proposto ho fatto un rapido ragionamento: male che vada, ti sei messo a ridere. Direi che il gioco valeva la pena, e in effetti nessuno si è mai lamentato».
Meccanismo basico, quasi infantile.
«Tutti i comici presenti alla fine si preparano qualcosa prima, metti che arrivi l’attimo in cui non ti viene un’idea. Io mi sono portato la valigia con i trucchi, alla fine non li ho quasi mai usati: solo un paio di volte, per pararmi le spalle, diciamo così. Ne sono uscito con il suonatore di capezzolo. Oppure con il numero del ventriloquo che tenta di far stabilire al pupazzo il record di apnea, e poi muore».
Almeno da noi, certe cose per far ridere vengono in mente solo a lei.
«È la propensione ad avere una visione sghemba sulle cose, dispari, uno sguardo trasversale. Non so cantare, so fare poco altro, ma ho quello sguardo paradossale naturale».
Il mago che fa ridere. È un classico o è riservato a pochi?
«Non so, da ragazzino ridevo per Mac Ronay in tv, gli copiavo le gag. A Nicosia, Sicilia profonda, giravo per spettacolini di paese. Oppure mi chiudevo nella prima radio privata del luogo, Radio Nicosia sui 93.700, come dimenticarlo? Facevo il mago sensitivo. La gente telefonava e io non davo speranze: ti ha lasciato?
Lascia perdere, non ce la farai mai…».
Ma lei è un battutista costruttore/improvvisatore come ce ne sono pochi: questo potrebbe bastarle, invece i giochi di prestigiosono impeccabili.
«Che devo dire, mi piace, studio, vado a vedere gli spettacoli in giro per il mondo: ormai diciamo che la gavetta l’ho superata. A Zelig poi confrontandomi con gente come Bisio, che è lì apposta per spezzarti il numero e metterti in difficoltà, o impari alla grande o sparisci».
Giusto, “Zelig”. E con battute tipo: “Piantatela di interrompermi, ho un appuntamento con una ragazza, ho già versato la caparra”. Sicuro di poter continuare con queste cose?
«La sensibilità è cambiata, non discuto. Forse ci vado più piano, da un po’. Ma il limite chi lo stabilisce?
Faccio un esempio: a Sanremo, dico Sanremo, vado con questa gag: l’altra sera abbiamo fatto un gioco con gli amici, abbiamo chiamato cinque trans e una donna vera, quello che perdeva si prendeva la donna».
Tecnicamente irriverente, non omofobica, forse il contrario. O no?
«Mi hanno attaccato. Parecchio. E il problema era che avevo detto “donna vera”. A quanto pare non si può più. È ovvio che pian piano si passa ad altre battute».
Lei è uno stand up comedian nato, in fondo. Non vorrebbe fare solo quello?
«Sogno di portare in giro uno spettacolo che comprenda finalmente tutto, ma già da tempo lo spazio per le gag verbali l’ho aumentato sempre più. La comicità di parola mi mette anche bei ricordi e buone sensazioni, ascolto gli stand-up di oggi e ci vedo le stesse tecniche di Walter Chiari, in fondo. Mette sicurezza».
C hila fa ridere di più, oggi, da noi?
«Tanti. Ne dimenticherei troppi, ne cito solo uno, il carissimo Nino Frassica: dopo tutti questi anni riesce ancora a spiazzare».
Mi dice la sua ultima battutascorrettissima?
«Non se ne parla nemmeno. Ormai se fai una battuta su Hitler si offendono quelli che fanno acquerelli».
Allora un’altra.
«Ragionavo sulle misure anticrisi del governo. L’Italia, e quindi tutti noi, possiede un patrimonio artistico tra i più ricchi al mondo. Perché non ci vendiamo tutto e andiamo a rifarci una vita all’estero?».